CONTRIBUTO a cura di My-Linh Ngo, head of ESG Investing & Portfolio Manager di BlueBay Asset Management. Contenuto sponsorizzato.
La tassonomia è pensata per essere una classificazione delle attività economiche considerate ‘green’, pur includendo anche considerazioni riguardo all’impatto sociale. Tuttavia, determinare cosa possa essere considerato green non è sempre semplice come sembra. Per esempio potrebbero esserci attività che da un lato ‘fanno bene’ a livello di generazione di alcuni benefici ambientali, ma dall’altro ‘fanno male’ in altre aree ambientali.
Prendiamo ad esempio l’energia nucleare: sebbene la fonte energetica sia di per sé carbon-free, e quindi contribuisca agli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico, in caso di perdite o di un immagazzinamento o smaltimento inadeguato potrebbe creare dei danni a scapito di altri obiettivi ambientali. Rappresenta un buon esempio della complessità di bilanciare i benefici e i costi ambientali e sociali: sebbene la probabilità di una perdita di gas nucleare possa essere bassa, se dovesse accadere i potenziali danni per la salute umana sarebbero molto significativi.
Anche il gas rappresenta una sfida, dato che, sebbene sia considerato un combustibile di transizione, è
fondamentalmente un combustibile fossile che contribuisce in modo significativo alle emissioni di metano, con un impatto ancora più elevato dell’anidride carbonica sul riscaldamento globale. La preoccupazione per entrambe le fonti energetiche quindi è che promuoverle potrebbe fungere da distrazione, ritardando ulteriormente gli sforzi per investire e sviluppare tecnologie alternative come le rinnovabili, che non solo non si basano su combustibili fossili, ma non presentano neanche rischi della stessa portata a livello di potenziali danni ambientali o sociali, e sono inoltre meno costose e più veloci da sviluppare.
Riteniamo che alcuni timori su gas e nucleare siano molto validi e necessitino di una risposta. La loro inclusione nella tassonomia dovrebbe essere presa in considerazione solo se si riuscisse a dimostrare la presenza di sufficienti meccanismi di salvaguardia e di procedure di utilizzo che permettano di mitigare i potenziali danni che potrebbero causare, analizzando il valore aggiunto a livello olistico e considerando anche gli effetti di lungo termine sui diversi stakeholder.
Il dibattito che stiamo vedendo nelle ultime settimane non è nuovo e sta affrontando problematiche ben note. Probabilmente continueremo a vedere delle differenze nel modo in cui i diversi Paesi definiscono le attività economiche che ‘fanno bene’, dato che al di là dei dati e delle informazioni quantitative, i fattori politici, economici e culturali nazionali giocheranno un ruolo chiave nel processo decisionale. Tuttavia, ciò che succede a livello europeo può influenzare il modo in cui i singoli Paesi sviluppano le loro tassonomie. Un approccio non allineato rischierebbe di far perdere fiducia nel concetto di un sistema di classificazione ‘green’, il che sarebbe un peccato, dato che si tratterebbe di uno strumento molto valido.
Per esempio, la sicurezza energetica è essenziale per l’economia e i movimenti dei prezzi dell’energia in Europa hanno evidenziato l’interesse nazionale di assicurarsi un’offerta stabile quando le rinnovabili sottoperformano. Il nucleare e il gas forniscono l’energia di base che è necessaria per lo sviluppo delle rinnovabili, che sono invece intermittenti. A livello di prodotti di investimento, potrebbero non esserci cambiamenti per gli strumenti che si auto-classificano come compliant con l’Articolo 8 o 9 dell’SFDR, a meno che non prevedano esplicitamente un allineamento alla tassonomia per i loro investimenti sostenibili e/o non seguano dei criteri di esclusione su queste fonti di energia. Per esempio, il nostro fondo BlueBay Impact-Aligned Bond, compliant con l’Articolo 9, considera l’investimento sostenibile un obiettivo di investimento, ma si basa su un nostro framework proprietario di temi sociali e ambientali, e non sulla tassonomia.
La strategia al momento prevede alcune restrizioni sul nucleare e sull’oil&gas, dato che manteniamo una certa cautela su tali attività e sul loro ruolo in un mondo sostenibile. Inoltre, fissando tali restrizioni la strategia ha potuto qualificarsi per alcune etichette ESG di fondi volontari. Se tali etichette, o altre iniziative ESG, dovessero cambiare i loro criteri ESG o la loro view su tali questioni potremmo rivedere queste restrizioni, ma potremmo anche non farlo, dato che rappresenta la nostra opinione in merito, che tiene in considerazione le view dei nostri investitori.
Tuttavia, coloro che mirano a legare in modo esplicito i loro investimenti alla tassonomia e/o hanno dichiarato di escludere gas e nucleare potrebbero aver bisogno di stabilire se continueranno a escluderli su base volontaria o potrebbero dover revocare o revisionare la natura delle esclusioni che si sono auto-
imposti. Ho l’impressione che non assisteremo a una corsa per includerli nei prodotti esistenti o a grosse modifiche nei vari approcci, perché mentre alla fine la tassonomia potrebbe finire con l’accettarli, lo stesso non è detto per gli investitori. Ci sono altri driver in gioco e la tassonomia è solo uno di essi. Tra gli altri vi sono i fondi con etichetta ESG, alcuni requisiti ESG nazionali e anche aspetti culturali. Pensiamo che i gestori prediligeranno la cautela e, di conseguenza, probabilmente permarranno delle divergenze nel modo in cui i diversi prodotti finanziari affrontano la questione.
BlueBay AM, tassonomia tra nucleare e gas: bilancio di costi e benefici

Ngo My Linh BlueBay AM
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