"Noi siamo gestori attivi, pertanto concordo sul fatto che selettività, ricerca e analisi sono fondamentali quando si parla di small cap, anche perché sono storicamente poco seguite dagli analisti" commenta Antonio Trabocchi, gestore azionario di Wellington Management, che prosegue "A livello filosofico, presupponiamo che i valori azionari rispecchino la crescita degli utili, e se sul breve periodo il mercato riesce a intercettare le aspettative in modo abbastanza corretto, su un orizzonte di due-tre anni ci sono maggiori possibilità di errore". Secondo Trabocchi bisogna pertanto analizzare le diverse società da vicino ed essere selettivi da un punto di vista qualitativo, per avere maggiori opportunità di sovraperformare il mercato. "Le small cap sono percepite come cicliche e appartenenti soprattutto al settore industriale, caratterizzate da molta leva finanziaria ed estremamente domestiche. Eppure, sono anche aziende che tendono a esportare e di livello internazionale, se aspirano a dimensioni industriali di un certo livello. Noi ci focalizziamo molto sulla qualità, cerchiamo società ad alta innovazione, perché siamo convinti che sia la proprietà intellettuale a determinare la capacità di pricing, che ha difeso la crescita strutturale delle società in periodo di alta inflazione, proteggendo i margini, caratteristica indispensabile anche ora che ci dirigiamo verso un periodo di minore inflazione, che dovrebbe attestarsi intorno al 3-4%, ma non sparire del tutto".
Parlando di sostenibilità, secondo Trabocchi l'engagement è un punto importante. "Wellington dedica grande attenzione alla sostenibilità. Infatti, all’interno della nostra struttura composta da circa 50 analisti specializzati nei vari settori e asset class, abbiamo incluso anche analisti ESG. Questo ci permette di avere diversi angoli di analisi, e a breve dovremmo essere in grado di creare un rating ESG proprietario, che diventa ancora più importante quando si parla di small cap. Noi non siamo attivisti ma 'costruttivisti'" prosegue, "cerchiamo di interagire con i board. Anzi, a volte sono loro stessi a venire da noi per chiedere consigli su come adottare certe politiche. Pertanto, noi partiamo dal nostro focus ESG interno e poi teniamo conto della qualità dal punto di vista del business model e della gestione. Le aziende più virtuose sotto questi aspetti solitamente tendono a essere quelle anche con la maggiore attenzione verso la sostenibilità, perché guardano a orizzonti di più lungo periodo". Trabocchi ritiene che le small cap tendano a essere penalizzate dal punto di vista della reportistica ESG "da un lato per le minori risorse o per la minore attenzione da parte del top management, dall’altro per una maggiore disattenzione da parte delle stesse agenzie di rating, che danno priorità ad aziende di media e grande capitalizzazione. Il nostro team di analisi ha osservato che sull’indice MSCI World, il rating sostenibile delle aziende small cap era A o AA per circa il 58%, contro il circa 63% delle aziende large, questo significa che, se analizzate, non sono poi tanto differenti in termini di qualità della sostenibilità. Certo, c’era anche un 20% di aziende con rating C o CC, dovuto principalmente alla mancanza di reportistica. Ecco perché è ancora più importante essere attivi ed essere proprietari di informazioni. Infine" chiosa Trabocchi, "sul tema ESG vale la pena notare che le aziende europee sono all’avanguardia, magari anche perché esposte a megatrend sostenibili come l’elettrificazione della società, la digitalizzazione o l’invecchiamento della popolazione. Il focus della nostra ricerca è trovare small cap con esposizione a questi temi, perché danno tantissima crescita e opportunità di creare valore".
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