Pubblicato il 2° report dell’Osservatorio sulla finanza sostenibile promosso da Università di Milano-Bicocca, Banca Generali e AIFI. Emerge anche un effetto contrastante degli investimenti in rinnovabili su rating ESG e rating del credito.
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I numeri confermano le attese. Il 2023 è stato l’anno in cui il flusso globale dei fondi sostenibili ha subito la prima, vera, battuta d’arresto. Un risultato atteso, si è detto e guidato da diverse concause: il contesto economico e geopolitico, su tutto, con gli impatti in termini di timori recessivi legati a pressione inflazionista e aumento dei tassi di interesse.
Occorre però sottolineare la globalità del dato, in quanto l’Europa ha comunque mantenuto il segno più attraendo flussi per 3,3 miliardi di dollari nel quarto trimestre del 2023 (in calo, però, rispetto al terzo), secondo quanto riporta il secondo Rapporto annuale di O-Fire, (Osservatorio sulla finanza d’impatto e sue ricadute economiche), osservatorio lanciato due anni fa dall’Università di Milano-Bicocca insieme a Banca Generali e AIFI. Il rapporto, dal titolo “ESG Disclosure Obligations, sustainable funds and renewable energy sources in the midst of the ecological transition”, è stato presentato ieri, 28 febbraio, all’Auditorium “Guido Martinotti” dell’Università di Milano-Bicocca. La tenuta dei flussi europei, afferma Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università di Milano-Bicocca e presidente di Musa, “è un chiaro indicatore dell'impegno del continente verso obiettivi di sostenibilità a lungo termine, anche in tempi incerti. Tuttavia, la riduzione globale dei flussi di fondi sostenibili ci ricorda che il cammino verso la sostenibilità è disseminato di sfide che richiedono attenzione, innovazione e cooperazione internazionale. Questo rapporto non solo mette in evidenza i progressi compiuti ma anche le aree in cui dobbiamo concentrare maggiormente i nostri sforzi”.
I flussi
I dati sui flussi si rifanno ai numeri diffusi da Morningstar in cui emerge come nel quarto trimestre 2023, i fondi sostenibili globali abbiano registrato deflussi netti per 2,5 miliardi di dollari, a fronte del già citato dato positivo per 3,3 miliardi di capitali netti attratti dai fondi sostenibili in Europa (in netto calo, tuttavia, rispetto ai 15 miliardi del trimestre precedente). Si evince come “il flusso negativo rappresenti il culmine di un andamento decrescente avviato nel 2021”, afferma Susanna Dorigoni , membro comitato scientifico Osservatorio O-Fire che sottolinea tuttavia come i fondi sostenibili “continuino a performare meglio di quelli convenzionali, che registrano dinamiche negative da ormai quasi due anni”.
Normativa
Una prima riflessione dell’osservatorio va in direzione dell’ampliamento (oltre che al rinnovamento) del quadro normativo, in cui si inseriscono le novità in termini di CSRD, con la recente applicazione (1° gennaio 2024) e gli obblighi legati al primo set di European Sustainability Reporting Standard (ESRS), la cui adozione, nelle scorse settimane, è slittata al 30 giugno 2026. Le normative, sottolineano i ricercatori dell’Osservatorio, puntano “a una maggiore trasparenza e responsabilità sociale d'impresa, fattori chiave per la competitività sul mercato”. Da qui la specifica di come anche la Tassonomia europea si collochi ancora “in una fase di piena evoluzione”.Lla descrizione dello scenario regolamentare è ancillare alla tematica, richiamata dallo stesso titolo del report, della transizione energetica.
Trade off rating ESG e rating del credito
Lo studio, infatti, pur ponendo l’accento sull’importanza degli investimenti in energie rinnovabili per la transizione e, appunto, il raggiungimento di obiettivi di finanza sostenibile, sottolinea come emergano sfide legate all'impatto del cambiamento climatico sulla produzione energetica che potrebbero ridefinire gli equilibri globali di domanda e offerta e influenzare gli investimenti nel settore. Citando fonti IEA i ricercatori sottolineano infatti come gli investimenti in fondi rinnovabili (in cui quelli in generazione rinnovabile rappresentano il 38%), pongano diversi rischi, in parte connaturati (intrinseco, regolatorio e legato agli impatti del climate change) che sono “enfatizzati da quelli di mercato”, con una “inversione di tendenza registrata dai costi di capitale e aumento di quelli di trasporto e finanziari”.
Da qui, un dettaglio legato al rilevato effetto contrastante degli investimenti in fonti di energie rinnovabili su rating ESG (influenzati positivamente) e rating del credito (effetto contrario). L’effetto ha una potenziale causa legata agli ingenti investimenti per raggiungere l’obiettivo net zero al 2050, che potrebbero trovare un freno “nei rischi associati all’asset class fonti rinnovabili”. Un'analisi sulla relazione tra i due tipi di rating relativa a 116 società europee, scrivono i ricercatori, “ha mostrato infatti che solo per 35 società, che rappresentano il 30% del campione, il rating di credito e il rating ESG hanno la stessa qualità”.