Il wealth management mira alla piena integrazione ESG entro il 2025

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Soroush Karimi, Unsplash

Il wealth management italiano considera la sostenibilità un fattore critico e distintivo nella gestione degli investimenti ed è pronto nel suo complesso ad agganciare l’evoluzione come leader. E questo è il risultato non soltanto di un’azione degli attori del settore ma anche della spinta operata dalla clientela. È quanto emerge dall’indagine sul livello di maturità della filiera rispetto all’integrazione delle pratiche di sostenibilità condotta da AIPB - Associazione Italiana Private Banking con il supporto di Oliver Wyman, società di consulenza del gruppo Marsh & McLennan Companies. La necessità di una visione d’insieme sul posizionamento dell’industria sui temi sostenibili si confronta con la crescente rilevanza dell’investimento ESG che, secondo le stime, vedrà masse triplicate nei prossimi tre anni, arrivando a quota 4.500 miliardi di euro nel 2025. I risultati della survey evidenziano appunto come, per la quasi totalità dei wealth e asset manager, la sostenibilità rappresenti un fattore distintivo nella gestione degli investimenti. “L’imponente mobilitazione internazionale in risposta all’urgenza climatica e di transizione verso un’economia sostenibile ha messo in evidenza il ruolo cruciale della finanza privata – ha commentato Paolo Langé, presidente di AIPB - Oggi il mondo guarda alla finanza e alla ricchezza privata perché accompagni e moltiplichi gli sforzi delle nazioni nel dare risposte durature alle sfide globali. L’industria sa bene, che non può permettersi di adeguarsi alla trasformazione in atto, ma è chiamata a guidarla. In particolare, la consulenza ha un ruolo chiave nel traghettare il risparmio privato verso una asset allocation sostenibile: non ce lo chiedono solo gli investitori, ce lo chiede la società”.  

La ricerca

L’analisi è stata condotta nel corso del terzo trimestre dell’anno, e ha coinvolto circa 40 asset e wealth manager, 23 banche private (che insieme rappresentano l’87% degli AUM totali del private banking) e le 19 società di gestione del risparmio leader nazionali e internazionali associate AIPB. Si è articolata su 50 domande, suddivise in otto ambiti di ricerca con l’intento di indagare le strategie messe in campo dall’industria per accompagnare il processo di transizione verso un’economia sostenibile.  AIPB sottolinea, a questo proposito, come in passato, in occasione di importanti evoluzioni normative con impatti materiali sui modelli operativi (ad esempio Mifid II), gli operatori del settore abbiano adottato un approccio di conformità normativa. Con gli ESG cambia la prospettiva, e il wealth management mostra di riconoscere il proprio ruolo abilitante per il successo degli obiettivi fissati. L’obiettivo dell’analisi è dunque tracciare il percorso trasformativo dell’industria affinché l’impegno e l’ambizione di oggi sia realizzato entro il 2025.

I risultati principali

I risultati mostrano come l’Europa si posizioni in testa per volumi di investimenti a livello mondiale (attrae circa l’80% delle masse SRI), una cifra che si attesta intorno ai 1.500 miliardi nel 2020, e un tasso di crescita previsto di circa il 29% nei prossimi tre anni. L’Italia si classifica come meta ambita degli investimenti ESG con un 20% delle masse in gestione relative a prodotti classificati come articolo 8 o articolo 9 SFDR. A trainare la crescita, sottolinea la ricerca, quattro “fattori esogeni”: la crescente attenzione dell’opinione pubblica, le normative europee e l’imponente stanziamento di risorse nel settore (con il NGEU che si è concretizzato in Italia nel PNRR). Vi sono poi “fattori endogeni” al mercato del wealth e asset management, oltre alla già citata attenzione da parte dei clienti sui temi della sostenibilità anche la forte accelerazione nello sviluppo dei prodotti ESG: “dal 2020 ai primi sei mesi del 2021 sono stati lanciati oltre 700 nuovi prodotti”, scrive AIPB. Come anticipato, mentre per il 97% dei wealth manager la sostenibilità rappresenta un fattore distintivo nella gestione degli investimenti, il 76% dichiara anche un alto livello di ingaggio del consiglio di amministrazione e del top management sulla sostenibilità degli investimenti. A questo si aggiunge un altro dato importante: nove intervistati su dieci dichiarano di aver definito una policy per la gestione degli investimenti in chiave sostenibile e il 95% del campione dichiara di discutere regolarmente le tematiche di sostenibilità con i clienti.

Gli interventi di adeguamento al nuovo paradigma

Gli interventi prioritari per accelerare il processo di trasformazione della filiera italiana evidenziati dalla ricerca si articolano lungo tre direttrici: dati e scoring ESG; persone e competenze ESG; e processo di consulenza. Nel primo caso l’obiettivo è “risolvere le criticità in sede di formulazione dei giudizi di sostenibilità sui singoli strumenti finanziari”, con l’ausilio di scoring ESG proprietari. Un altro punto nevralgico nel percorso evolutivo riguarderà poi le competenze ESG interne alle organizzazioni, che saranno raggiunte con l’introduzione di programmi di formazione integrati e personalizzati, e la collaborazione con università e centri di ricerca. Infine una trasformazione nel processo di consulenza comporterà un nuovo impegno in termini di profilazione del cliente, e la definizione di variabili ESG per la corretta costruzione di un portafoglio sostenibile.

Un ulteriore passaggio sarà l’investimento in piattaforme tecnologiche da parte delle società  per consentire l’adeguamento dei propri applicativi a supporto del business. L’inclusione e l’integrazione di considerazioni ESG nei processi di consulenza richiede, infatti, di disporre di sistemi IT dove tutte le informazioni chiave del cliente siano integrate con quelle dei prodotti disponibili e rese fruibili ai private banker in una modalità che consenta una profilazione avanzata, la costruzione di portafogli personalizzati e il continuo monitoraggio delle metriche economiche e di sostenibilità chiave definite.

Le evoluzioni da qui al 2025

L’indagine ha individuato infine tre percorsi evolutivi in ci si riflettono gli approcci e la rilevanza strategica che gli operatori vorranno dare alle tematiche di sostenibilità: leader, selezionatori e compliant (o conformi). I primi e i secondi saranno gli operatori che considerano strategiche le tematiche ESG, ma mentre i leader daranno vita a centri di competenza a servizio sia della distribuzione sia della produzione, i selezionatori svilupperanno competenze selettive nel limite delle capacità d’investimento che la scala di business può consentire per la valutazione e il monitoraggio dei singoli asset manager inclusi nella propria offerta, se sono distributori e, se operano lato prodotto, come asset manager forniranno alla distribuzione competenze e piattaforme a supporto. Infine i compliant saranno tutti gli operatori che, a prescindere dalla dimensione, non ritengono le tematiche di sostenibilità strategiche per il proprio modello di business e si limiteranno ad adeguarsi alle normative minimizzando gli investimenti.

La ricerca verrà presentata integralmente nel corso del XVII Forum del Private Banking AIPB, in programma, mercoledì 24 novembre.