I breakeven hanno recuperato terreno, anche se in Europa sono lontani dallo scontare il raggiungimento del target di inflazione, mentre il mercato britannico sconta un’inflazione superiore all’obiettivo.
Per accedere a questo contenuto
Quest’anno i trend dell’inflazione dei diversi Paesi sviluppati sono destinati a divergere fra di loro in quanto alcuni Paesi vanno incontro a una reale pressione sui prezzi, mentre per altri l’attuale aumento dell’inflazione potrebbe essere solo frutto della ripresa dei prezzi del petrolio.
In Gran Bretagna, il trend di accelerazione dell’inflazione dovrebbe continuare, e molto probabilmente supererà il target del 2%. Un aumento dell’inflazione al di sopra del target potrebbe avere delle ripercussioni sulla politica monetaria della BoE, in quanto in uno scenario con l’inflazione in aumento e un mercato del lavoro rigido, la BoE non potrà optare per un allentamento della sua politica monetaria. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, l’economia americana è vicina alla piena occupazione, le riforme economiche e fiscali di Trump porteranno ad un incremento della pressione sui prezzi e una pressione rialzista sui salari.
In Europa, le dinamiche sottostanti sono completamente differenti: la pressione sui prezzi reali dovrebbe rimanere bassa e l’aumento dell’inflazione visto negli ultimi mesi grazie alla ripresa dei prezzi petroliferi dovrebbe essere temporaneo in quanto l’impatto dell’energia scemerà nella seconda metà dell’anno. L’inflazione core è rimasta bloccata sotto l’1% per quasi quattro anni e le possibilità di un sostenuto movimento rialzista nei prossimi dodici mesi sono basse.
Ben Lord, gestore obbligazionario di M&G, individua 5 punti fondamentali per spiegare le dinamiche inflazionistiche globali:
1. Siamo al punto massimo delle ricadute dei prezzi petroliferi: tra gennaio e febbraio 2016, i prezzi del petrolio hanno toccato i minimi, pertanto nei dati di inflazione di febbraio, gli effetti base del prezzo del petrolio risulteranno elevati anno su anno. Questo è uno dei motivi principali per cui abbiamo visto rialzi significativi dell’inflazione negli ultimi mesi.
2. L’avanzata dell’inflazione continua: negli Stati Uniti, l’indice IPC era allo 0% a settembre del 2015 e al di sotto dell’1% a luglio dell’anno scorso, ma adesso è tornato al 2,5%. L’inflazione europea, che era negativa a maggio dell’anno scorso, a metà febbraio si è avvicinata all’obiettivo della BCE raggiungendo l’1,8%. L’IPC del Regno Unito era negativo a ottobre 2015 e inferiore all’1% nello stesso mese del 2016, mentre a metà febbraio è arrivato all’1,8%, sfiorando l’obiettivo della Banca d’Inghilterra.
3. Nel Regno Unito, l’inflazione complessiva è tornata in linea con l’obiettivo: a partire dal mese prossimo, la misura ufficiale dell’inflazione complessiva in Regno Unito sarà l’indice armonizzato dei prezzi al consumo. In base a questo parametro, l’inflazione britannica ha raggiunto il 2% a metà febbraio. Con i breakeven compresi fra il 3,1% all’estremità anteriore della curva e quasi il 3,6% sul segmento a lunga, la ripresa dai minimi della prima parte del 2016 appare in linea con quella vista negli USA. I breakeven a breve termine offrono valore, dato che il petrolio e la debolezza della sterlina fanno presagire un periodo di inflazione nettamente superiore all’obiettivo. Il gestore sottolinea che "resta da capire cosa induce il mercato a considerare permanenti questi picchi di inflazione, che a mio avviso rendono vulnerabili i breakeven a lunga¨.
4. Gli ultimi dodici mesi hanno visto un ampio movimento dei breakeven negli Stati Uniti: il mercato obbligazionario si aspetta che la Fed riesca a portare l’indice IPC al 2% in media. Si tratta di un livello comunque conveniente, dato che la Fed punta a un deflatore del PCE al 2%, e nel lungo periodo, il raggiungimento di tale obiettivo richiede un IPC più vicino al 2,5%.
5. I breakeven hanno recuperato terreno anche in Europa: nonostante abbiano recuperato terreno, i breakeven sono ancora lontani dallo scontare il raggiungimento del target di inflazione. Il gestore spiega che ¨forse il recente vigore dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) non sopravviverà agli effetti base dei prezzi petroliferi¨.