Al tema dell’engagement si ricollega, Tony Appiah, managing director e client portfolio manager, Nuveen Equities & Fixed Income, Nuveen, che riporta come sia “un elemento molto importante”, in quanto “l’attività degli obbligazionisti è spesso considerata meno incisiva rispetto a quella che possono operare gli azionisti, ma quando un’azienda deve rifinanziare il debito è a noi che si rivolge. Se il suo operato non ci convince, possiamo vendere le sue obbligazioni”. Da qui il contributo “fattivo” dell’asset manager a livello di impegno, anche in ambito obbligazionario: “Non è sempre vero che siamo poco incisivi, anzi, in molti casi possiamo anche avere un grande impatto”. Un limite dell’engagement, secondo Appiah, è da ricercare nella definizione stessa del concetto, che sconta la mancanza di univocità. “Non sempre si distingue il vero engagement da un banale contatto con un emittente. Per parlare di engagement occorre poter indicare un risultato concreto generato da questo contatto. Per molto tempo, poi, gli azionisti hanno considerato l’engagement solo in termini di proxy voting, assumendo essi stessi un approccio molto passivo”.
Appiah torna poi sulla prima “criticità” messa in luce nella tavola rotonda, ossia quella legata alla “competizione” tra obbligazioni a impatto e altri prodotti (come i titoli di Stato) e sottolinea come ci siano “diversi aspetti da considerare”: “Non è necessario sacrificare la performance per avere un impatto o investire nella sostenibilità, ma per riuscirci bisogna avere un posizionamento unico sul mercato”. Il riferimento va all’esperienza maturata sul comparto. “I gestori che hanno appena iniziato a operare in questo settore probabilmente partono dal segmento dei green bond, che è quello più richiesto”, afferma Appiah. “La nostra esperienza include anche i blue bond e va oltre questa categoria di obbligazioni a impatto. Ad esempio, abbiamo strutturato diversi orange bond (obbligazioni con focus sulla gender equality, ndr.)”. In ultima analisi, a fare la differenza è la consapevolezza che il settore dei green bond “è molto affollato” e offre scarse possibilità di generare alfa. “È necessario continuare a innovare e strutturare attentamente le emissioni, assicurando un’adeguata copertura del rischio di credito”, conclude Appiah.
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