Secondo lo studio di Banca Etica, la finanza deve essere il motore per lo sviluppo sostenibile, l'occupazione ed l'equità tra generazioni.
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Le ingenti risorse finanziarie gestite dai fondi della previdenza complementare in Italia potrebbero essere uno strumento formidabile per sostenere lo sviluppo dell’economia reale e per alimentare un durevole patto intergenerazionale. Ma oggi questo non avviene: di 100 euro gestiti dalla previdenza complementare, solo 24 restano nel nostro territorio e solo 3 vanno a finanziare imprese e attività produttive. Questo approccio sta soffocando quello che avrebbe dovuto essere il circuito virtuoso che, tramite la previdenza integrativa, potrebbe favorire gli investimenti e con essi lo sviluppo del tessuto produttivo del paese, creando occupazione che a sua volta produce risparmio per alimentare nuovi investimenti.
E’ quanto emerge da uno studio di Banca Etica pubblicato in anteprima su Sbilanciamoci! e su Valori.it e che sarà presentato durante un convegno a Roma il 28 febbraio (Centro Astalli, Via degli Astalli 17, ore 10.30).
Quanti sono e dove vanno i soldi dei fondi pensione
ll risparmio previdenziale privato in Italia supera i 250 miliardi di euro e riguarda circa 10 milioni di soggetti tra iscritti e già pensionati. Guardando a come vengono investite le risorse gestite dalla previdenza complementare, si osserva che:
- gli investimenti in titoli di debito pubblico ammontano al 41,7% del totale (21,4% in titoli dello Stato italiano);
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in titoli di debito privato è investito il 17,1%;
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in azioni e altri titoli di capitale va il 16,4%;
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in quote di OICR il 13,8% (gli OICR sono fondi di investimento e strumenti affini).
Sommando l’esposizione azionaria nelle sue varie forme, il sostegno dei fondi previdenziali complementari italiani alle imprese pesa per il 40,5% delle risorse gestite. Complessivamente, all’economia italiana di queste risorse arriva il 27,7% (36,7 miliardi sui 132,5 di totale gestibile), il 77% delle quali investito in titoli di Stato. Escludendo gli investimenti immobiliari e la gestione della liquidità, si osserva così che del complesso dei fondi previdenziali complementari gestiti nel nostro paese, arrivano alle imprese italiane 3,7 miliardi di euro, pari al solo 2,8% del potenziale. Di queste, ancora, l’89% viene investito in titoli di imprese quotate, e solo 400 milioni di euro va ad imprese italiane non quotate (lo 0,3% del totale).
Alla ricerca di impatto e coerenza
“Non sottovalutiamo il sostegno al debito pubblico, che consente di finanziare servizi essenziali per la collettività. Ma considerando che una buona parte di esso serve “solo” a finanziare il pagamento degli interessi sullo stock già in essere, si rafforza la netta impressione che non si stia cogliendo il forte potenziale redistributivo, in termini finanziari, che c’è in gioco quando si parla di previdenza complementare” spiega il direttore di Banca Etica, Alessandro Messina. “E c’è di più. La previdenza complementare, se facesse propri i criteri della finanza etica, potrebbe favorire la riconversione ecologica, accelerare la transizione a un’economia carbon free, sostenere le imprese più attente ai diritti umani e all’impatto sociale e ambientale dell’intera filiera produttiva”.
L'annuale report del Forum Finanza Sostenibile spiega che per “Investimento Sostenibile e Responsabile s’intende una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo (ESG), al fine di creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso”. Dall’edizione 2019 del rapporto si evince che il peso del patrimonio previdenziale gestito secondo criteri di finanza responsabile è fermo a una media del 23%. In estrema sintesi, meno di 1 euro ogni 10 investiti dai fondi pensione è utilizzato per orientare o favorire un processo di riconversione (sociale, ambientale, organizzativa) del mondo produttivo o per sostenerne le eccellenze.