Diversificazione, impatto sociale e decorrelazione dai mercati tradizionali. Ecco perché, secondo Vincenzo Trani, presidente di Mikro Kapital, fa bene investire nel microcredito.
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Investire nel microcredito non è solo una scelta (o un dovere) sociale. Negli ultimi tempi il tema è entrato di diritto nel perimetro degli investimenti alternativi. E a ragione. Basta guardare i numeri (secondo le stime, è in crescita di oltre 196 miliardi di dollari entro il 2025). Ma c’è di più. Per gli investitori rappresenta quel classico mattoncino da inserire in portafoglio che risponde a tre fattori essenziali: diversificazione, impatto sociale e decorrelazione dai mercati finanziari tradizionali. Vincenzo Trani, presidente di Mikro Kapital, da oltre dieci anni si occupa di microcredito. “La mia esperienza comincia negli uffici della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, dove mi sono occupato del progetto microcredito in Russia e nell’area dell’ex Unione sovietica". Una scrivania a Mosca, uno sguardo proteso lungo i Paesi della via della Seta, negli anni Trani ha portato avanti un progetto sul mercato con risultati che appaiono non solo interessanti eticamente (la S di ESG, per dire) ma anche di investimenti.
Selezione di micro e piccole medie imprese
Attraverso Mikro Fund e Alternative Fund, la società di diritto lussemburghese ha già finanziato migliaia di piccole società operando in 14 paesi differenti del mondo emergente e arrivando a gestire circa 710 milioni di euro. “I due fondi emettono bond con duration breve, 24 o 36 mesi, e offrono agli investitori un coupon trimestrale costante (in genere dell’8%), con un tasso di default dei prestiti sottostanti storicamente inferiore all’1%, grazie ad attenti processi di selezione e monitoraggio delle micro, piccole e medie imprese” spiega. Per scegliere le aziende, l’asset management, infatti, opera sul campo. “Per poter creare un portafoglio abbiamo 1700 persone, presenti in 122 uffici e 14 paesi”, precisa. “Si tratta di andar a vedere sul posto il business del piccolo imprenditore che ha bisogno di capitale. Poi la decisione viene presa da un comitato locale e centrale”. Gli analisti, quindi, toccano con mano l’attività di artigiani, piccoli commercianti o coltivatori che chiedono un finanziamento a condizioni che non potrebbero ottenere altrove. “Sono piccoli imprenditori, figli dell’innovazione, li chiamo” sorride Trani. “Si tratta di tanti giovani che magari cominciano da dipendenti e diventano imprenditori, grazie ad un accesso al credito che il sistema banca non riesce ad erogare”.
La Sicav lussemburghese
La società, di recente, ha lanciato una Sicav, Mikro Kapital Fund A, disponibile anche in Italia per la clientela professionale e non che, come spiega il manager “offre l’opportunità di investire non solo nelle obbligazioni emesse ma anche nel credito”. Il fondo, con un AuM attuale di 109 milioni di euro, permette un accesso equilibrato, con un mix obbligazionario (60%) e azionario (40%), a un mercato in forte crescita e caratterizzato da un profilo di rischio-rendimento attraente. Il fondo è aperto, senza scadenza e consente di esporsi su un’asset class decorrelata dai tradizionali mercati finanziari e storicamente caratterizzata da una ridottissima volatilità (in media 0,61% annuale), garantendo inoltre agli investitori un sottostante diversificato e la possibilità di operare realmente in un ambito di impact investing, grazie alla completa misurabilità degli aspetti sociali e ambientali.
Cosa cercano gli investiori
Gli investitori, come dice il manager, sono per lo più istituzionali. Non solo italiani ma anche inglesi, svizzeri, spagnoli tedeschi: family office, compagnie assicurative, fondi pensione. Un target pronto ad investire nei tre obiettivi di cui sopra, con una riduzione della volatilità del proprio portafoglio. “Il nostro investitore desidera un rendimento ma vuole anche incidere sul sociale. Il microcredito ha un core business che è puro ESG. Poi c’è il rendimento e la diversificazione: l’investitore gradisce prendere un’esposizione in aeree geografiche meno conosciute, come quelle della Via della seta, e considera l’investimento in Emerging Market un buon veicolo. L’altro vantaggio è la decorrelazione dai mercati tradizionali”, afferma Trani. “Rappresentiamo una piccola parte nel portafoglio di un investitore istituzionale, una percentuale però ad elevato impatto sociale”.