Il 47% degli investitori italiani sostiene la transizione verso emissioni zero

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breather, Unsplash, Creative Commons Zero

Il cambiamento climatico è più rilevante rispetto al rendimento economico. È così per il 47% degli investitori italiani che hanno preso parte a una recente indagine portata avanti da Ninety One, su un bacino di circa 6.000 investitori in dieci diversi mercati (Regno Unito, Germania, Italia, Danimarca, Svezia, Sudafrica, Singapore, Hong Kong, Stati Uniti e Canada). 

Si avvicina l'appuntamento mondiale con la COP26 ed è un dato che gli investitori percepiscano come molto vicino e importante il tema della transizione verso una economia a zero emissioni. Questo avviene anche su scala mondiale dove il 32% degli intervistati si dice disposto a impiegare il proprio capitale per ridurre le emissioni di carbonio indipendentemente dal rendimento. La percentuale è inferiore se comparata con quella italiana e questo dimostra la centralità del tema nel nostro Paese.

Stando ai dati riportati nella seconda edizione della Planetary Pulse survey dal titolo "Investire per un mondo carbon free: cosa vogliono gli investitori", si evince che gli italiani credano fortemente nel valore dell’engagement proattivo che, più del semplice disinvestimento, può svolgere un ruolo chiave per generare risultati concreti in termini di sostenibilità. Quasi due su tre, il 64%, (anche in questo caso un dato maggiore rispetto alla media globale) ritengono che gli investment manager e gli asset owner dovrebbero usare la loro influenza come azionisti per aiutare le aziende a ridurre l’utilizzo o la produzione di carbonio e favorire nel tempo la transizione allo zero netto.

Guardando al futuro, le buone intenzioni degli investitori italiani sembrano permanere: il 65% pensa che nei prossimi 12 mesi aumenterà la quota di risparmi investiti in società o fondi che stanno aiutando il mondo a raggiungere l'obiettivo zero emissioni. C'è inoltre un diffuso ottimismo sull'appuntamento di inizio novembre a Glasgow tanto che il 61% si aspetta che dalla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici usciranno accordi e linee di azioni che permetteranno di tenere sotto controllo il climate change.

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"Crediamo concretamente nella sostenibilità. Tuttavia, c'è un fatto incontrovertibile e che fa riflettere sulla spinta allo zero netto: qualsiasi sforzo che non coinvolga tutti i 7,9 miliardi di persone nel mondo è destinato a fallire. Per salvare davvero il pianeta, dobbiamo aiutare i mercati emergenti a diventare green. Questo richiede solidi mercati del carbonio, accordi che permettano di utilizzare una parte del debito a favore del clima e opzioni di finanziamento per accelerare la transizione. In quanto società che affonda le sue radici in Sudafrica, comprendiamo questa esigenza forse meglio di molti altri. Le economie emergenti, dopo tutto, non sono responsabili della maggior parte delle emissioni fino ad oggi" ha spiegato il fondatore e CEO di Ninety One Hendrik du Toit.

E sulla crisi climatica gli fa eco Deirdre Cooper, co-portfolio manager del Global Environment Fund concludendo che: "La nostra ricerca evidenzia che gli investitori di tutto il mondo stanno cercando di allocare i loro capitali in fondi che investono in società e paesi che stanno lavorando per un futuro sostenibile. L'industria dell’asset management ha un ruolo fondamentale nell'affrontare questo tema nell'economia reale, ma questo non può avvenire offrendo competenze di investimento agli investitori che si orientano verso settori asset-light, drenando capitali dai Paesi emergenti o vendendo asset a player meno responsabili e outsourcing. È nostra responsabilità fornire agli investitori finali soluzioni in grado di contrastare la crisi climatica”.