L'impermeabilità dei mercati

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foto: autor Simona Z

“Neppure le immagini provenienti dalla Catalogna (e il seguente muro contro muro tra Barcellona e Madrid) e lo spostamento a destra del baricentro politico dell’Europa centro settentrionale sono riusciti a intaccare il mantra positivo che pervade gli investitori da diversi mesi” commentano da Fondaco SGR. “I mercati azionari, e le classi di attività rischiose in generale, proseguono il loro percorso di graduale ma apparentemente inesorabile crescita mentre la relativa stabilità dei tassi di interesse limita la volatilità di quelle obbligazionarie”.

Lo scorso venerdì la Catalogna ha proclamato l'indipendeza e la Borsa di Madrid ha chiuso con una perdita di 1,45%. Il Ftse MIB ha chiuso in rosso (-0,62%) l'ultima seduta di una settimana decisamente intensa, in controtendenza rispetto ai listini delle altre principali piazze europee (Cac40 +0,71%, Dax30 +0,64%, Ftse100 +0,25%).  Di fronte ai maggiori eventi politici che si sono succeduti negli ultimi mesi in Europa, i mercati hanno mediamente reagito con perdite contenute nell’ordine del 2-3% il primo giorno per poi recuperare sempre nelle sedute successive.

Le più recenti trentotto crisi geopolitiche (all’epoca dei fatti di piazza Tienanmen, la Borsa è scesa del 22% la prima seduta e ha poi ripreso il valore iniziale dopo sei mesi, mentre l’invasione dell’Iraq è stata recuperata in una settimana) che hanno interessato i mercati a livello globale hanno infatti registrato perdite solo nelle prime tre sedute successive all’evento, tutte poi recuperate abbastanza velocemente. "L’impermeabilità dei mercati finanziari a questi eventi dunque non è un elemento di novità. Ciò che rappresenta il vero segnale di rottura rispetto a quanto accaduto in passato è che a rappresentare un nuovo focolaio di instabilità non sono più i Paesi più lontani come il Venezuela, la Cina o la Russia ma l’Europa stessa", commentano gli esperti presenti al XVI Pan European Banking Meeting.  

Luigi Belluti, presidente di Assiom Forex, ha sottolineato come “i  mercati sembrano anestetizzati dall’eccesso di liquidità (1,8 trillioni di euro di eccesso) e probabilmente tutti i players stanno ancora parcheggiando questa liquidità in titoli di Stato europei. Nonostante gli shock esogeni registrati, c’è una sorta di resilienza prolungata a qualsiasi notizia, anche positiva. In questo momento il mercato non sta inglobando il rischio politico, compreso quello che corre l’Italia in vista delle prossime elezioni, incluso quello di un governo forzatamente di coalizione che dovrà implementare le riforme strutturali. 

Per Paolo Magri, vicepresidente esecutivo ISPI, “usciamo da fattori che hanno sfibrato l’opinione pubblica, che ormai abbandona le famiglie dei conservatori e dei progressisti che in ogni Paese governavano stabili. Rispetto a quel mondo il populismo di oggi in realtà è un movimento anti-sistema, la gente non è più contenta delle risposte che la politica ha saputo dare”.  In una logica anti-establishment, la finanza e i mercati vengono percepiti come parte del mondo contro il quale ci si muove. “Quando i mercati parlano dei costi della Brexit”, aggiunge Magri “gli elettori inglesi non ascoltano queste indicazioni. Non le seguono perché si muovono in direzioni diverse e vedono quelle voci come voci del sistema.”

Quali potrebbero essere i temi sottovalutati nel prossimo futuro?
Quali le crisi che si stanno muovendo sotto traccia? “Sono più spaventato da un cigno nero in ambito tecnologico” chiosa Magri “ovvero qualcosa di davvero disruptive come un cyber attacco come impatto sui mercati, che non per le crisi politiche attualmente aperte”. Quando c’è veramente, l’instabilità politica ha dei costi. Il primo effetto è il rinvio degli investimenti aziendali. Secondo uno studio effettuato attraverso un lavoro statistico molto accurato con un campione di 48 Paesi presi in esame in un periodo di venticinque anni (1980-2005), nell’anno delle elezioni le imprese riducono del 5% gli investimenti e la riduzione è più pronunciata quando l’esito delle elezioni è meno prevedibile. Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, in ulteriore rialzo rispetto a tre mesi fa, rappresentano un secondo elemento di novità.