Direct-to-Consumer, dati ed economia comportamentale: ecco come cambia l’approccio al consumatore finale

CONTRIBUTO a cura dell'AIQ Editorial Team - Global Investment Thinking di Aviva Investors. Contenuto sponsorizzato da Aviva Investors

La tendenza motivata dalla tecnologia verso il direct-to-consumer, il modello che consente di raggiungere direttamente il consumatore, sta trasformando i marchi di consumo, i loro intermediari e il loro marketing. Ma le aziende devono trovare il sottile equilibrio tra iper-personalizzazione e intrusione.

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Un nuovo modello di business

Il direct-to-consumer rappresenta un sottoinsieme della tipologia di acquisto online più in generale. Alcune piattaforme come Facebook Shops offrono una soluzione a metà strada tra il D2C completo e la vendita attraverso il sito web di un’altra azienda, che viene ospitato sulla piattaforma ma che offre la personalizzazione del marchio a un livello impraticabile su mercati in cui i prodotti vengono presentati come un semplice articolo. Tali soluzioni possono quindi essere considerate, per alcuni versi, D2C.

Per le società che godono di un marchio di consumo forte e che hanno il potenziale di stabilire un rapporto con i clienti, il D2C può essere un percorso di disintermediazione molto redditizio. Ciò che conta è disporre di una serie di tecnologie agili e scalabili, di funzionalità di creazione del marchio digitale e di un’infrastruttura di back-end ben investita per facilitare l’esecuzione degli ordini, dallo stoccaggio alla logistica.

Essere in grado di costruirsi rapidamente un pubblico e la capacità di realizzare contenuti che possano diventare virali sono aspetti particolarmente importanti per il lancio di marchi e prodotti. Ma lo stesso vale per l’offerta di un’esperienza cliente impeccabile per tutto il ciclo di vita del rapporto con il cliente, dal primo clic alla consegna a domicilio.

Sfide omnicanale

Una delle difficoltà è che i marchi di maggior successo hanno creato aspettative impegnative presso i clienti, dalle consegne gratuite e a basso costo ai rapporti iper-personalizzati. Dal punto di vista della logistica e della tecnologia, questo rende difficile passare dal numero più limitato dei primi clienti a una rapida espansione e ancora di più mantenere un’offerta valida nel lungo periodo.

Un altro problema riguarda la capacità delle società di adottare una forma completamente nuova di marketing. I consumatori sono diventati partecipanti attivi in un rapporto bidirezionale che comprende la pubblicità offline e online, i social media, gli influencer, la co-creazione di prodotti e, soprattutto, la raccolta e l’analisi dei dati per fornire prodotti e comunicazioni personalizzati. Per i marchi tradizionali esiste un’area in cui è particolarmente difficile destreggiarsi: il posizionamento delle proprie finalità in modo credibile. I marchi D2C, specialmente quelli nati e cresciuti online, hanno un’opportunità unica di creare una narrativa del marchio fin dall’inizio e alla quale possono effettivamente attenersi in modo credibile e trasparente.

Rimane il dubbio su ciò che accadrà agli intermediari, su come le vendite online si divideranno tra marchi e intermediari e su chi vincerà la battaglia per “il nuovo petrolio”, ossia i dati dei clienti.

Dati e intermediari

Per il momento quello per cui stiamo tutti lavorando è l’attenzione della gente: questo ha creato diversi nuovi tipi di intermediari, il primo dei quali è la pubblicità sui social media, da Facebook a YouTube o agli influencer di TikTok. Il secondo si concentra sull’offerta in mercati in cui i consumatori possono trovare tutte le opzioni disponibili in un unico luogo. Il terzo tipo di intermediario emergente si identifica di più in quello di un fornitore di soluzioni che lavora dietro le quinte per fornire i vari componenti che costituiscono un’offerta D2C.

La frammentazione dello shopping

Un altro rischio per la distribuzione al dettaglio tradizionale, che si applica anche ai mercati online come Amazon, è la facilità di shopping in più siti rispetto ai negozi convenzionali. D’altro canto, la distribuzione al dettaglio tradizionale con una proposta di clienti rilevante e differenziata può ancora crescere con il progressivo passaggio dei marchi al D2C.

Le aziende possono anche esplorare strade verso il mercato che sono diverse dalle piattaforme e dai mercati molto più grandi, o persino costruire la propria presenza online e limitare il proprio uso delle piattaforme a una determinata pubblicità. Man mano che le aziende acquisiscono esperienza, iniziano anche ad allinearsi con i propri omologhi di origine digitale e possono unire e associare varie combinazioni di soluzioni interne ed esternalizzate. Col tempo, da un lato potrebbe presentarsi una separazione tra i prodotti di base offerti su siti e piazze di vendita al dettaglio e, dall’altro lato i marchi di valore più elevato, con prodotti appositi che prosperano con il modello D2C.

Con il D2C puro, i marchi manterranno un maggiore controllo sui dati dei clienti, che possono quindi utilizzare per migliorare l’esperienza del cliente, ma questa operazione richiede estrema perizia in quanto l’utilizzo inefficace dei dati può compromettere i rapporti e minare l’intero marchio. C’è una linea sottile che separa la personalizzazione dall’intrusione e le aziende devono trovare il giusto equilibrio.

Una questione di fiducia

La graduale eliminazione dell’identificatore di Apple per gli inserzionisti (IDFA) e dei cookie di terze parti, che riduce la capacità delle aziende di targetizzare i consumatori, rappresenta il contraccolpo delle prassi intrusive. Questa normativa modificherà prevalentemente la raccolta e l’utilizzo dei dati in modo positivo per i clienti. Se so che mi state profilando, ma lo state facendo per aiutarmi e io lo condivido rispondendo alle domande, sono parte del processo. Non è qualcosa che stai facendo a me, ma con me.

Personalizzare e coinvolgere

Secondo il rapporto Megatrends del 2020 di EY, “i consumatori sono affamati di approcci innovativi che utilizzano capacità comportamentali per dare loro potere e interagire con loro piuttosto che sfruttarli e alienarli. Le aziende in grado di colmare questo vuoto potrebbero beneficiare di un enorme potenziale di mercato”. Nel frattempo, la personalizzazione può essere semplice, come prevedere quando i clienti esauriranno i propri prodotti preferiti e inviare loro un promemoria per il rinnovo. Ciò che consente alle società di ottenere maggiore successo è l’autenticità e la trasparenza, il che richiede una presentazione di sé coerente sul mercato”, afferma Srinivasan. “Riuscire a farlo significa non essere percepiti come dei manipolatori.

Potrei mai mentire?

Indipendentemente da tali sforzi, le società potrebbero comunque trovarsi alla mercé di falsi pericolosi in grado di danneggiare gravemente i loro marchi. Un ulteriore motivo di preoccupazione riguarda il fatto che le nostre capacità cognitive si stanno riducendo proprio quando dovremmo essere più maturi nel distinguere i falsi e le frodi. Gli hacker continuano inoltre ad evolversi, il che significa che le società devono monitorare tutti i contenuti online relativi ai propri marchi e informare costantemente i propri clienti.

Nonostante questi rischi, la diffusione online continuerà ad aumentare e l’attrattiva rappresentata dalla costruzione di rapporti diretti e dall’aumento dei margini grazie all’eliminazione degli intermediari significa che il D2C è destinato a durare.

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Bibliografia:

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