Incontrato da FundsPeople, l’head of Generali Multi Manager Solutions fa il punto sulla particolarità della selezione in ambito assicurativo che, dato il settore, impone una relazione di lungo periodo col gestore.
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Incontrato da FundsPeople, l’head of Generali Multi Manager Solutions fa il punto sulla particolarità della selezione in ambito assicurativo che, dato il settore, impone una relazione di lungo periodo col gestore.
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Uno spostamento di prospettiva. Non tanto il focus sul prodotto, sul fondo in sé, quanto sull’asset manager. È quanto richiama Daniele Fontanili nel mettere a fuoco i contorni dell’attività di fund selection svolta dal team di Generali Asset & Wealth Management. Inizialmente, afferma il professionista, si parlava addirittura di “asset manager selection”. E a giustificare la rilevanza del gestore è l’ambito stesso in cui opera il team che, sotto la responsabilità di Filippo Casagrande, head of insurance investment solutions di Generali A&WM, e la guida di Fontanili in qualità di senior investment manager, vede tra le sue fila due giovani professionisti, Gianluca Michienzi e Sofia Righetti (già incontrati da FundsPeople in occasione dell’approfondimento dedicato alle nuove leve della selezione italiana).
“La nostra attività di selezione si concentra sulle compagnie assicurative”, precisa Fontanili, e si concretizza, nella maggior parte dei casi, nella strutturazione di “fondi dedicati al Gruppo”. Di conseguenza “selezioniamo un asset manager per una strategia specifica e, in seguito, istituiamo noi un fondo. Questo ci mette nella posizione di dare maggiore importanza alla capability del singolo asset manager che del singolo prodotto”.
Il rapporto col gestore diventa, dunque, prioritario e quasi “propedeutico” all’esercizio della selezione stessa. Dato il campo di azione, quello assicurativo, d’altronde, “si parla di una relazione necessariamente di lungo periodo, anche per motivi di funzionalità. Il team è ristretto, agile, “e operando in un perimetro molto grande (quello del gruppo), non abbiamo stabilito un’organizzazione verticale per asset class, come accade in altri team, ma tutti sono in grado di attivarsi su diverse strategie”, specifica Fontanili. Qui la relazione di lungo corso con i partner si concretizza anche in maniera funzionale: “Gli asset manager possono anche fornire servizi ancillari che non riusciamo a coprire internamente, con un supporto quasi consulenziale (ad esempio sulle ricerche)”.
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Anche la selezione si confronta in maniera contingente con la tipologia del cliente servito. “Può diventare più ‘light’ o approfondita a seconda della complessità della strategia e all’ammontare investito”, afferma Fontanili. Di base, rimarca l’esperto, “è un processo molto strutturato e parte da input macro e di asset allocation decisi a monte. L’attività del team, infatti, rappresenta uno step nella ‘catena di valore’ dell’investimento del Gruppo. Certo, noi contribuiamo alla definizione della strategia, ma una volta ‘individuata la direzione’ siamo quelli che indentificano l’asset manager specifico in base alle necessità indicate dalla compagnia”. Fontanili chiarisce come la maggior parte degli asset del gruppo siano “gestiti internamente con un’attività di portfolio management”. Nel tempo, tuttavia, si è assistito a un aumento sia nel numero dei fondi, sia nel numero degli asset manager interni ed esterni, “e questo ha determinato, soprattutto nel periodo compreso tra il 2014 e il 2021, un accrescimento dell’importanza della selezione, dal momento che il contesto di mercato richiedeva una strategia di portafoglio che garantisse un incremento di redditività e diversificazione”.
Qui si inserisce una valutazione legata al “cambio di contesto” in cui operano i professionisti della selezione. Il manager cita, a questo proposito, l’esempio dei fondi liquid alternative (già richiamati da Casagrande): “Negli ultimi due anni abbiamo iniziato a proporre queste strategie ai nostri clienti anche per introdurre alternative di portafoglio che andassero oltre la tipica allocazione 60-40 (un 60% obbligazionario e un 40% azionario) che, storicamente, tende a sottoperformare quando c’è inflazione”. Il processo di selezione segue poi gli step “tipici” della due diligence degli investimenti: qualitativa, quantitativa, ESG, “ma il nostro caso peculiare ci porta anche a guardare e valutare le metriche tipiche di una compagnia assicurativa, quindi l’assorbimento di capitale nella strategia, la liquidità, il rischio credito. Abbiamo un processo sia di investimento sia assicurativo”, sintetizza. La “customizzazione”, dunque, diventa “un punto fondamentale nella nostra attività”.
2/4C’è poi, come anticipato, la selezione di tipo ESG. “La sostenibilità è uno dei pillar della strategia di Generali”, rimarca Fontanili ricordando come la società sia anche firmataria della Net Zero Insurance Alliance (NZIA, l’alleanza delle assicurazioni per il net zero, che rientra sotto l’ombrello della United Nations Environment Programme Finance Initiative – UnepFi). “Anche alla luce della nostra adesione all’iniziativa Onu abbiamo introdotto un framework di criteri minimi di selezione in ambito ESG molto strutturati e che richiedono una due diligence ESG da parte del nostro team sia sull’asset manager sia sulla strategia e il fondo che andiamo a selezionare”. La normativa è ancora in fase di definizione, certo, “e sicuramente migliorerà, ma un investitore come noi è molto soggetto alla discrezionalità con cui ogni asset manager decide di approcciare il tema”. Per questo motivo la selezione ESG operata dalla società si affianca alla richiesta di “requisiti minimi indipendentemente dalla categorizzazione ESG di un fondo (sia esso articolo 6,8 o 9)”. Tra i requisiti c’è l’iscrizione ai Principi di investimento responsabile (PRI) delle Nazioni unite, “la presenza di sustainability policy che tengano conto del climate change, oppure principi similari o assimilabili a quelli del Gruppo Generali”. Il professionista parla di una sorta di “moral suasion” operata nei confronti dell’industria “per portarla alle best practice interne che Generali applica nel mercato. L’idea generale è che asset owner e asset manager siano portatori di cambiamento, ma noi facciamo uno passo in più, operiamo un processo di engagement dei gestori che non sia allineano ai nostri principi per farli allineare”.
3/4In prospettiva le opportunità individuate dal fund selector su un mercato che, negli ultimi mesi, “è cambiato molto”, vanno a puntare sul credito. “La parte investment grade è quella un po’ più sicura nel momento in cui ci si attende una recessione (per quanto contenuta)”, afferma, mentre alla luce di tassi di default attesi in salita le società high yield saranno più impattate. “Continuiamo a vedere con molto favore la parte liquid alternative, perché vogliamo dotare il portafoglio di Gruppo di strategie poco correlate sia al mercato stesso sia alle altre componenti di portafoglio”. In conclusione, prosegue l’orientamento verso strategie market neutral, macro oriented, CTA, e tutte le strategie che offrono una diversificazione molto alta e allo stesso tempo offrono profili di rendimento idiosincratico che è difficile trovare sul mercato”.
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