Analisi a cura di Luca Pellini, CFA, vice president di CFA Society Italy.
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A cura di Luca Pellini, CFA, vice president di CFA Society Italy.
Un bond convertibile viene rappresentato in estrema sintesi come un titolo di debito, la cui performance può migliorare grazie all’andamento rialzista dell’azione sottostante; le sue caratteristiche ibride (bond/equity) ben si adattano alle alterne fasi di mercato, e ne fanno una tipologia di investimento valida per tutte le stagioni, non solo quindi per i momenti di bull market. Anzi, proprio quando è necessario trovare riparo da una fase di prolungata debolezza dei comparti azionari, i convertibili possono rappresentare una scelta cautelativa, grazie alla protezione offerta dalla loro componente obbligazionaria, con le cedole pagate periodicamente e la data di rimborso prefissata del loro valore nominale. Gli investitori sono attirati proprio dall’effetto convessità tipico di questa asset class che ne attenua le perdite durante le fasi di debolezza dei mercati e ne aumenta la partecipazione ai rialzi degli indici azionari. Questo vantaggio diventa tanto più apprezzabile, quanto più ci si trovi ad affrontare mercati contrassegnati da una forte volatilità, con andamenti spesso erratici e con trend di difficile determinazione.
L’osservazione dell’andamento degli indici settoriali conferma il fatto che questa asset class riesca a garantire nel tempo un mix di rischio/rendimento più favorevole rispetto al comparto azionario e a quello obbligazionario presi singolarmente.Tutto ciò è difficilmente replicabile da un portafoglio di bond e call option, per svariati motivi: primo fra tutti la diversa duration, perché un rialzo dei corsi azionari aumenta la probabilità (e convenienza) di conversione del bond che nel portafoglio scompare in anticipo rispetto alla sua scadenza naturale, per essere sostituito dall’azione sottostante. A questo si aggiunga la possibilità di ottenere un’esposizione sui listini azionari con una view di più lungo periodo rispetto alle opzioni listed su medesimo sottostante, grazie all’emissione di bond convertibili con scadenze fino a 5-7 anni, ma in alcuni casi si è arrivati fino a 10 anni.
Per gli operatori più sofisticati c’è poi la possibilità di sfruttare la volatilità implicita nell’investimento diretto in bond convertibili, monitorando le finestre di arbitraggio rispetto alla quotazione delle opzioni single-stock.
Venendo agli emittenti di questa tipologia di bond, le motivazioni e le finalità sono legate agli obiettivi in termini di ottimizzazione del costo del capitale. Al momento del lancio, un bond convertibile offre infatti un rendimento inferiore rispetto ai titoli obbligazionari su pari scadenza e seniority. Ma le valutazioni tengono anche presente le eventuali scelte sulla politica dei dividendi. Inoltre, la potenziale conversione in azioni è fissata ad un prezzo che risulta a premio rispetto ai corsi azionari (30-35% in media), quindi con un impatto limitato sul rischio diluizione per gli attuali azionisti.
Il comparto europeo di bond convertibili ammonta a circa 70-80 miliardi di euro, negli ultimi anni ha attirato crescente interesse da parte dei gestori e degli investitori anche retail, alla costante ricerca di opportunità di diversificazione. Le nuove emissioni (nel 2018 poco più di 10 miliardi di euro) a malapena riescono a soddisfare le esigenze di impiego dei fondi dedicati a questo comparto, e a tenere il passo con le redemption di alcune emissioni, per le quali il rally dei corsi azionari ha fatto scattare in anticipo le richieste di conversione.
L’innovazione finanziaria ha avuto i suoi effetti in anni più recenti, con l’introduzione di nuove strutture denominate “equity neutral”, per le quali nei casi di conversione è previsto il rimborso cash del controvalore di mercato, anziché l’emissione di nuove azioni. Ciò facilita la monetizzazione dell’investimento iniziale da parte del gestore, con un processo più snello per l’esercizio della conversione e per il successivo settlement.
Per chi preferisce un più rapido accesso a questa asset class, sono inoltre disponibili vari ETF legati agli indici globali o con focus regionale. L’indice rappresentativo del comparto EMEA che raccoglie tutti i bond convertibili con importo outstanding superiore ai 250 milioni di euro, e premio non superiore al 200%, rappresenta a livello aggregato un paniere di titoli con delta (sensitivity rispetto all’equity) di circa il 30%, e con vita media residua di circa 3 anni e mezzo. Nell’anno che si è appena concluso, il comparto EMEA-Convertible chiude con un -5%, a fronte del -13% dello Stoxx600. Lo stesso confronto sull’arco temporale degli ultimi 5 anni vede invece un +9.40% dei convertibili (vs +3.10% del comparto azionario europeo), confermando la loro natura di strumenti di investimento a medio-lungo termine.