Il senior portofolio manager del VC Santander Climate Fund spiega, in questa intervista a FundsPeople, le potenzialità della transizione energetica anche nell’universo del venture capital.
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Quello della transizione energetica è un tema che si è imposto all’attenzione dell’opinione pubblica soprattutto negli ultimi tre-cinque anni. Infatti, gli effetti della crisi e del cambiamento climatico riguardando la quotidianità di molti cittadini in giro per il mondo. Proprio per questo, anche la finanza gioca in questo campo un ruolo attivo e fondamentale.
“Se si guarda a livello storico e andando indietro nel tempo si noterà come, alcuni eventi come la grande depressione del 1929 hanno cambiato il mondo di pensare. Si è passati dal focus sui soli ritorni all’attenzione verso il rapporto rischio/rendimento”, esordisce così Giovanni Bologna, senior portfolio manager del VC Santander InnoEnergy Climate Fund, iniziativa lanciata da Santander Alternative Investments ed InnoEnergy.
Arrivando ai giorni nostri, l’altro grande ambimento che l’esperto segnala è quello dell’impact investing. “Non solo rendimento dunque ma anche badare all’impatto sulla società del singolo investimento, per noi far funzionare questa equazione rappresenta una grande sfida, potrei dire la più importante”, prosegue Bologna. Si pensi ad esempio all’evoluzione della normativa negli ultimi anni, con l’SFDR a livello europeo che ha interessato tutti, dalla società finanziaria agli stakeholder, per questo “serve un impegno collettivo e internazionale affinché tutti lavorino nella stessa direzione per farla funzionare”.
L’ormai celebre acronimo ESG mette al centro alcune questioni come il clima (ambiente), la parte social e la governance. La prima, secondo l’esperto, potrebbe essere percepita come la più urgente poiché, come si accennava prima, gli effetti sono evidenti nella vita di tutti i giorni, basti pensare ai fenomeni atmosferici straordinari verificatisi negli ultimi anni. “Oggi per fortuna si investe molto di più nella transizione climatica rispetto a 5-10 anni fa, grazie a da una parte la regolamentazione ed il talento (tecnologie), dall’altra la sempre crescente domanda di questa tipologia di prodotti”.
Le istanze relative ai parametri di sostenibilità non sono soltanto appannaggio dell’universo dei mercati pubblici ma anche di quelli privati. Non senza qualche difficoltà in più. “Come noto, i mercati pubblici dispongono di più dati e più numeri su cui ragionare e poter prendere decisioni. Nel venture capital, soprattutto in early-stage, abbiamo fisiologicamente meno in informazioni sulle compagnie che analizziamo, i team delle start-ups sono spesso molto ridotti ed il loro principale obiettivo è “sopravvivere”, spesso a discapito di una perfetta integrazione degli elementi ESG nella loro azienda. Questo non significa che le start-ups siano giustificate a non compiere i criteri formali in materia ESG, anzi. Ed è proprio qui che i fondi VC devono giocare ulteriore ruolo: quello di cercare di creare “best-practices” e di inculcare alle start-ups un senso di responsabilità in materia ESG.
La strategia
Guardando più al di dentro del Santander InnoEnergy Climate Fund di Santander Alternative Investments si noterà che al fondo al momento è stato attribuito l’articolo 8 secondo l’SFDR. “La ragione di questo approccio piú conservativo sta nella difficoltà del definire e quantificare chiaramente gli obiettivi di sostenibilità quando si investe in compagnie early-stage, che spesso si trovano ancora in fase di sviluppo tecnologico. L’art. 8 ci permette di sviluppare KPIs in materia di ESG ad hoc per le differenti aziende in cui investiamo, potendo poi eventualmente passare ad essere art. 9 in futuro”, commenta l’esperto.
La filosofia di questo fondo si basa sull’ investire in società early stage che si occupano della transizione energetica. La forza di questa strategia è poter contare su due grandi gruppi “da una parte Santader Alternative Investments, con più di €2bn committed in fondi di infrastruttura, direct lending, trade finance, real estate e venture capital, e, avendo dunque alle spalle la solidità ed il network di un grande gruppo finanziario; dall’altra parte c’è InnoEnergy, un acceleratore e investitore pre-seed e seed di questo tipo di società che è riuscita a creare uno straordinario ecosistema di aziende e modelli in fatto di transizione energetica su tutto il territorio europeo”, dice Bologna. In sostanza, InnoEnergy rappresenta uno de principali dealflow providers di Santander InnoEnergy Climate Fund, offrendo al team anche supporto dal punto di vista dell’analisi tecnico delle opportunità d’investimento, così da poter allo stesso tempo approfondire ed accelerare il processo di analisi.
“Come dicevo investiamo in società early stage (Seed a Series B) che operino nell’ambito della transizione energetica, in settori che vanno dalla circular economy, allo stoccaggio (per esempio, batterie), elettrificazione di veicoli, smart grids, efficienza energetica sino ad argo-tech, (per esempio, fertilizzanti sostenibili). Si tratta dunque di un ampio spettro settoriale in cui il fondo realizzerà investimenti, mediante la partecipazione in 25- 30 società cercando di diversificare il più possibile il nostro portafoglio”, spiega il portfolio manager.
In conclusione, Bologna spiega come fino a questo momento abbiano formalizzato sei investimenti in settori come ad esempio lo spazio (costellazioni di nano satelliti), motori elettrici per imbarcazioni da diporto, colonnine di ricarica per veicoli elettrici sino a fusione nucleare. “Non ci limitiamo soltanto a soluzioni Software ma anche e soprattutto a quelle Hardware; questo è un aspetto che ci differenzia da strategie a noi similari. Infine, possiamo disporre di un comitato ESG separato rispetto al comitato di investimento (business), e questo ci permette di analizzare le opportunità in maniera ancora più dettagliata, curando aspetti non sempre relazionati con il core business delle aziende, ma non per questo non meno importanti”, chiosa.