Shiller P/E Ratio, riflessioni sui livelli raggiunti prima del 2022

Finance
Raychel Sanner, Unsplash

L'indice Cape, chiamato anche Shiller P/E Ratio, è stato ideato dal premio Nobel Rober Shiller nel 2013. Lo scopo di questo indice era di valutare il surriscaldamento del sistema e gli eccessi che avrebbero potuto portare i mercati a bolle finanziarie. Questo indicatore dovrebbe misurare la bontà del prezzo dei titoli, se sono troppo cari o giustamente prezzati. L’equazione calcola il rapporto tra prezzo utile aggiustato ciclicamente dello S&P500. Come si vede nel grafico sotto, le due cifre più alte mai registrate dal rapporto Cape sono state nel 1929 e nel 2000, subito prima dei brutali mercati ribassisti. Picchi minori si sono verificati nel 1936, 1966, 1972 e 1987, ognuno dei quali è stato seguito anche da gravi perdite. Prima della discesa dei mercati dello scorso anno, l’indice misurava delle valutazioni ai livelli del black Tuesday del 1929.

Fonte Multpl.com. Morningstar.

Il più grande movimento registrato nella storia è stato con la crisi dei titoli tecnologici nel 2000, dove l’indice S&P ha dovuto attendere ben 13 anni per tornare ai precedenti livelli di valutazioni. 

Fonte: Google finance. Dati al 24 gennaio.

Dopo la crisi del 2008, le valutazioni erano scese per toccare un nuovo punto massimo nel 2022. La politica monetaria espansiva, in questi anni, ha fatto salire i prezzi dei titoli, soprattutto dopo la crisi pandemica.

Secondo Alessandro Tentori, CIO di AXA IM Italia, al momento ci troviamo a fronteggiare questo scenario: le Banche centrali drenano quella liquidità che tanto ha contribuito alle performance post Grande depressione. “La transizione da un mercato laminare a uno turbolento non è senza costi: essenzialmente riflettono la necessità di ribilanciamento dei portafogli al nuovo regime di inflazione e tassi di interesse. Ogni transizione comporta dei costi aggiuntivi, ogni transizione è turbolenta. Ma c’è anche un aspetto positivo. Una volta completata la transizione, cioè una volta ristabilito un equilibrio tra attività e passività (leggi: leva finanziaria) che soddisfi tutti, la transizione è da considerarsi completata e il mercato torna ad un regime laminare, rallenta”.

Anche secondo Johan Van Geeteruyen, CIO Fundamental Equity, DPAM, la liquidità è un fattore da prendere in considerazione. Dopo un decennio di abbondanza e di relativa calma dei mercati, la dura posizione delle Banche centrali sul controllo dell'inflazione è stata accompagnata da una maggiore volatilità. E più volatilità significa di solito meno liquidità. Il criterio della profondità del book di negoziazioni mostra che quasi nessuna operazione viene effettuata ai livelli bid/ask quotati, il che ha senso data l'estrema volatilità. Una recente analisi dell’FMI mostra inoltre che nelle ultime settimane gli indicatori di liquidità del mercato sono peggiorati in tutte le asset class. Ciò rappresenta, ovviamente, una grande sfida per le valutazioni. Sulla base di quanto analizzato, possiamo concludere che un calo a lungo termine dell'inflazione core è l'aspetto più importante da tenere d'occhio”, conclude.