Immobiliare, per otto italiani su dieci è ancora un porto sicuro

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Breno Assis (Unsplash)

Per otto italiani su 10 il mattone continua a essere un porto sicuro. È quanto emerge dalla ricerca condotta da Nomisma per T. Rowe Price, su un campione rappresentativo di famiglie residenti fra Milano, Roma, Napoli e altre province d’Italia. La ricerca è stata presentata durante a conferenza “Cedola vs mattone: dove va la vera redditività”, in occasione della tredicesima edizione del Salone del Risparmio.

Le principali evidenze

In particolare, per il 48% degli intervistati l’acquisto di una casa è sempre un investimento conveniente da fare, mentre il 36% è convinto che sia meglio l’acquisto di un immobile da destinare all’affitto e il 39% che le rendite da immobili garantiscano sempre un ritorno economico sicuro. Inoltre, fra gli italiani che possiedono case date in affitto, il 38% si dichiara soddisfatto della rendita percepita e il 31% è molto soddisfatto.

Questi dati non stupiscono se si pensa che, secondo una fotografia di Banca d’Italia, il 53% della ricchezza netta di una famiglia media italiana è immobiliare abitativa: il 70,5% degli italiani possiede la prima casa e il 13,5% ne possiede almeno una seconda.

La prima casa e le criticità

"La casa molte volte è considerata come un salvagente in caso di difficoltà, quindi, dovrebbe essere considerata un asset patrimoniale, non soltanto il luogo in cui si vive", sottolinea Donato Savatteri, head of Southern Europe di T. Rowe Price.

Altri dati dalla ricerca fanno emergere che il 56% di chi acquista un immobile intende utilizzarlo come prima casa. Ma chi ha intenzione di acquistare una casa per investimento, da affittare a terzi, lo fa soprattutto per percepire un reddito aggiuntivo. Inoltre, più di sei italiani su dieci che hanno intenzione di acquistare un immobile per investimento sono inoltre fiduciosi di riuscire a recuperare il capitale iniziale investito.

Eppure non mancano i rischi. Come, ad esempio, l’introduzione di nuove leggi e regolamenti si veda le norme contro lo spopolamento dei centri storici a Parigi per scoraggiare gli affitti brevi. L’immobiliare resta, infine, un investimento non immediatamente liquidabile – per il 41% del campione ci vogliono più di 6 mesi per vendere – oltre ad essere esposto al rischio dei tassi di interesse se l’acquisto è effettuato grazie a un mutuo.

Il caso Milano

Lo studio condotto da T. Rowe Price e Nomisma evidenzia inoltre che, negli ultimi dieci anni, solo la piazza di Milano ha visto l’immobiliare in forte crescita. Lo stesso non si può dire di altre città come Roma e Napoli che, pur in recupero, restano lontani dalle quotazioni del 2012.

"Per investire con soddisfazione nell’immobiliare occorre acquistare nei grandi centri economici che crescono o nelle città d’arte perché tutto il resto è esposto a rischi, non ultimo quello demografico che è una considerazione che chi compra oggi non tiene in conto", ha commentato Luca Dondi, CEO di Nomisma.

Come ampiamente noto anche dalle cronache dei giornali, Milano è una città che cresce 4-5 volte quanto cresce l’Italia e che attira investimenti esteri, tenendo alte le quotazioni.

In conclusione, nonostante il grande interesse per il mercato immobiliare non sia una sorpresa questo "andrebbe considerato all’interno di un portafoglio diversificato assieme ad altri strumenti del mercato mobiliare", prosegue Savatteri. "In questo contesto, l’investimento nei fondi obbligazionari a cedola può risultare sinergico a quello immobiliare, rivelandosi particolarmente adatto proprio ad un portafoglio sbilanciato sul mattonecome quello fotografato dallo studio, dove gli immobili pesano mediamente per il 55% del patrimonio”, chiosa l'esperto.