Le opportunità di investimento più interessanti per il 2022 si possono trovare nei segmenti con elevate barriere d’ingresso. Parola a Daniel Morris, chief market strategist di BNP Paribas Asset Management. Contenuto sponsorizzato.
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CONTRIBUTO a cura di Daniel Morris, chief market strategist di BNP Paribas Asset Management. Contenuto sponsorizzato.
Sempre più investitori faticano a trovare approcci adeguati per valutare le aziende innovative generalmente associate alla crescita tematica. Per stabilire il valore delle aziende innovative, noi applichiamo modelli top-down al ‘total addressable market’ (la domanda totale potenziale per un prodotto o servizio), oltre alla teoria del ciclo di vita della tecnologia e alla modellazione dei flussi di cassa scontati a lungo termine. Su cosa puntare nel 2022?
Il tema ambiente destinato ancora a crescere
Se il 2020 è stato uno degli anni migliori in assoluto per gli investimenti nel tema ambientale 'puro', cresciuto di oltre il 100%, il 2021 è stato caratterizzato da un notevole, e sano, consolidamento. Il segmento ha sottoperformato del 31% il resto dei mercati (a fine ottobre) rispetto all’indice MSCI ACWI, nonostante i fondamentali aziendali siano notevolmente migliorati e gli incentivi normativi e politici ne abbiano sostenuto le prospettive a lungo termine. Il posizionamento eccessivo in fondi passivi negoziati in borsa (ETF) all’inizio del 2021 e un forte aumento delle aspettative sui tassi d’interesse e sull’inflazione hanno ostacolato gli attivi growth a lunga scadenza, penalizzando il tema in generale.
Nell’ultima parte del 2021, le valutazioni nell’universo tematico ambientale sono scese al livello minimo in tre anni. Nel frattempo, le società del segmento hanno generalmente archiviato una delle stagioni degli utili migliori degli ultimi 20 anni, grazie a una domanda ampiamente superiore all’offerta. Le valutazioni per il nostro universo legato all’innovazione della transizione energetica equivalgono ora a meno della metà di quelle delle azioni incluse nell’indice statunitense Nasdaq1, a fronte di un multiplo di 1,7x sulla crescita degli utili (crescita annuale composta a 3 anni). Pensando al 2022, non c’è quindi da stupirsi se siamo più ottimisti riguardo al tema ambientale che ai mercati azionari in generale, dove probabilmente assisteremo a una certa volatilità nel tira e molla di interventi monetari, ritmo di incremento dei tassi d’interesse e andamento degli utili. Questa dinamica dovrebbe andare a vantaggio della nostra strategia absolute return long/short incentrata sul tema ambientale, che tende a prosperare nelle fasi di incertezza e volatilità dei mercati.
Le opportunità d’investimento più interessanti risiedono a nostro avviso nelle aziende che operano con notevoli vantaggi competitivi, in particolare nei segmenti con elevate barriere d’ingresso. Apprezziamo anche le piattaforme aziendali, che possono contare su un forte vantaggio operativo grazie all’upselling e ai ricavi da servizi, rispetto alle realtà manifatturiere e ai produttori di beni intermedi in ambiti più commoditizzati della catena di fornitura, dove la concorrenza è agguerrita e i margini più ristretti.
La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26 ha mosso passi incoraggianti verso l’assunzione di grandi impegni per il clima e accordi politici per promuovere lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che contribuiscano a una riduzione significativa delle emissioni di CO2 e metano, nonché al ripristino e alla tutela del capitale naturale dell’intero pianeta. I principali ambiti di discussione alla COP26 sono stati: idrogeno verde, energia solare residenziale, sviluppo dell’energia eolica offshore, stoccaggio di energia per ridurre le emissioni di carbonio, soluzioni pratiche di imballaggio per ridurre l’inquinamento da plastica e Metodi di agricoltura sostenibile per proteggere le terre di tutto il mondo. Tutti questi ambiti rappresentano dei temi d’investimento coperti dall’Environmental Strategies Group di BNP Paribas Asset Management.
Un futuro ancora brillante per la disruptive tecnology
Le tendenze dirompenti nella tecnologia erano già diffuse quando il blocco sociale ed economico dovuto alla pandemia ha innescato un cambiamento sistemico nel nostro modo di lavorare, spendere e comunicare. Il passaggio improvviso a uno stile di vita socialmente distanziato ha accelerato questi trend e ha fatto esplodere la domanda di tecnologie e innovazioni che forniscono soluzioni virtuali per le più svariate interazioni quotidiane. Molte delle soluzioni digitali che hanno reso possibile, e più sopportabile, il distanziamento sociale ci hanno mostrato un modo di vivere più semplice, anche rispetto ai tempi pre-pandemici. La pandemia ha semplicemente accelerato una trasformazione che altrimenti si sarebbe manifestata nel corso di molti anni.
Per le società tecnologiche in forte crescita, e con flussi di cassa futuri scontati a più lungo termine, la potenziale debolezza dei mercati obbligazionari rappresenta un rischio. Se l’inflazione rimarrà per molto tempo oltre il trend, i titoli tecnologici potrebbero sottoperformare (a causa di valutazioni che scontano tassi di interesse più alti), seppure per un breve periodo, considerate le forti tendenze di crescita incentrate su ambiti come il cloud computing, l’automazione e Internet delle cose. Cerchiamo di mitigare il rischio di rialzo dell’inflazione e dei tassi d’interesse gestendo la dimensione delle posizioni e bilanciando i titoli a crescita e valutazioni elevate con investimenti in società a crescita più stabile e con valutazioni convincenti.
Le valutazioni relative al settore tecnologico sono attualmente superiori alle medie storiche in alcuni ambiti, come quello dei software in forte espansione. Tuttavia, crediamo che il settore meriti un multiplo di premio rispetto al resto del mercato grazie al miglioramento dei rendimenti sul capitale investito (ROIC) e alle eccellenti prospettive di crescita. A nostro avviso, la spesa nel settore IT rimarrà sostenuta, mentre il segmento industriale e quello automobilistico si scontreranno con un’ingente domanda di chip e componenti.
Secondo gli esperti, nel 2022 la cospicua spesa informatica a livello mondiale si assesterà, pur rimanendo a un livello elevato. La società Gartner ha previsto un aumento degli investimenti aziendali globali in sistemi IT pari al 9,5% per il 2021, seguito dal 5,5% nel 2022 (ottobre 2021, Gartner Inc.). In base ai sondaggi dei professionisti IT, la spesa confluirà soprattutto nella sicurezza informatica, nella migrazione al cloud, nei tool di collaborazione e nell’analisi dei dati. Questi ambiti sono ben allineati alla nostra visione sui principali temi di crescita secolare e sulle tecnologie fondamentali.
Cina, una view non convenzionale
Anche se il mercato parrebbe ampiamente concorde riguardo alla crescita del PIL cinese nel 2022, c’è meno chiarezza sulle prospettive a tre-cinque anni. Svariate questioni, infatti, potrebbero rallentarne lo slancio congiunturale nel 2022, dal calo delle esportazioni a un’ulteriore riforma normativa, dalla politica 'zero Covid' di Pechino al controllo delle emissioni di anidride carbonica e al raffreddamento del mercato immobiliare. Mancano anche gli “spiriti animali” per stimolare gli investimenti privati.
Un cauto ritocco alla politica macroeconomica riuscirebbe a compensare solo in parte questi venti contrari. Il Partito sembra più tollerante nei confronti di un rallentamento della crescita, consapevole che questo è il prezzo da pagare quando si attribuisce la massima priorità alla riduzione del debito, al taglio delle emissioni di anidride carbonica e all’attuazione di ulteriori riforme. Per il 2022 la gestione economica del governo sembra più concentrata sulla risoluzione dei problemi strutturali e delle perturbazioni a livello di offerta, in particolare la carenza di energia, l’aumento dei prezzi energetici e l’inflazione dei prezzi alla produzione. Posti questi obiettivi, è altamente improbabile che la People’s Bank of China aprirà i rubinetti monetari, per evitare di inviare segnali di allentamento politico, che potrebbero alimentare l’inflazione e far deragliare gli sforzi di riduzione del debito e gli impegni 'Go Green' del governo.
È convinzione comune che la crescita annuale del PIL cinese scenderà al 4%-5% nei prossimi tre-cinque anni. Tuttavia, il mercato potrebbe aver trascurato l’impatto sulle prospettive di un ritorno dell’industrializzazione accompagnato da cambiamenti strutturali. Complice la nuova tattica di riforma di Pechino, il settore manifatturiero ha riconquistato il favore della politica. Il Partito, infatti, favorisce le attività manifatturiere ad alto valore aggiunto e la produzione di hard tech rispetto ai segmenti tradizionali e agli investimenti in campo soft tech. Per hard tech, o tecnologia profonda, si intende la produzione di hardware e componenti che consentono lo sviluppo strategico e high-tech di un paese. La soft tech si riferisce invece allo sviluppo dell’e-commerce, che soddisfa una domanda di consumo non strategica. Nel 2005 il settore interno cinese ha avviato un lento processo di ribilanciamento, che ha comportato la riduzione dei costi e il miglioramento delle infrastrutture per diffondere l’industrializzazione anche nelle province più povere (Grafico 1).
La strategia si è tradotta in una divisione regionale del lavoro: la costosa zona orientale ha spostato l’attenzione dal settore manifatturiero a quello dei servizi ad alto valore aggiunto, mentre alle regioni interne più convenienti sono toccate le attività produttive a basso valore aggiunto. Questa migrazione potrebbe creare uno slancio in grado di mantenere il tasso medio di crescita del PIL cinese oltre il 4-5% anche dopo il 2022.
Il processo di migrazione si è però invertito nel 2013 (si veda Grafico 1), quando Pechino ha spostato i motori della crescita economica dagli investimenti e dalla produzione ai servizi e ai consumi. Questa mossa ha ampliato la quota del PIL rappresentata dal settore terziario, a discapito di quello secondario. L’espansione complessiva del PIL è rallentata, riflettendo la politica dell’epoca di Pechino, che prevedeva un compromesso fra una crescita più lenta, ma qualitativamente migliore. Con questo approccio di riforma, è probabile che la migrazione industriale verso le province interne riprenda, con in testa i settori ad alto valore aggiunto. Gli sforzi del governo per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060 sono destinati ad aprire le porte a nuovi segmenti in crescita e a offrire opportunità d’investimento per rimpiazzare quelli 'al capolinea'.
La Cina ha bisogno di aggiornare le infrastrutture della rete elettrica e sviluppare sistemi di stoccaggio dell’energia per migliorare la fornitura e la distribuzione. Inoltre, deve ridurre il consumo di combustibili fossili ricorrendo a più elettricità verde, e accrescere l’efficienza energetica promuovendo una transizione strutturale dall’industria pesante a elevata intensità energetica verso segmenti ad alto valore aggiunto. Per il prossimo decennio, gli investimenti nei nuovi settori sono stimati nell’ordine dei 5.000 miliardi di RMB (pari a 781 miliardi di dollari) l’anno, equivalenti a circa il 10% degli investimenti annuali totali della Cina in attività fisse. La mobilitazione del capitale privato è fondamentale per sostenere gli investimenti in campo 'Go Green'. Insieme allo sviluppo dell’hard tech, ciò dovrebbe ravvivare lo slancio di crescita del PIL cinese e rafforzare la produttività del paese nel medio termine. Solo il tempo ci dirà come si evolveranno queste tendenze, ma ci sono già spunti utili per valutare le prospettive di crescita della Cina e capire in che modo gli investitori possono organizzare al meglio le loro strategie nel 2022.
1 Fonte: Bloomberg, BNP Paribas Asset Management