Geopolitica, recessione e politica monetaria. Ecco cosa spaventa gli investitori italiani

Futuro
Emile Guillemot (Unsplash)

Conflitti geopolitici, recessione globale ed errori di politica monetaria. Sono questi gli elementi che più preoccupano gli investitori professionali in Italia da qui ai prossimi 12 mesi. italiani ha rivelato che quasi due terzi (65%) A rivelarlo è un recente sondaggio commissionato da WisdomTree e condotto dall’agenzia di ricerca indipendente CoreData Research, che ha interpellato 600 investitori professionali in tutta Europa (responsabili di circa 710 miliardi di euro di asset in gestione) e che fanno parte di società di consulenza finanziaria wholesale, gestori patrimoniali e family office.

Il primo fattore, quello legato alla geopolitica è stato segnalato da quasi due terzi (65%) degli intervistati. Una recessione globale risulta al secondo posto con il 61% e gli errori di politica monetaria al terzo con il 52% degli intervistati.

“La guerra in Ucraina rimane in primo piano per molti investitori e la potenziale escalation delle tensioni tra Cina e Taiwan aggrava il già incerto scenario geopolitico. I venti contrari che i portafogli devono sfidare quest’anno sono sembrati implacabili e, senza chiarezza su quanto dureranno i rischi, gli investitori dovranno prepararsi a maggiori incertezze" ha spiegato Nitesh Shah, head of Commodities & Macroeconomic Research, Europa di WisdomTree. "Questi ultimi però non amano l’incertezza, quindi il sentiment è decisamente avverso al rischio in questo momento, le banche centrali cercano di frenare l’inflazione e i governi tentano di stimolare la crescita economica e di affrontare le tensioni geopolitiche e il conflitto” prosegue.

Inoltre l’indagine rivela che la maggior parte degli investitori professionali italiani (69%) prevede che l’inflazione raggiungerà il picco prima di dicembre 2022. Del 29% che crede invece che il picco arriverà nel 2023, il 23% ritiene sarà entro marzo. Il 79% pensa sia possibile che l’inflazione in tutta l’Unione europea (UE) tocchi un picco compreso tra l’8 e il 9,9%. In risposta, quasi un terzo degli investitori professionali italiani (31%) è convinto che i tassi d’interesse della Banca centrale europea si attesteranno al 2,5% o su una percentuale più alta fra un anno.

Stando ai dati del sondaggio, non sorprende che le preoccupazioni per il contesto macroeconomico e geopolitico si riflettano nella propensione al rischio dei clienti. Negli ultimi 12 mesi, oltre la metà (54%) dei clienti in Italia ha ridotto la propria propensione al rischio, sebbene oltre un terzo (38%) si senta ancora a proprio agio con lo stesso livello di rischio.

"Ci sono ancora strumenti che gli investitori possono utilizzare per cercare protezione dai ribassi, superare la tempesta e crescere nel lungo periodo. Le società di alta qualità, con un’elevata redditività combinata con solide credenziali di pagamento dei dividendi, sembrano essere quelle più adatte allo scopo” commenta Pierre Debru, head of Quantitative Research & Multi Asset Solutions, Europa di WisdomTree.

Riallocazione di portafoglio

La volatilità e l'inflazione spaventano a tal punto che gli investitori hanno deciso di rivedere le proprie allocazioni di portafoglio. Per prepararsi a un ulteriore aumento dell’inflazione, tre quarti (75%) degli investitori professionali italiani intende allocare o ha già allocato gli asset sul segmento azionario. Una percentuale superiore se comparata a quella fatta registrare dagli asset storicamente considerati i più adatti per una copertura contro l’inflazione, come l’oro (23%), un ampio paniere di materie prime (32%) e le obbligazioni indicizzate all’inflazione (64%).

Secondo quanto emerso dal sondaggio, tra coloro che investono già in materie prime (65%), quasi 8 su 10 (78%) lo fanno a scopo di diversificazione e il 49% come copertura dall’inflazione.

Infine, nonostante il difficile contesto economico, il 77% degli investitori professionali italiani prevede di rafforzare le allocazioni in strategie d’investimento focalizzate sui criteri ESG nei prossimi 12 mesi. Va però sottolineato che, se l’inflazione dovesse rimanere persistentemente elevata, il 77% del campione afferma che prenderebbe in considerazione di abbandonare le partecipazioni ESG a favore di strategie che storicamente abbiano costituito una copertura contro l’inflazione stessa.