Tecniche di selezione dei fondi a confronto

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Giorgio Fata

L’universo dei fondi distribuiti in Italia ha avuto un’evoluzione esponenziale negli ultimi anni.

Per questo Mediobanca ha sviluppato un processo di selezione fondato su due anime parallele: la qualitativa e quantitativa, capaci di influenzarsi contemporaneamente tra di loro. “Ognuna delle due anime è inoltre rivolta ad approfondire aspetti tra loro indipendenti, che assumono un peso variabile in funzione della complessità dei prodotti valutati”, spiega Francesco Margonari, fund selector di Mediobanca.

Nelle situazioni più complesse si pondera maggiormente il lato qualitativo rispetto a quello numerico e, di converso, nelle circostanze più semplici o trasparenti si favorisce il potere informativo derivante dalla valutazione numerica rispetto a quella qualitativa. L’obiettivo finale è fornire un output superiore con cui sia possibile prevedere gli andamenti futuri delle strategie selezionate”.

Il processo di Ersel prende in considerazione, oltre le due componenti già citate, anche un’analisi strutturale. “L’analisi di questa componente nasce dall’esperienza sui fondi hedge e può essere più o meno importante in base della complessità delle strategie”, spiega Giorgio Bensa, fund selector di Ersel.

“Se abbiamo fondo azionario long only senza derivati è una parte abbastanza superflua, mentre se la struttura del fondo ha maggiore complessità, attraverso l’analisi strutturale studiamo la liquidità del portafoglio, la coerenza, la frequenza dei rimborsi, la composizione investitori per cercare di evitare mismatch di liquidità. Questa parte è fatta da un team indipendente che ha potere di veto e risponde al direttore operativo e non agli investimenti”.

Federico Pitocco, fund selector di Morningstar, ci spiega che predilige i gestori che sposano un approccio di lungo termine, che basano le valutazioni sull’analisi dei fondamentali e che pongono gli investitori finali al primo posto. “L’analisi qualitativa passa attraverso l’esame di decine di fattori che sono raggruppati in cinque pilastri che sono alla base della nostra metodologia”, spiega:

  • Persone: Innanzitutto ci sono le persone, cioè il team di investimento. “Ci concentriamo quindi sulla numerosità, l'esperienza maturata, la competenza in quel particolare mercato o settore, la stabilità e l’organizzazione del team stesso.”
  • Processo: “In sintesi, ci domandiamo quali sono gli elementi chiave che conducono alla costruzione del portafoglio. Come si sviluppano la generazione d'idee, la disciplina di acquisto e vendita dei titoli e il controllo dei rischi”.
  • Società: siamo interessati alla struttura societaria nel suo complesso, perché è infatti la società stessa a decidere molti parametri cruciali, come il livello delle commissioni e la politica di remunerazione dei gestori per esempio, o a determinare la cultura di investimento predominante; riassumendo, se è attenta a tutelare gli interessi degli investitori.  
  • Performance: Non valutiamo semplicemente se è stata buona o cattiva, ma soprattutto se è coerente con gli obiettivi e lo stile di gestione e soprattutto con i rischi assunti dal manager. 
  • Costi: Nel lungo termine essi riducono significativamente i rendimenti ottenuti dall’investitore finale e hanno inoltre un forte potere predittivo. 

Chiara Mauri, senior fund analyst di Fideuram Investimenti SGR non crede che esista un solo modo per fare selezione fondi né che esista la formula magica univoca per individuare il fondo migliore. “L’approccio del fund selector dovrà essere diverso a seconda dell’asset class oggetto di analisi, a seconda del contesto di mercato e a seconda delle esigenze e del profilo di rischio rendimento del fund buyer a cui è proposto il fondo”.

In Fideuram Investimenti SGR ogni fondo selezionato è presentato dall’analista a un Comitato Multimanager, elemento che rende tutti i componenti del team partecipi del dibattito e responsabili dell’inclusione dello stesso nell’Universo Investibile. “Ciò che è fondamentale in riferimento a qualsiasi asset class è la conoscenza del gestore (capirne il DNA e style drift) e l’analisi approfondita del portafoglio completo”, conclude Chiara Mauri.