Ricerca e innovazione dei prodotti finanziari, cosa sta cambiando?

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Lo spirito degli investitori di oggi è diverso rispetto a dieci o quindici anni fa. Uno spirito sintetizzato come reazione alla globalizzazione che, guardando alle cifre, vede il commercio internazionale crescere in linea col PIL. “Una globalizzazione che da un lato progredisce, dall’altro gli effetti deflazionistici della stessa tendono ad abbassare i prezzi, e ancor più il livello della forza lavoro, e ciò crea malesseri”. È quanto afferma Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos SGR in occasione del “8º Forum Nazionale sulla Consulenza Finanziaria”, organizzato da Ascosim presso Palazzo Mezzanotte.

Nel suo intervento, l’esperto fa un’introduzione circa la situazione economica globale, partendo dal tema della deflazione. “Storicamente, dove c’è deflazione, seppur leggera, ci sono sempre state delle reazioni. L’opinione pubblica accetta la deflazione per periodi di tempo limitati, perché in seguito inizia una fase di rigetto, e lo si vede dal comportamento dei policy maker. In passato, il QE era attuato in generale dai Paesi emergenti, ora lo adottiamo anche noi”, sostiene.

Secondo Fugnoli, il contesto è positivo nel breve ma potrebbe divenire più problematico tra qualche anno. “Con i tassi al rialzo, siamo in un fase in cui le Banche centrali provano a valutare l’evolversi della situazione. Queste hanno un loro percorso, ma sono pronti a deviarlo nel caso l’economia aumenti eccessivamente. La crescita globale è prevista intorno al 4%, nel primo trimestre del 2018 si è aggirata intorno al 3%. La Fed continuerà col ritmo di un rialzo al trimestre, ma non è detto che manterrà tale velocità. In questa fase intermedia, si potrebbero quindi vedere le Borse provare a riprendersi e ad avvicinarsi ai massimi. A mio parere, è possibile che nel 2019 vi sia una classica fase di recessione benigna in cui la crescita si attesti attorno all’1%-1,5%, e se mercati fossero tornati sui massimi inizierebbero a porsi qualche domanda sulla motivazione del perché siano a quei livelli. Fasi in cui correzioni abbastanza benigne viste a inizio 2018 possono diventare più corpose il prossimo anno. È bene quindi attrezzarsi a scenari di questo tipo”, avverte lo strategist.

Ricerca e innovazione dei prodotti finanziari

Il tema si sposta in seguito sulla ricerca e l’innovazione dei prodotti finanziari e sulle novità sul mercato. Lo scorso anno i PIR sono stati senz’altro uno dei nuovi strumenti protagonisti, i quali hanno registrato una crescita notevole e quindi un’accoglienza importante da parte degli investitori, anche nuovi che si sono avvicinati al risparmio gestito. 

Ad aprire la round table sul tema è Marcello Chelli, referente Lyxor ETF per l’Italia, il quale sostiene che i PIR sono effettivamente stati uno strumento di successo anche nell’industria degli ETF. “Credo che fosse necessario inserire gli ETF nei PIR. Ci sono state due novità, la prima di carattere operativo, dato che con l’arrivo delle Circolari del MEF e dell’Agenzia delle Entrate è ora possibile accedere a questi strumenti, e in secondo luogo, finalmente, il consulente ha la possibilità di acquistare ETF PIR usufruendo dei benefici fiscali”, spiega il manager.

Fare quindi consulenza in modo attivo permettendo di sottoscrivere prodotti PIR a basso costo. In questo senso, MiFID II indica che il consulente, nel dare una raccomandazione al cliente, deve giustificare le relative motivazioni. 

Al netto degli obblighi e delle opportunità della normativa, sempre rimanendo in tema consulenza, quali sono gli effetti sui prodotti finanziari e sull’industria ETF? “Come industria ETF siamo uno dei pochi attori, se non l’unico, che da MiFID II ha ottenuto immediatamente dei benefici e non aggravi burocratici. Ne beneficiamo in maniera indiretta, perché la nuova direttiva pone l’accento sulla disclosure dei costi. Il tema dei costi è un problema per tutti gli investitori. La trasparenza di questi porterà una spinta verso prodotti a minor carico commissionale”, afferma il responsabile di Lyxor ETF, che aggiunge, “È possibile comprimere ulteriormente i costi degli ETF, ma bisogna lavorare sulla catena del valore di questi strumenti, ovvero sui costi degli indici. Crediamo che con un orizzonte temporale a tre anni gli ETF a bassissimo costo saranno di pari livello a quelli tradizionali”, dichiara.

Trasformare gli obblighi normativi in occasioni di business

Anche Marzotto SIM era presente al dibattito, società che ha sviluppato un’attività costituita da un ufficio studi e di ricerca indipendente. “Mai come ora l’applicazione di MiFID II assume un ruolo primario, che consente anche di ottemperare all’obbligo normativo e giustificare le decisioni di investimento con analisi approfondite e tracciabili. Non sempre chi svolge attività di consulenza ha tempo e specifiche competenze sulle varie asset class per riuscire a svolgere queste analisi. Il ruolo della ricerca finanziaria indipendente è importante sia a livello stategico sia a livello normativo. La possibilità di allineare l’interesse di consulenti e clienti, e tirare fuori la scelta migliore di mercato per le esigenze finanziarie sul portafoglio del cliente”, spiega Alfonso Maglio, portfolio manager della SIM.

“Il cliente prediligerà consigli di investimento genuini e il consulente tenderà quindi ad ascoltarlo per offrirgli una scelta a valore aggiunto. Noi studiamo quello che il consulente chiede, ed è lui poi a trasmetterlo al ciente finale. Siamo una SIM di gestione della negoziazione, oltre alla gestione delle SICAV patrimoniali standardizzate e personalizzate, e stiamo spingendo su un servizio di consulenza orientato alla clientela professionale”. Ma com’è svolto questo servizio? Il manager spiega come questo venga sviluppato tramite l’offerta di servizi fondamentali: “l’iniziativa dell’ufficio studi è volta ai consulenti indipendenti anche tramite la cessione di un software che funzionava già bene in passato ed è MiFID compliant. Un software costituito da dieci algoritmi che individuano il rischio specifico sia a livello di titolo che di portafoglio, il tutto in maniera dinamica”.

Smart beta ed ESG, accoppiata vincente

Vincenzo Sagone, head of ETF, Indexing & Smart Beta Business Unit di Amundi SGR, sostiene come l’innovazione faccia direttamente riferimento agli ETF provider. “Questo perché ci siamo dati uno scopo. L’innovazione non è strutturazione di un prodotto, ma riuscire ad offrire una piattaforma completa. Noi provider della gestione passiva abbiamo come obiettivo finale quello di riuscire ad investire un portafoglio totalmente equilibrato in ETF. Quello che si vedrà in futuro è colmare tutte le mancanze nelle asset class non ancora coperte da questi prodotti. Pian piano siamo arrivati ai PIR, alle commodities e agli ETF a tasso variabile. Ultimamente guardiamo anche alle tematiche smart beta ed ESG”, afferma Sagone.

Per il manager, quando si parla di smart beta ci si riferisce a una nuova strategia, non ai singoli ETF. Un nuovo modo per costruire il portafoglio. “Il tema è diviso in due componenti: i factor e i multi-factor. Investire nei single factor, per Amundi, vuol dire generare un investimento singolo come value, momentum, low volatility e quality. Un nuovo modo per raggruppare i titoli di un indice. Un nostro studio svolto su un intervallo temporale di 15 anni (dal 2002 al 2017) mostra come l’investimento in uno di questi singoli fattori avrebbe comunque sovraperformato il mercato. Per noi riuscire a fare asset allocation utilizzando fattori smart beta risulta quindi un valore aggiunto”. 

Per quanto riguarda i multi-factor, l’esperto spiega come questi siano degli ETF che tolgono l’onere di scegliere quali fattori inserire in portafoglio, un index provider con idee proprie di asset allocation. “Alcuni operatori li reputano allo stesso tempo semi attivi (perché generano alpha) e semi passivi (per via dei costi), in realtà investendo in fattori c’è un premio a rischio che viene remunerato”. 

Un ulteriore studio svolto da Banor SIM con il Politecnico di Milano riguarda invece il tema ESG, mostrando come le società quotate con un profilo social responsible abbiano avuto tendenzialmente performance borsistiche migliori rispetto ad altre. “In realtà, i prodotti ESG esistono da tanto tempo, ma è anche vero che negli ultimi due anni anche il problema del surriscaldamento globale è stato complice di questo successo”.

Il messaggio è chiaro. Investire secondo criteri ESG non significa rinunciare a qualcosa per essere etici, ma porre un filtro di qualità sul basket di scelta. “Come dimostra lo studio, statisticamente, con investimenti di questo tipo i rendimenti dell’indice migliorano. È un report interessante perché pone diversi filtri ESG sempre più stringenti, e si nota che più lo sono meglio performa l’indice. Ovviamente c’è un tema umano ed etico, ma vi è anche un senso finanziario, anzi ce l’ha di più”, dichiara Sagone.

L’ETF come forma di intelligenza artificiale

Infine, Massimo Siano, executive director – head of Southern Europe di ETF Securities (UK) Limited, parte da una premessa: “Noi ETF provider siamo soggetti passivi, e se noi siamo passivi chi sceglie di investire sui nostri prodotti è quindi un soggetto attivo. Il nostro compito è quello di essere creativi, quindi il consulente deve essere intelligente nel selezionare uno strumento creativo e convogliarlo in portafoglio. Consigliare qualcosa senza essere a conoscenza del rischio dell’investitore è sbagliato”, sostiene l’esperto, che dà un’opinione sull’attuale situazione globale, con particolare focus sulle commodities. “A parte la critica situazione italiana, il mondo va avanti e anche molto bene. La Germania ha un tasso di disoccupazione pari al 3,6%, gli USA intorno al 4%, l’Europa va bene anche nell’export, oltre che nell’occupazione, ecc., e questo è un segnale positivo per le commodities cicliche, quindi petrolio e metalli industriali”.

Ma gli ETF possono essere delle forme di intelligenza artificiale? “Noi ETF provider offriamo circa 1000 ETF, ma i più venduti sono solo un centinaio. I consulenti sono a un bivio, perché oggi bisogna informarsi e diventare più intelligenti. Noi provider possiamo diventare più intelligenti artificialmente ma sono poi i consulenti a dover capire se ciò che facciamo è soltanto marketing. Su una gamma di 300-400 ETF, il nostro compito è quello di cercare di selezionare l’ETF che io stesso comprerei per il mio portafoglio, e adattarlo alle esigenze del cliente. Cosa farei io da adesso a fine anno? Personalmente credo che la situazione attuale veda l’Europa, i mercati emergenti e gli Stati Uniti in un contesto positivo, quindi acquisterei ETF long, e non investirei in UK e Italia”, conclude Siano.