Nicolò Piotti, managing director della società statunitense da poco sbarcata in Italia, spiega le expertise che hanno reso la casa un’importante realtà riconosciuta nel mercato americano.
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Pensate se un giorno doveste dar vita ad un asset manager che cresca costantemente del 10% l’anno per un trentennio, ciò rappresenterebbe senz’altro un successo imprenditoriale di notevole importanza. È quanto riuscito a Joan Payden, fondatrice di Payden & Rygel, casa di gestione statunitense nata nel 1983 con circa 120 miliardi di dollari di asset, di cui più del 95% in mandati e fondi per strategie obbligazionarie. A raccontarlo a Funds People è Nicolò Piotti, managing director della società: “All’epoca, la Payden, unica partner donna negli USA per Scudder, decide di lasciare il Gruppo e mettersi in proprio. È una persona molto rinomata nel mercato obbligazionario americano, e quindi decide di intraprendere una nuova avventura creando una propria realtà indipendente”.
Piotti spiega come, negli anni, Payden & Rygel sia cresciuta assumendo professionisti molto validi, nonché aumentando le proprie masse in gestione. La casa si concentra per lo più in strategie fixed income, con l’unica eccezione all’interno della sua offerta per la strategia azionaria USA con focalizzazione su titoli high dividend. “L’expertise che ne deriva si avvale del fatto che la selezione premiante della società sui titoli high dividend sia data dalle capacità di lettura del bilancio delle aziende da parte dei nostri analisti obbligazionari, molto preparati nello scegliere questo tipo di titoli rispetto alla concorrenza. Alla luce di questo successo ottenuto negli Stati Uniti, nel luglio del 2017, è stata veicolata questa strategia all’interno di un fondo UCITS, ma con approccio globale”, spiega il manager.
Le caratteristiche fondamentali della società privata (gli azionisti attuali sono 21 top manager della casa di gestione),sono l’indipendenzada gruppi bancari e l’essere un asset manager prevalentemente long-only con expertise importanti e riconosciute dal mercato. “Le maggiori expertise sono riscontrabili nella parte enhanced cash, global credit, US credit, securitized, emerging markets debt hard currency e strategie fixed income absolute return”, aggiunge Piotti.
Come afferma l’esperto, la realtà è cresciuta in maniera stabile nel corso della propria storia, del 10% all’anno in termini di masse, per 2/3 da clienti esistenti e per 1/3 da nuovi clienti. Fondata a Los Angeles, a fine anni ’80 apre un ufficio di gestione a Londra, e nel suo processo di espansione ha in seguito aperto uffici a Boston, volti alla supportare la clientela istituzionale americana e le realtà assicurative basate prevalentemente sulla costa est del Paese, e di recente a Milano. “L’apertura di una sede in Italia è motivata dall’esigenza di essere più vicino alla clientela italiana storica e quella europea continentale e, di conseguenza, espandere la conoscenza delle proprie capabilities con clienti primari e rendere più riconoscibile il brand della società stessa”, afferma il managing director.
L’offerta delle strategie di Payden & Rygel è parzialmente fruibile anche attraverso fondi comuni sia di diritto USA sia UCITS (attualmente l’offerta è composta da 15 fondi di diritto irlandese). “Il mondo dei fondi rappresenta solo il 10% delle masse totali della società (rispettivamente 7,5 miliardi complessivi raccolti nei fondi di diritto americano, e 4,7 miliardi di dollari nei fondi UCITS).
Il dato di raccolta nei fondi UCITS è più che triplicato negli ultimi due anni, e da poco gli stessi fondi sono disponibili in alcune piattaforme internazionali per facilitarne la sottoscrizione. Da gennaio, siamo su Allfunds Bank, e dal 1º marzo 2018 sulla piattaforma UBS, oltre che su Euroclear e Morningstar. Stiamo quindi creando l’infrastruttura affinché ci sia possibilità di accesso per dare la giusta visibilità ai prodottI”. I fondi UCITS, a detta di Piotti, sono tutti registrati alla vendita in Italia, ma dall’asset manager non è stato siglato alcun accordo di collocamento dato che la volontà è quella di concentrarsi sui business wholesales e di partecipare a bandi pubblici istituzionali o selezioni di deleghe di gestione da parte delle istituzioni finanziarie, anche alla luce della normativa MiFID II. “Il restante 90% delle masse (108 miliardi), infatti, sono rappresentate da più di 500 deleghe di gestione personalizzate con benchmark specifici per circa 400 clienti istituzionali nel mondo”.
Secondo il manager, in Europa, la tendenza è ormai quella di lavorare con i maggiori player, soprattutto istituzioni finanziarie, ma anche la necessità di trovare interlocutori interessanti come i family office, per portare anche a tale clientela strategie personalizzate al fine di incontrare le loro aspettative di preservazione e rendimento del capitale. “Questa attenzione del Gruppo nel privilegiare le relazioni di medio-lungo periodo ci ha convinti ad essere più presenti sul mercato europeo continentale. Siamo inoltre presenti in Asia attraverso il nostro headquarter di Los Angeles e l’ufficio di Londra. Lo siamo paradossalmente in termini di ‘vicinanza’ attraverso costanti viaggi in quella regione, sia per visitare clienti futuri sia mercati, governi e Banche centrali per gestire al meglio le nostre strategie legate al debito dei Paesi emergenti. Il mercato asiatico potrà probabilmente essere una delle aree di un’ulteriore possibile apertura di uffici che nei prossimi anni potremmo valutare, o comunque Paesi dove effettivamente vediamo una crescita a livello di mandati istituzionali importanti”, dichiara il manager.
A detta di Piotti, la componente ESG è sempre stata primaria nel processo di investimento della casa, e ciò ha permesso di crescere negli anni in maniera molto consistente. “I recenti mandati vinti da fondi pensione europei e locali, come ad esempio un mandato obbligazionario globale attivo per Pegaso, oltre alle performance che restano la variabile più importante nella scelta, ci sono stati affidati anche in funzione del nostro processo di investimento ESG ritenuto più che eccellente. Estremizziamo il nostro approccio ESG nelle dinamiche della selezione dei titoli con l’obiettivo di rispondere alle esigenze del cliente su tale tematica, che è in continua crescita. Sul mercato italiano, stiamo prendendo contatto con i più importanti gestori di fondi di fondi e gestioni patrimoniali, le casse di previdenza, i fondi pensione negoziali, le fondazioni bancarie, i family office e le assicurazioni per presentare a loro le nostre capacità gestorie, convinti di poter ottenere un riscontro positivo soprattutto per la personalizzazione dei mandati che siamo in grando di implementare”, afferma l’esperto.
Il meglio dell’offerta
“Il mercato delle financial istitution non ci conosceva ancora in maniera dettagliata, ne tantomeno la nostra offerta di fondi UCITS. Le 15 strategie che proponiamo sono nate negli anni su richiesta prevalentemente da parte di clienti istituzionali, che preferivano investire in fondi rispetto alle deleghe. L’offerta è in evoluzione ed alcuni comparti registrano un track record decisamente lungo, e da poco sono disponibili sulle piattaforme europee come Allfunds ed UBS”. All’interno di questa gamma, come afferma Piotti, la domanda e l’importante crescita in termini di masse è soprattutto concentrata sul Payden Absolute Return Fixed Income, un fondo obbligazionario multi-strategy con volatilità storica del 2-2,5%, con obiettivo di rendimento LIBOR +300. “Il track record parte dal 2008 e in questi 10 anni di storia ha sempre raggiunto l’obiettivo dichiarato. È per definizione il prodotto che raccoglie maggiormente nella nostra gamma. Nel mondo UCITS, altre strategie che appaiono interessanti sono il Payden Global Bond, il Payden Global Short Bond, il Payden Sterling Reserve (un hard cash in sterline molto attraente sul mercato specificamente inglese), il Payden Emerging Markets Bond e il Payden US Credit Low Duration”, spiega.
Italia e opportunità di investimento
L’ufficio italiano parte con quattro professionisti, di cui, oltre a Piotti, due sales manager e una figura di supporto, con l’importante obiettivo di coprire l’Europa continentale soprattutto sul mondo istituzionale, quindi fondi pensione, casse di previdenza, corporate e assicurazioni, e chiaramente fund buyer e gestori di fondi di fondi.“Abbiamo una prospettiva quasi ed esclusivamente di reddito fisso. Il mercato si sta normalizzando, ma abbiamo delle aspettative di crescita dei tassi di interesse americani tendenzialmente più aggressive rispetto a quelle del mercato. In Europa Abbiamo raggiunto il bottom a livello di inflazione, quindi le dinamiche inflattive cominceranno a farsi sentire. All’interno di questo contesto, tendiamo a premiare la componente ‘floating’ rispetto a quella a reddito fisso, cercando di rimanere opportunistici sul debito dei mercati emergenti e sul credito in genere, a discapito della componente governativa che riteniamo ad oggi essere di scarso valore aggiunto”, afferma il manager.
“Ad ogni modo, in termini percentuali, la componente del credito sarà ancora un driver in termini di outperformance rispetto a quella governativa. È chiaro che focalizzandoci sul fixed income tendiamo a privilegiare quei settori che possano avere yield importanti in segmenti meno ciclici, per offrire una consistenza in termini di rendimento e di cash flow”.
Il vantaggio di MiFID II
Non approcciando al mercato della distribuzione, la nuova normativa europea coinvolge l’asset manager americano in maniera relativa. “Sulla componente dei mandati e dei fondi di fondi eravamo già uniformati a livello di trasparenza MiFID II e di compliance. Personalmente, credo che la direttiva potrebbe rappresentare dal nostro punto di vista un vantaggio, perché porta i distributori a massimizzare i prodotti in delega, e siccome abbiamo una pluriennale expertise nel gestire questo tipo di mandati personalizzati, la vediamo quindi come un’opportunità. Credo che MiFID II privilegerà fondi di fondi, mandati discrezionali e deleghe rispetto alla pura distribuzione”, concude il managing director.