Venture capital, investimenti dimezzati ma il secondo trimestre segna un recupero

Venture Capital News
Ines Pimentel (Unsplash)

Mega deal i grandi assenti nel primo semestre del venture capital italiano. Eppure, nonostante un calo evidente rispetto allo stesso periodo “da record” registrato nel 2022, il mercato del nostro Paese “tiene” mettendo in luce un consolidamento del settore che adesso aspetta la “spinta giusta”.

Nella conferenza online organizzata da AIFI ieri, 18 luglio, è stato presentato il Venture Capital Monitor (VeM) sulle operazioni di venture capital in Italia, lo studio realizzato dall’Osservatorio VeM attivo presso Liuc Business School e realizzato grazie al contributo di Intesa Sanpaolo Innovation Center ed E. Morace & Co. Studio legale, e al supporto istituzionale di CDP Venture Capital SGR e Italian Business Angels Network (IBAN), con l’obiettivo di sviluppare un monitoraggio permanente sull’attività di early stage istituzionale svolta nel nostro Paese.

I numeri

I numeri, come detto, danno conto di un settore in arretramento ma ancora attivo. Il primo semestre 2023 si è chiuso con 150 operazioni (initial e follow on), un -22% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando le operazioni erano 192. Se si guarda solo ai nuovi investimenti (initial) sono 138 (erano 163 nel 2022). Sul fronte dell’ammontare investito (da operatori domestici ed esteri) in startup italiane, il valore è pari a 496 milioni di euro distribuiti su 135 round: dimezzati rispetto ai 976 milioni per 180 operazioni dello stesso periodo 2022. In calo anche l’ammontare investito in realtà estere fondate da imprenditori italiani, passato da 196 a 178 milioni, con un numero di operazioni in linea con l’anno precedente (15 round rispetto ai 12). Sommando queste due componenti, il totale complessivo si attesta a 674 milioni di euro (erano 1,2 miliardi nel primo semestre 2022).

Gli investimenti “initial”

Per quanto riguarda l’indice VeM-i, il secondo trimestre 2023 registra un valore pari a 1.775, “segno di una buona ripresa dopo il rallentamento monitorato nei primi tre mesi dell’anno”, si legge nella nota diffusa da AIFI. Qui entra in gioco l’assenza dei mega deal, come sottolineato nel suo intervento anche da Anna Gervasoni, prorettrice Liuc - Università Cattaneo, che indica come nei primi sei mesi dell’anno nel fenomeno che ha visto “dimezzarsi” l’ammontare investito in startup italiane (passato, come detto, da 976 a 496 milioni), “è mancato il ruolo dei grandi fondi internazionali che hanno rallentato l’attività nella prima parte dell’anno a causa delle crisi economica e geopolitica in corso”. Nonostante ciò, Gervasoni non nasconde una nota di ottimismo: “In tutto il mondo il venture capital ha avuto una pausa di arresto, nel nostro caso si tratta di un consolidamento ma occorre ripartire velocemente”. Come? La prorettrice vede nelle exit un elemento di ripartenza. Ma devono essere sostenute da un sistema che le favorisca.

La divisione geografica e per settori

Un contributo alla discussione arriva dalla divisione per settori e geografica. Come per gli anni passati, a livello di investimenti initial, la Lombardia è la Regione in cui si concentra il maggior numero di società target: sono 61, ossia il 49% del mercato italiano (41% nel I semestre 2022). Seguono Piemonte (13%) e Lazio (8%). Mentre dal punto di vista settoriale, l’Ict monopolizza l’interesse degli investitori con una quota del 38 per cento. L’Ict è costituito per un 23% da operazioni su startup nel comparto dei digital consumer services, e per il 77% su società con focus su enterprise technologies. Seguono le startup operanti nei settori dell’healthcare e dell’energia e ambiente, entrambe con una quota del 12 per cento. I servizi finanziari, rispetto al 2022, calano dalla seconda alla quinta posizione.

Fonte: AIFI.

Quello fornito dai settori è “uno spunto importante”, secondo Luca Pagetti, responsabile finanziamento crescita delle startup Intesa Sanpaolo Innovation Center che sottolinea la crescita dei temi legati all’ambiente e all’healthcare, e di quelli legati alla trasformazione sostenibile. “Sono temi in linea con gli obiettivi del PNRR”, afferma l’esperto che, per contro, su digital e servizi finanziari si attende un ingresso più sostenuto degli investitori privati.  Paolo Anselmo, presidente di IBAN indica tre ambiti chiave a cui bisogna dare attenzione: “Il macro contesto generale, l’assenza di mega deal e il fundraising”. Anselmo si sofferma sull’ultimo punto, indicandone un ruolo determinante nel rallentamento registrato quest’anno: le criticità presenti sui mercati nel 2022, infatti, hanno avuto un effetto anche sull’attività dei business angel “che hanno potuto mettere a disposizione minori risorse per condizioni macro poco favorevoli, non per una scarsità nella qualità delle proposte”. E richiamando il tema delle exit l’esperto sottolinea la necessità di innescare un “circuito attivo”, con la messa in atto di “una serie di correttivi volti a favorire exit (non necessariamente da unicorno)”, qui l’esempio va a un’eventuale “detassazione sulle plusvalenze delle exit”. Tema dibattuto per cui Pierluigi De Biasi, partner dello studio legale E.Morace & Co ritiene che “legare il beneficio all’holding period potrebbe essere da valutare”, tuttavia è un po’ diffidente rispetto a incentivi statali “che potrebbero distorcere il mercato”.