L’opinione di Matt Lanstone (Capital Group): misurare il valore del capitale umano

Matt Lanstone ok Capital Group
Matt Lanstone ok Capital Group

CONTRIBUTO a cura di Matt Lanstone, responsabile di ricerca e investimenti ESG di Capital Group. Contenuto sponsorizzato.

Per capitale umano si intendono le competenze, conoscenze ed esperienze maturate da un singolo individuo o da un gruppo di persone, considerate in termini di valore o costo per un'azienda o un Paese. A nostro avviso esistono cinque indicatori che consentono alle aziende di misurare in modo efficace la gestione del capitale umano e pubblicare informazioni al riguardo. Si tratta dei criteri più importanti per gli investitori e più ragionevoli da divulgare in tutti i settori e i paesi.

I dati quantitativi sono fondamentali per differenziare le aziende, comprendere rischi e opportunità e porre ai dirigenti domande fondate su prove oggettive. È proprio da questi riscontri che i dati qualitativi, divulgati nelle relazioni aziendali o acquisiti durante i colloqui con la dirigenza, possono fornire il giusto contesto. Nonostante l'importanza del capitale umano, al momento le aziende tendono a divulgare pochissime informazioni al riguardo.

Senza queste informazioni è più difficile farsi un'idea di aspetti come le retribuzioni minime o medie e la produttività, e determinare quindi gli effetti di una maggiore pressione salariale o di una più agguerrita concorrenza per aggiudicarsi i talenti migliori. Altre importanti lacune in termini di reporting riguardano ambiti come la diversità, il turnover dei dipendenti e gli investimenti nello sviluppo e nella formazione dei collaboratori.

Le implicazioni degli investimenti: tre tendenze principali

La necessità di misurare e valutare con precisione il capitale umano si fa sempre più impellente alla luce di tre tendenze secolari.

1. Una persistente disuguaglianza potrebbe fomentare l'attivismo dei dipendenti e causare interruzioni del lavoro

Retribuzioni basse, divari salariali e trattamenti iniqui sono ancora all'ordine del giorno in molti settori e regioni. Negli Stati Uniti, la remunerazione dei lavoratori è una voce in calo del PIL, il compenso orario non è allineato alla produttività e nel calcolo delle retribuzioni esistono ancora profonde disparità in termini di razza e genere (talvolta ampliatesi durante la pandemia). In quasi tutti i settori, i lavoratori si riuniscono più di frequente e fanno pressione perché la situazione cambi.

Le richieste spaziano dall'aumento di retribuzioni e benefici, alla sospensione dei contratti di difesa potenzialmente non etici, alla cessazione della discriminazione razziale e di genere. Nel gennaio 2021, ad esempio, oltre 200 lavoratori di Google e Alphabet hanno istituito il sindacato 'Alphabet Workers Union'. I suoi membri versano l'1% della retribuzione annua come quota sindacale, che viene utilizzata per compensare le decurtazioni salariali in caso di sciopero.

Lo sciopero di sei settimane indetto dai lavoratori di General Motors nel 2019 ha provocato una perdita di produzione pari a 3,6 miliardi di dollari (44% del risultato al netto degli oneri finanziari del 2019). È ragionevole prevedere che il numero e la durata delle interruzioni del lavoro continueranno ad aumentare, data la pressione economica esercitata durante la pandemia sui lavoratori a basso e medio reddito rispetto a quelli ben stipendiati.

2. Cresce la tendenza a cambiare lavoro

Prima del coronavirus, la disoccupazione negli Stati Uniti era al minimo storico e i lavoratori erano molto fiduciosi nella possibilità di trovare un nuovo impiego. Questo connubio ha alimentato la tendenza a cambiare lavoro. Adesso che le economie stanno riaprendo in un quadro di ripresa, molte aziende hanno difficoltà a trovare collaboratori a ore. I dipendenti infatti hanno iniziato a cercare benefici che vanno ben oltre il semplice salario di base (sceso a un livello minimo), e chiedono, ad esempio, il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata, indennità sanitarie, aiuti per la pianificazione finanziaria, opportunità di formazione e una cultura aziendale che persegua uno scopo preciso.

La cultura aziendale sarà anche un elemento intangibile, ma è fondamentale per attirare, fidelizzare e motivare i collaboratori. Un'autorevole ricerca accademica ha messo in luce il legame tra la soddisfazione dei dipendenti e il valore a lungo termine in un periodo di 28 anni. Il risultato: secondo il modello a quattro fattori, dal 1984 al 2009 le '100 migliori aziende per cui lavorare in America' hanno registrato un alfa annuale del 3,5%, ovvero del 2,1% sopra i benchmark di settore.

3. Necessità di innovazione e nuove competenze

Con la graduale diffusione di trend come la digitalizzazione, l'automazione e la transizione energetica, la forza lavoro è destinata a cambiare radicalmente. Ci sarà verosimilmente una maggiore concorrenza per assumere e fidelizzare i dipendenti più qualificati, come quelli specializzati in cloud computing, big data ed e-commerce. Molte aziende lungimiranti hanno deciso di non assumere nuovo personale, ma di "riqualificare" quello attuale. Due esempi in tal senso sono i 700 milioni di dollari investiti da Amazon nella formazione dei suoi dipendenti e i 3 miliardi di dollari allocati da PWC per le attività di 'upskilling', ovvero di adeguamento e arricchimento delle competenze dei suoi collaboratori. Nei bilanci aziendali, le voci più importanti non sono più i beni materiali, ma quelli immateriali, compresi brevetti, software, marchi e dati, tutti trainati e sostenuti dall'innovazione umana.

Nel 2020, circa il 90% del valore di S&P 500 era costituito da attività immateriali, in netto contrasto con il 32% del 1985. Questo dimostra la rapida diffusione della digitalizzazione nelle aziende, che spesso supera la velocità a cui i lavoratori potrebbero sviluppare nuove competenze. Quasi tutti i settori saranno (se non lo sono già) ampiamente influenzati dalle tendenze in atto con riferimento al capitale umano. La pubblicazione sistematica di più informazioni su questo fronte è un'opportunità per comprendere come le aziende gestiscono i loro collaboratori e differenziare leader e ritardatari per individuare le realtà in grado di offrire un vantaggio competitivo.