Consulenza indipendente, lo scarto fra potenza e atto nel panorama italiano

Ross Findon, Unsplash
Ross Findon, Unsplash

“Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna la consulenza indipendente è partita come servizio di nicchia riservato alla fascia più alta di clientela. Cambi regolamentari e evoluzione di mercato hanno poi determinato un allargamento della base di utenti e una sostanziale democratizzazione di questa forma di advisory”. “La stessa cosa potrebbe accadere anche in Italia”, sottolinea Nicola Ronchetti, fondatore di Finer, che in occasione del FeeOnly Summit di Verona organizzato da Consultique SCF ha presentato una serie di dati significativi per comprendere lo scenario attuale e le direttrici di sviluppo della consulenza indipendente in Italia.

Tra il dire e il fare

“Da indagini che abbiamo svolto nel corso del 2019 emerge come l’89% della clientela High Net Worth Individual si dichiari interessata a servizi di consulenza indipendente, percentuale che scende al 67% per quanto riguarda la clientela private”, spiega Ronchetti, facendo notare come sia però già riscontrabile un movimento di avvicinamento al concetto di FeeOnly. “A tale potenzialità”, afferma inoltre Ronchetti, “non fa ancora da contraltare una corrispondente diffusione nel Paese”. Gli elementi che costituiscono un freno da parte dei consulenti stessi, come emerso dalla due giorni di Verona, sono la complessità burocratica, la natura storicamente banco-centrica del sistema italiano e il percepito dei clienti che, in particolare nel segmento affluent, faticano ad associare al servizio di consulenza un valore da corrispondere in modo diretto ai professionisti del settore.

Evoluzione della specie

Particolarmente interessante un dato che riguarda la propensione dei consulenti italiani ad operare le scelte di prodotto nell’ambito della relazione con il cliente a prescindere dalla ricerca di un’assistenza da parte della mandante. Da notare la traiettoria di questo dato nel tempo, sottolineata dal fondatore di Finer nel corso del suo intervento. Se nel 2007 il 76% dei consulenti dichiarava di fare affidamento alla selezione prodotti della mandante a fronte di un 24% operante in autonomia, oggi “solo” il 31% conferma la centralità dell’appoggio della struttura di rete contro un 69% del campione che “decide di testa sua”, sintetizza Ronchetti. Un’inversione avvenuta ad inizio 2016 e confermata negli anni successivi che potrebbe significare un’evoluzione dello scenario della consulenza italiana in una direzione affine a quella tematizzata nel corso del FeeOnly Summit di Verona.

“Ci troviamo in una società liquida in cui le opportunità di mettere in discussione i vecchi paradigmi e cercare nuove vie non mancano”, afferma Ronchetti. “In epoca di tassi a zero”, prosegue, “i nuovi mantra visibili nello scenario sono economia reale, sostenibilità e proprio consulenza indipendente”. “Il tempo dirà se la consulenza indipendente è destinata a rimanere un servizio per pochi eletti finanziariamente evoluti e per le imprese o diventerà accessibile ai più”, conclude.