Negli ultimi anni, molte società di gestione hanno introdotto le commissioni legate alle performance del fondo. Ma l’investitore preferisce pagare commissioni fisse o variabili? Scopriamolo assieme.
Paghi solo se il gestore batte il benchmark: questa è stata la promessa dietro alla quale doveva ruotare la grande rivoluzione nel settore della gestione patrimoniale. Secondo questa logica, negli ultimi anni, molti gestori si sono impegnati nel definire delle classi con le commissioni legate alle performance del fondo. I pionieri sono stati Fidelity, Allianz Global Investors e AllianceBernstein. È anche il concetto su cui si fonda Aperture Investors, boutique di Generali Investments.
Negli ultimi due anni, il numero di fondi con la doppia classe (con commissioni variabili e fisse) è quasi quadruplicato, secondo l'analisi della società di consulenza Fitz Partners. In uno studio recente, sono state individuate 22 società con ben 167 strategie con doppia classe domiciliate in Lussemburgo, Irlanda o Regno Unito. Questo dimostra una notevole crescita, in termini di offerta, rispetto al 2017 in cui nascevano i primi fondi con classe a commissione variabile. In quell'anno, i fondi di questo tipo erano solo 43.
Una cosa interessante è che oltre la metà di queste 167 strategie sono state progettate per il mercato retail, ma finora sono state distribuite solo agli investitori istituzionali, sottolineano da Fitz Partners.
È meglio pagare commissioni fisse o variabili?
Come sempre, passare dalla teoria alla pratica è molto difficile. Infatti queste classi non hanno ricevuto un flusso di capitali considerevole, o almeno, non abbastanza per vedere una vera rivoluzione del business.
“In realtà non è una cosa che richiedono molto i nostri clienti. Non sentiamo quindi il bisogno di avere classi con commissioni sulle performance”. afferma Grant Leon, responsabile della Distribuzione Europea di Capital Group. Il gestore americano ha preferito concentrarsi sull'essere il più efficiente possibile in tema di TER complessivi. “Nel settore c'è troppa enfasi sui costi di gestione e non abbastanza sulle commissioni totali. Sono queste ultime che il cliente finale è costretto a pagare", ricorda.
Non è che gli investitori non condivano la filosofia di ricompensare la creazione di alfa addizionale, ma si interrogano sulle modalità”, spiega Philip Kalus, CEO di Accelerando Associates. “La chiave della questione sta nel reale costo pagato dal cliente, dato che le commissioni di gestione non vengono totalmente eliminate quando vengono applicate le commissioni di sovraperformance.”, concordano Kalus e Leon. Lo studio di Fitz Partners evidenzia che il costo totale delle classi con una commissione di performance in realtà è più elevato, ma che le società hanno ridotto del 22% in media le commissioni di gestione per ammortizzarlo.
“D’altra parte, alcuni clienti preferiscono società che applicano le commissioni variabili”, spiega Kalus. “La soluzione perfetta quindi non esiste: dipende dalle esiegenze del cliente finale".