Prospettive del comparto fixed income per l’ultimo trimestre

Jakob Owens, Unsplash
Jakob Owens, Unsplash

“La performance del mercato obbligazionario nel 2019 è stata dominata dal tema della svolta accomodante delle Banche centrali. In particolare, la Federal Reserve statunitense ha segnalato possibili tagli dei tassi d’interesse, attuando un significativo mutamento di rotta rispetto al ciclo di inasprimento degli ultimi tre anni. Tale virata ha contribuito in misura determinante ai rendimenti a doppia cifra di molti settori del mercato obbligazionario nella prima metà dell’anno”. Le parole di Gene R. Tannuzzo, vice responsabile reddito fisso globale di Columbia Threadneedle, nascondono un “non detto” ingombrante che aleggia tra gli investitori obbligazionari: come fare ad evitare un’erosione dei risultati ottenuti fino ad oggi e chiudere così in positivo l’anno dopo il difficile 2018? La domanda non è di lieve entità poiché il fattore trainante citato dal vice responsabile reddito fisso globale dell’asset manager statunitense non ha di per sé un significato positivo. La svolta accomodante della Fed, così come le nuove misure annunciate dalla Banca centrale europea nella riunione del 12 settembre, testimoniano il tentativo della politica monetaria di spingere un ciclo economico tanto avanzato da intravedere lo spettro della recessione. Allo stesso tempo gli istituti, in maniera esplicita la BCE attraverso le dichiarazioni di Draghi sulle necessità dell’inizio di uno stimolo fiscale, stanno gradualmente introducendo nella propia retorica l’indicazione di essere arrivati al massimo sforzo nel sostegno alla crescita. Secondo l’ultimo Cyclical Outlook di PIMCO “l'economia globale sta per entrare in una finestra di debolezza a bassa crescita”, questa la definizione coniata da Joachim Fels, consulente economico globale, e Andrew Balls, CIO Global Fixed Income, “che proseguirà nel 2020 con una maggiore incertezza sul fatto che sia una finestra sulla ripresa o sulla recessione”. “Riteniamo prudente concentrarsi sulla conservazione del capitale, essere relativamente leggeri nell'assumere il rischio macroeconomico top-down nei portafogli, essere cauti sul credito aziendale e sulle azioni e attendere maggiore chiarezza”.

Guerra commerciale

Un richiamo alla cautela dovuto alla duplice natura dell’incertezza che devono affrontare gli investitori. Oltre a quella strettamente economica ci troviamo infatti in presenza di molteplici fattori geopolitici vicini allo stato di crisi. “Alla nostra ultima riunione strategica trimestrale”, rivelano dal Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management, “abbiamo concluso che nel corso dei prossimi mesi le probabilità di una crescita inferiore al tendenziale e di una recessione, scontata dai prezzi di mercato, sono simili”. “La questione determinante è la situazione del commercio internazionale”, sostengono inoltre, " e sebbene ultimamente le tensioni tra Stati Uniti e Cina si siano allentate, i dazi già imposti e la minaccia di altri in futuro hanno provocato un rallentamento dell’attività economica in tutto il mondo e le Banche centrali stanno facendo il possibile per reagire alla situazione". La capacità delle Banche Centrali di evitare una recessione è però, secondo gli esperti dell’asset manager statunitense, limitata. “Mentre la Fed ha un arsenale monetario relativamente ampio, la Banca centrale europea ha spazi di manovra limitati dal fatto che il tasso di deposito è già ampiamente in territorio negativo”, argomentano. “Poiché non sono ancora state introdotte misure di stimolo fiscale”, concludono, “potrebbe essere prudente per gli investitori ridurre l’esposizione al rischio”.

Il bicchiere mezzo pieno

Di diverso parere il CIO obbligazionario di AXA Investment Managers Chris Iggo. “Gli investitori”, afferma, “sono stanchi delle controversie commerciali tra Cina e Stati Uniti nonché della Brexit, e si stanno interrogando sull’effettiva debolezza del ciclo globale”. “Con questo non voglio dire che si deve tornare a investire negli strumenti più esposti al rischio”, puntualizza, “ma che forse le cose non sono così terribili come sembrava indicare la tendenza profondamente negativa dei tassi ad agosto”. “Le Banche centrali hanno reagito ai rischi di ribasso e la direzione del mercato nei prossimi mesi dipenderà dai dati, dal manifestarsi, o meno, dei rischi globali e dai progressi verso un equilibrio macroeconomico differente” aggiunge. “Sul fronte obbligazionario”, chiosa Iggo, “questo ci porta a incrementare l’esposizione sullo yield, laddove opportuno, e a ricercare rendimento attraverso le strategie carry, anche se il carry non è sugli stessi livelli di una volta”.