La centralità del private banker per il “cliente imprenditore”

Antonella Massari News
Antonella Massari, foto ceduta (AIPB)

La consulenza finanziaria “diventa tanto più facile da far apprezzare al cliente, quanto maggiore è la sua cultura finanziaria”. Il concetto espresso da Antonella Massari, segretaria generale AIPB - Associazione Italiana Private Banking emerge con ancora più forza in un segmento specifico di clientela: gli imprenditori. E Massari invita a una riflessione su quale ruolo giochino non soltanto le istituzioni, ma anche le associazioni di settore nell’ampliare il perimetro di tale cultura. Interrogata sul tema da FundsPeople, l’esperta sottolinea, in primis, la funzione principale della consulenza: “Accompagnare la clientela a prendere decisioni razionali rispetto ai propri obiettivi di breve e lungo periodo, delle diverse opportunità presenti sul mercato e dei relativi rischi”. Questa funzione, rimarca Massari, “quando è esercitata in maniera trasparente e professionale genera valore aggiunto non solo per gli individui ma anche per la collettività”.

L’esperta cita, a questo proposito, la Commissione UE, che pone l’educazione finanziaria dell’imprenditore “tra le competenze chiave necessarie per fare impresa”, oltre alle iniziative di Bankitalia “per sviluppare programmi di educazione finanziaria rivolte alle PMI in collaborazione con le associazioni imprenditoriali”. La consapevolezza di istituzioni e associazioni, dunque, è forte. Da qui la necessità individuata da AIPB di “accrescere la cultura finanziaria degli adulti, in particolar modo degli individui che detengono risparmi e investimenti”.

Educazione finanziaria degli adulti

Il punto è centrale per comprendere la rilevanza dei clienti imprenditori che rappresentano, secondo i dati AIPB, oltre il 20% della clientela private e guidano in larga maggioranza (85%) imprese di piccole e medie dimensioni. Un altro dato arriva dal Rapporto Regionale PMI 2022 di Confindustria e Cerved, che indica come la ricchezza finanziaria investibile degli over 35 italiani anni ammonti a circa 3 mila miliardi di euro, (l’89% del totale) e si registrano in Italia 160 mila PMI. A fronte di questa platea, “la consulenza può coprire un perimetro ampio e articolato, che riguarda, ad esempio, la scelta delle diverse forme di finanziamento, l’ampliamento del capitale di rischio, la crescita e l’internazionalizzazione dell’attività, la governance, la continuità oppure la cessione d’impresa”. Qui il richiamo alla difficoltà di “ingaggiare gli adulti” nell’educazione finanziaria, evidenziato anche da sperimentazioni condotte da Consob e Banca d’Italia su richiesta del Comitato EduFin. Tali sperimentazioni, come riportato anche dal MEF, indicano inoltre “quanto la governance del processo sia fondamentale”. Per questo motivo, afferma Massari, “il private banking basa la sua attività sulla stabilità, frequenza e continuità della relazione”.

L’esperta rimarca come ai clienti “con un’età matura” (il 56% sono over 65) e “patrimoni capienti” (il portafoglio medio è di 1 milione 800 mila euro), “gli operatori del private banking dedicano mediamente 13 sessioni nell’arco dell’anno (durata media circa 90 minuti) condotte da figure professionali caratterizzate da requisiti relazionali e professionali tenuti in continuo aggiornamento”. E i risultati di questa attività sono evidenti nelle stesse indagini condotte da AIPB presso gli investitori: “La clientela che fa ricorso alla consulenza finanziaria del private banking mostra maggiori livelli di attenzione a temi finanziari (54% dei clienti del private banking verso il 13% delle altre famiglie italiane), una maggiore tolleranza verso i rischi (rispettivamente 36% e 8%) e un maggiore orientamento a fare scelte di investimento di lungo periodo (rispettivamente 18% e 8%)”.

La ricerca di soluzioni ad hoc

Sul fronte del ruolo del private banker nella ricerca di soluzioni ad hoc per il “cliente imprenditore”, Massari riporta come tale figura, alla luce di uno scenario economico complesso, si rivolga oggi “a una squadra di esperti”, che vede coinvolti anche il commercialista, il family office, il broker e l’avvocato nella gestione dei patrimoni personali e di impresa. In tale contesto, tuttavia, “il banker si conquista il ruolo di referente principale”, in quanto “collettore e coordinatore delle informazioni riguardanti non solo il patrimonio, ma anche la famiglia, l’azienda e le interrelazioni fra questi. Una posizione che si costruisce facendo leva su forti competenze tecniche, relazionali e di coordinamento del network stesso”. Questa centralità deriva dalla capacità del banker, chiamato a “sintonizzarsi con il cliente per capire i suoi tratti caratteriali, il suo ‘non detto’ e le sue aspettative, ma anche per gestirne l’emotività”. In conclusione, afferma l’esperta, “il private banker deve farsi quindi osservatore, conoscitore, guida ma soprattutto formatore”.

Leggi l'intervista anche sul magazine FundsPeople di ottobre, n. 77.