Value e growth sono ormai categorie fluide e Netflix si colloca nel mezzo delle due definizioni. Ne sono convinti Mark Herlihy, Michael White e Nick Kirrage di Schroders. Contenuto sponsorizzato.
Per accedere a questo contenuto
CONTRIBUTO a cura di Mark Herlihy, Investment writer, Michael White, Global Sector Specialist e Nick Kirrage, co-responsabile del team Global Value di Schroders. Contenuto sponsorizzato.
Netflix ha dichiarato all’inizio di aprile di aver perso 200.000 abbonati nel primo trimestre del 2022. La notizia ha fatto crollare il prezzo delle azioni della società di quasi il 40%. L'azienda statunitense è stata una delle principali beneficiarie della pandemia di Covid-19, che ha costretto le persone a rimanere a casa. Tuttavia, man mano che le restrizioni della pandemia sono venute meno e le persone sono tornate a uscire, molti hanno semplicemente avuto meno bisogno di pagare per questo tipo di servizi.
Anche l’aumento del costo della vita, esacerbato dall'invasione della Russia in Ucraina, potrebbe aver indotto i consumatori a ridurre le spese non essenziali. Inoltre, alcuni recenti rapporti dei media hanno suggerito che gli abbonati a Netflix sono scontenti della cancellazione di alcuni titoli e dei recenti aumenti di prezzo.
La domanda da farsi a questo punto è: il calo del numero di abbonati è una parte naturale del ciclo economico, in particolare in un periodo di aumento dell'inflazione e del costo della vita, o si tratta di qualcosa di più strutturale? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei nostri esperti di investimenti. Michael White, Global Sector Specialist nel settore 'consumi', ha spiegato come “storicamente, i periodi di recessione non hanno ostacolato il desiderio dei consumatori di pagare per i video; nel 2008 ad esempio Comcast ha aumentato i ricavi della pay TV del 6%.
Tuttavia, nel mondo dello streaming stiamo entrando in un territorio inesplorato, non avendo mai sperimentato prima una compressione del reddito dei consumatori. Da un punto di vista strutturale, il rallentamento della crescita degli abbonati potrebbe anche essere interpretato come il raggiungimento di un tetto massimo in termini di penetrazione del mercato anche se, in un'ottica più positiva, il mercato potenzialmente indirizzabile potrebbe espandersi fino a oltre un miliardo se consideriamo le famiglie con accesso alla banda larga; dopotutto si tratta di un prodotto Internet”.
La seconda domanda che gli investitori si fanno è: Netflix ora è un titolo value? Netflix fa parte di una schiera di titoli in rapida crescita, la cui forte performance negli ultimi anni ha contribuito ad alimentare i rendimenti azionari, in particolare negli Stati Uniti. Fino a poco tempo fa, gli investitori erano disposti a pagare prezzi sempre più alti per le società che sembravano crescere rapidamente. Tuttavia, la flessione del numero di abbonati di Netflix ha visto diminuire la sua valutazione. Il rapporto prezzo/utili (prezzo attuale dell'azione diviso per le aspettative di utili nei prossimi 12 mesi) è diminuito rapidamente dall'inizio di quest'anno e al momento non si discosta molto dal rapporto prezzo/utili dell'indice MSCI USA Value.
Questo è un buon esempio che dimostra come 'value' e 'growth' siano categorie fluide. Le aziende cambiano continuamente posizione e ciò dimostra che le relazioni storiche tra questi due stili, e altri fattori come i tassi d'interesse o il ciclo economico, non siano stabili. Gli investitori value cercano aziende con valutazioni a basso costo, in genere con multipli bassi dei profitti o delle attività, per motivi che non sono giustificati nel lungo periodo. Per cui società come Netflix, o altri titoli growth, possono a pieno titolo suscitare l'interesse degli investitori value.
Al momento, come afferma Nick Kirrage, co-responsabile del team Global Value di Schroders, le aree del mercato che hanno le maggiori possibilità di scendere di valore sono quelle più costose (leggi ‘growth’), aree nella quali troviamo alcuni settori disruptive e in rapida crescita come quello tecnologico. Ma ciò non significa che sarà sempre così. C'è l'idea sbagliata che gli investitori value siano sempre alla ricerca dei segmenti di mercato di scarsa qualità o poco eccitanti. In realtà, settori come quello farmaceutico o dei beni di consumo, che oggi sono considerati di alta qualità, con bilanci solidi e solidi flussi di cassa, in passato sono stati considerati settori value.
Al di là dei dibattiti su growth e value, o sulle fortune delle singole aziende, ciò che sembra certo è che le abitudini di fruizione della TV difficilmente cambieranno. La gente ha ancora voglia di contenuti in streaming e soprattutto di TV; anche se probabilmente siamo lontani dalle ‘abbuffate’ dell’era Covid, la voglia di intrattenimento sul piccolo schermo non è cambiata e così le prospettive e le opportunità di investimento in questo settore.