Commento a cura di Marcello Agnello, direttore commerciale di Assiteca SIM.
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Commento a cura di Marcello Agnello, direttore commerciale di Assiteca SIM.
È opinione di tutti, anche dei più scettici, che uno degli effetti di MiFID II sarà la riduzione dei margini per i produttori (le società prodotto) e per i distributori (reti di vendita bancarie e finanziarie) quale conseguenza degli aumentati oneri per governare tutti i processi da implementarsi a vari livelli. È poi noto, in qualche caso ammesso a fatica, che già oggi i costi degli investimenti nel risparmio gestito sono elevati, superiori in alcuni casi di un punto percentuale rispetto alla media europea e anglosassone. Se a questo aggiungiamo che la trasparenza imposta nella rendicontazione obbligherà ad esplicitare tutti i costi in capo alle operazioni, esprimendoli in euro e mettendoli in relazione al rendimento ottenuto, è ragionevole credere che aumentarli ancora non sia una strada perseguibile per mantenere invariati i ricavi.
Pensieri diffusi quindi, ma anche parole in libertà. Vediamo allora da dove partiamo, per avere un quadro abbastanza puntuale; in questo ci aiuta un recente studio di Mediobanca Securities condotto sui quattro attori della distribuzione quotati in Borsa (Azimut, Banca Generali, Mediolanum, Fineco) che ha interessato 113 prodotti di queste strutture, rappresentativi di circa un terzo di tutte le masse, analizzandone i costi sostenuti nel 2016 rapportati ai rendimenti ottenuti nello stesso periodo. Come si nota, la media dei costi di gestione è stata del 3% (grafico 1) a cui si sono sommati 84 basis point di commissioni di performance (grafico 2), portando il costo medio annuo totale al 3,63% (grafico 3). L'ultimo grafico infine, mettendo in relazione i costi sostenuti col rendimento ottenuto, mostra quanta parte di quest'ultimo è stato assorbito dalle commissioni: quasi il 50%.
Verrebbe spontaneo chiedersi se i clienti lo sanno: legittimo domandarselo ma tra poco sarà anche inutile perché, al più tardi nel gennaio del 2019, riceveranno la rendicontazione dell'anno precedente. Forse è meglio pensare alle possibili reazioni, ad esempio, quando scopriranno che per aver investito centomila euro avranno sostenuto un costo medio di 3600 euro, l'equivalente di una vacanza. Ma il punto non è solo questo. Parlando di investimenti si suggerisce sempre di ragionare in ottica di medio e lungo termine, ed è guardando a un orizzonte temporale ampio che Research Affiliates, uno dei principali asset allocator mondiali, ha stimato il rendimento atteso di un portafoglio bilanciato investito per i prossimi dieci anni, fissandolo al 3,6% annuo.
Poco o molto che sia (peraltro rendimento nominale e non reale), se applicassimo come costo per la gestione di questo portafoglio quello medio calcolato nell’analisi di Mediobanca, avremmo un onere annuo che azzererebbe completamente il rendimento ottenuto. Alla fine di dieci anni, sempre che il cliente fosse rimasto investito per tutto il periodo, il capitale ottenuto risulterebbe sensibilmente inferiore a quello iniziale: i rendimenti sarebbero mangiati dai costi, e il capitale dall’inflazione. Per inciso, Mediobanca ha rilevato che 29 prodotti su 113 (25% del totale, uno su quattro) hanno applicato commissioni di performance in assenza di rendimento: il cliente ha cioè pagato una 'performance' anche quando ha perso. Sembra un ossimoro, mi rendo conto. La domanda corretta, alla fine, non è se i costi del risparmio gestito in Italia scenderanno, ma di quanto scenderanno. Con buona pace di tutti e finalmente qualche soddisfazione in più per i clienti. Si spera.