Investitori istituzionali: recessione inevitabile, ma il rischio maggiore è la stagflazione

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Nine Koepfer (Unsplash)

Inflazione e tassi alti, recessione in vista e volatilità elevata. Il 2023 per gli investitori istituzionali si profila con un anno molto insidioso, con una visione sommessa dell'economia e prospettive contrastanti per i mercati. È quanto emerge dall’ultimo Institutional Investors Survey di Natixis Investment Managers. L’indagine è stata condotta tra ottobre e novembre e ha coinvolto circa 500 investitori istituzionali in 29 Paesi di tutto il mondo e che nel complesso hanno in gestione oltre 20 miliardi di dollari di asset.

Recessione

La stragrande maggioranza dei partecipanti (85%) ritiene sia già in atto una recessione, o che comunque si manifesterà l’anno prossimo. Inoltre, la maggior parte (65%) afferma che tale rischio impallidisce di fronte al rischio di stagflazione, ovvero un periodo di crescita negativa del Pil con inflazione radicata e disoccupazione in crescita. Ma non tutte le notizie relative all'inflazione sono negative. Date le prospettive che i banchieri centrali continuino a combattere l'inflazione con rialzi dei tassi nel nuovo anno, sette investitori istituzionali su dieci (72%) ritengono che l'aumento dei tassi favorirà una ripresa degli investimenti tradizionali a reddito fisso, mentre il 56% è ottimista sui mercati obbligazionari nel 2023.

Guerra

Mentre l'inflazione e i tassi d'interesse sono le due principali preoccupazioni degli investitori istituzionali quando si parla di rischi di portafoglio, il 57% degli intervistati individua nella guerra la principale minaccia economica globale, un sentiment ancora più forte in Europa (68%). Anche il deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina è considerato una delle principali minacce, una preoccupazione menzionata dal 47% degli istituzionali in Asia e dal 53% negli Stati Uniti. Gli istituzionali sono divisi su quale sarà l'esito della politica sulla performance economica: il 53% prevede un cosiddetto atterraggio sicuro mentre il 47% immagina quello che viene definito come atterraggio brusco.

Asset class su cui puntare

Il 60% ritiene che le large cap faranno meglio dei titoli a minore capitalizzazione e che la sovraperformance verrà soprattutto dai settori healthcare, energetico e finanziario. Gli investitori istituzionali ritengono inoltre che settori quali i consumi discrezionali (42%) e real estate (47%) abbiano maggiori probabilità di registrare performance deboli, poiché nel 2023 si assisterà a un aumento dei tassi e a un calo dei prezzi delle abitazioni.

Con il rinnovato interesse per il mondo obbligazionario e la graduale riduzione dei programmi di acquisto da parte delle Banche centrali, la liquidità sta diventando un problema. Il numero di investitori istituzionali che indica questo tema come uno dei maggiori rischi per il portafoglio per il 2023 è quasi triplicato, passando dal 13% di un anno fa al 36% dell’ultima rilevazione.

ESG

Il 62% del campione ritiene si possa trovare alfa nell'universo ESG, con una quota del 59% che sta programmando un incremento degli investimenti sostenibili. La metà di coloro che possiedono green bond a livello globale prevede di aumentare i propri investimenti, mentre una quota simile pensa di mantenere la propria allocazione attuale. Anche se i tassi sono in rialzo, la ricerca di rendimento che dura da dieci anni potrebbe ancora essere tra le priorità degli investitori, visto che sei su dieci (61%) riconoscono di rivolgersi agli investimenti alternativi per cercare fonti diverse di rendimento. Il maggior numero (44%) prevede di aumentare le allocazioni in infrastrutture nel 2023, il 43% prevede di aumentare le allocazioni in private equity e il 36% in private debt.