In questa tavola rotonda abbiamo chiesto a Banca Mediolanum, BNL BNP Paribas Private Banking & Wealth Management, Cassa Nazionale Forense e DWS come si muovono di questi tempi sul campo minato della sostenibilità.
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In questa tavola rotonda abbiamo chiesto a Banca Mediolanum, BNL BNP Paribas Private Banking & Wealth Management, Cassa Nazionale Forense e DWS come si muovono di questi tempi sul campo minato della sostenibilità.
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Il regolamento europeo SFDR nasceva due anni fa per portare maggiore trasparenza al settore degli investimenti sostenibili e dare la possibilità agli investitori di poter scegliere con maggiore consapevolezza come investire. Con il passare del tempo le regole della normativa sono migliorate, irrigidendosi, e alla fine dello scorso anno diversi asset manager, che avevano inizialmente forzato il labeling SFDR attratti dal suo potenziale commerciale, si sono trovati a fare marcia indietro, declassificando i loro prodotti. Secondo dati Morningstar, da fine settembre 2022, sono 311 i fondi che hanno modificato la loro classificazione. La maggior parte di questi è stata declassata dall'articolo 9 all'articolo 8.
Il problema di adeguarsi al regolamento riguarda anche i fund selector, che spesso per valutare la sostenibilità degli investimenti oltre a valutare i risultati delle classificazioni devono rispondere a loro volta a standard interni. Trovandosi poi a rendere conto ai clienti del frutto di questa triangolazione. In questa tavola rotonda abbiamo chiesto a un asset manager e tre fund selector come si muovono di questi tempi sul campo minato della sostenibilità.
“Credo che il legislatore sia riuscito nell’impresa di rendere più partecipe il mercato al tema dell’investimento sostenibile”, chiarisce Ilaria D’Ascenzio, head of Strategy & Specialist, Sustainability Center di BNL BNP Paribas Private Banking & Wealth Management. “L'idea di identificare e classificare gli strumenti finanziari imponendo una classificazione (art.6, 8 o 9) ha spinto molti asset manager a rivedere le loro filosofie, in alcuni casi creando team di analisti interni che si occupano esclusivamente di ESG”. La SFDR è però una materia relativamente nuova e a volte i provider hanno fatto fatica. “Il risultato si è visto alla fine dell’anno”, continua l’esperta”, con prodotti che hanno perso le classificazioni di sostenibilità assegnate in precedenza. Chi fa fund selection subisce questi cambiamenti e a volte si trova in difficoltà, perché può essere difficile spiegare l’investimento sostenibile a clienti che possono ancora ritenerli solo una moda. In realtà gli investimenti sostenibili sono ormai un elemento imprescindibile e l'impianto normativo sta andando nella direzione giusta, assecondando un’esigenza che riguarda il nostro presente”. BNP Paribas, Gruppo che ha la sostenibilità al centro della sua strategia, si è dotata, in tempi non sospetti, prima della SFDR, di un rating proprietario che permette di attribuire un giudizio di sostenibilità sugli strumenti finanziari. Conclude D’Ascenzio: “Oggi stiamo lavorando per adattare questo nostro strumento interno alla nuova classificazione e decifrare le interpretazioni che i diversi asset manager hanno del concetto di sostenibilità”.
1/4La normativa ultimamente è diventata molto articolata e stringente e sono state date linee guida più chiare rispetto al passato. Prosegue Francesca Villa, responsabile monitoraggio e asset allocation di Banca Mediolanum: “Oggi è richiesta una maggiore trasparenza sull’interpretazione che gli asset manager hanno della sostenibilità. In Banca Mediolanum verifichiamo l’approccio delle società con questionari di due diligence, assegniamo dei punteggi alle risposte che otteniamo e facciamo le nostre valutazioni. Passiamo poi a un'analisi sul singolo fondo attraverso il rating ESG. Avendo anche noi una rete di vendita e un’offerta con prodotti nostri e prodotti di terzi, abbiamo scelto di non affidarci a un metodo di valutazione interno ma a un rating ESG fornito da un noto provider. Questo ci permette di comparare in maniera corretta i nostri fondi e i fondi di terzi, monitorando rating complessivo e guardando singolarmente i tre pilastri: quello ambientale, sociale e di governance. A breve sarà necessario fare un passo ulteriore con l'analisi PAI dei singoli prodotti articolo 8 e 9 e con la gestione del tema della tassonomia: alcune definizioni, infatti, non sono ancora chiare per tutti. Sarà una bella sfida”.
2/4Quando parliamo di ESG, sono specialmente gli investitori istituzionali a fare la differenza. Si unisce alla discussione Alessandra Festini, ESG specialist di Cassa Nazionale Forense: “Cassa forense nel 2019 ha aderito ad UN PRI e ha lanciato il progetto Investments for a Better World, un progetto che riflette i principi base dell’approccio alla sostenibilità degli investimenti, per poi implementarli anche in ragione della nuova normativa”. Si tratta di un approccio su due livelli, top down e bottom up. Prosegue Festini: “Il primo, strategico, in cui individuiamo gli obiettivi di lungo periodo degli investimenti e come framework di riferimento vengono utilizzati i 17 Goals dell'Agenda 2030 dell'ONU. Per l’approccio più operativo invece, il bottom up, utilizziamo una strategia best in class sui fondi già selezionati con un processo di investimento finanziario che analizza le variabili finanziarie appunto, quali track record, asset under management, rischio e rendimento. A questo punto interviene l’analisi ESG, per la quale utilizziamo un approccio olistico con tutte le controparti e valutiamo, da un punto di vista ESG, sia la società di gestione che i singoli fondi o ETF. Verifichiamo qual è il processo di investimento, come vengono inseriti i principi di sostenibilità all’interno degli investimenti e chiediamo conto ai gestori delle classificazioni articolo 6, 8 e 9 della SFDR. Questo non solo per conoscere l’inquadramento del fondo ma anche per capire quale sia il punto di vista del gestore evitando così, situazioni di green washing e impact washing”.
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Ma in che modo gli asset manager interpretano il tema della sostenibilità all'interno dei prodotti? Risponde Greta Guerrini, Passive Sales in Dws: “Come casa di gestione abbiamo diverse soluzioni ESG allo scopo di soddisfare la domanda proveniente inizialmente dagli investitori istituzionali e più di recente anche dai distributori. Nel caso dell’esposizione a indici azionari abbiamo sviluppato tre famiglie di prodotti che combinano in modo diverso criteri di esclusione, best-in-class e obiettivi di decarbonizzazione, lasciando al cliente la scelta dell’approccio che maggiormente soddisfa le proprie esigenze in ambito ESG”. Nel mondo obbligazionario, corporate investment grade, poiché è possibile dar vita a soluzioni molto integrate mantenendo lo stesso profilo di rischio-rendimento degli indici tradizionali, DWS sceglie “di adottare un unico approccio che da un lato adotta i criteri stringenti SRI di MSCI e dall’altro l’obiettivo di decarbonizzazione allineato all’accordo di Parigi (PAB)”, conclude Guerrini.
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