30 anni di UCITS

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La direttiva Undertakings for Collective Investments in Transferable Securities (UCITS) fu approvata dal Parlamento Europeo alla fine del 1987. L'obiettivo dei legislatori europei era quello di creare un passaporto per la commercializzazione dei fondi di investimento in quella che era la Comunità Europea di allora, in modo tale che un fondo creato in un domicilio europeo, e che soddisfacesse determinati criteri, poteva essere registrato per la commercializzazione in altri Paesi.

Il Lussemburgo è stato il primo Paese comunitario ad implementare la direttiva, nel 1988, quando diede il via libera ad una vera e propria rivoluzione che aprì l'accesso degli investitori minoritari ai servizi da parte di fund manager esperti provenienti da diversa locazione. Trent’anni dopo, il volume in UCITS ammonta a quasi 10 miliardi di euro, di cui 3,6 domiciliati in Lussemburgo, che rimane  dunque il Paese pioniere. Nel 2001, dopo il fallimento di UCITS II, arrivò UCITS III, che estendeva il passaporto  ai fondi monetari e ai fondi di fondi e che includeva, tra gli asset investibili, i derivati, dando quindi luogo alla denominazione di 'newcit', attuali eredi delle strategie absolute return. Dopo la crisi del 2008 e il successivo recupero, nel 2011 arrivò UCITS IV, che permise il passaporto per il gruppo, lanciò il KIID e creò più facilità per la fusione di fondi. Quello stesso anno nacque inoltre l’Alternative Investment Fund Managers Directive (AIFMD), che estende il passaporto a investimenti alternativi come il capitale di rischio, esclusi da UCITS. Nel 2016 è stato approvato UCITS V, che contempla maggiori requisiti per i depositari.

Qualche cifra 

Secondo il rapporto ‘From big bang to a galaxy of stars’, elaborato da Broadridge in occasione del trentesimo anniversario di UCITS, il volume corrente totale in gestione di questi veicoli è pari ai 9,7 trilioni di euro, e si sviluppa su 32.000 fondi, dei quali la terza parte sono cross-border o transnazionali. Resta inteso che un fondo è transnazionale quando il volume in gestione con origine in un singolo Paese non raggiunge l'80% del volume totale. Nel 2016, in termini di volumi, i fondi cross-border in Europa hanno raggiunto i fondi nazionali, e oggi rappresentano il 51% del totale UCITS, in media registrati in almeno otto Paesi. Di tale volume dei fondi cross-border, il 70% proviene da cinque mercati, un gruppo guidato dall’Italia con il 23%, seguita dalla Svizzera (17%), Germania (12%), Regno Unito (11%) e Spagna (7%). 

Considerando l’origine degli asset  manager, vi sono fondi UCITS di società provenienti da 48 Paesi che non fanno parte dell’UE, ma il 56% del volume è gestito da società di gestione provenienti dal  Vecchio Continente e il 30% da società di origine americana, le quali evidenziano una netta preferenza per Dublino rispetto al Lussemburgo (il 72% del volume di asset manager statunitensi è domiciliato nella capitale irlandese). E se la normativa del passaporto europeo ha attirato investitori da tutto il mondo facendo dell'Europa il nucleo della distribuzione transnazionale, è anche vero che ciò ha portato a un successo dell'esportazione finanziaria per l'Unione Europea. Il 13% del volume totale in UCITS ha origine nei mercati asiatici e il 3% in America Latina.

Le ragioni del successo 

Tra le ragioni del successo della distribuzione cross-border, il report di Broadridge ritiene che, dopo la bolla delle dotcom, gli investitori hanno cominciato a cercare di accedere a prodotti di diversi provider, con l'intenzione di superare la gamma offerta da una singola banca. Questa tendenza ha portato alla nascita di supermercati finanziari, che nella maggior parte dei casi si sono evoluti in altri tipi di piattaforme, aprendo tuttavia le porte all'architettura aperta, la quale non si è ancora chiusa, molto diversa nelle sue forme a seconda del Paese di riferimento. Inoltre, dopo la crisi finanziaria, in Europa e in altre parti del mondo, è sorta una chiara preferenza per i fondi regolamentati, ed è li che gli UCITS si sono fatti trovare pronti. La perdita del dominio assoluto del modello di banca unica per tutti può essere contrastato, se confrontiamo la classifica degli asset manager in Europa nel 2006 con quella del 2016. Nel 2006, la società con più asset in gestione era UBS AM, all’epoca già cross-border, con 179 miliardi di euro, seguita quasi a pari merito da Crédit Agricole e Intesa, che all’epoca non erano ancora state lanciate in altri Paesi. Dieci anni dopo, il panorama è completamente diverso. Il podio è occupato da tre entità transnazionali, BlackRock (519 miliardi di euro), UBS AM e DWS.

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Nuove sfide 

Quando si parla di successo, è bene pensare cosa potrebbe andare storto. Nonostante la loro evoluzione positiva, gli UCITS sono tuttavia costretti ad affrontare alcune sfide. La società di consulenza Broadridge ritiene che un’altra normativa, questa volta MiFID II, potrebbe essere una di queste. Con la sua entrata in vigore, vi sarà infatti maggiore trasparenza; ma come reagiranno gli investitori comunitari quando cominceranno a rendersi conto dell’effettiva ripartizione dei loro costi? 

D'altra parte, una maggiore trasparenza potrebbe essere accompagnata, nel tempo, da un aumento dei tassi di interesse, che indurrebbe molti di questi investitori a tornare a cercare rifugio nei depositi di sempre. Nella zona euro, i rialzi dei tassi di interesse non sembra un qualcosa di immediato, ma i momenti di gloria delle politiche monetarie espansive sembrano ormai appartenere al passato. Di MiFID II ci si poteva comunque aspettare un’altra conseguenza, in parte già messa in marcia. Considerando la riduzione dei margini, il consolidamento sembra inevitabile. Oggi ci sono circa 1.700 provider in Europa e 32.000 fondi UCITS. Per i prossimi 30 anni, Broadridge prevede una razionalizzazione della gamma, che ridurrebbe il numero di veicoli della metà e porterebbe il volume medio a salire dai 304 milioni di euro ai 2,4 miliardi. E poi c'è la minaccia dei passaporti asiatici. 

Ma non sono tutte nubi all'orizzonte. La normativa futura sull'Unione dei mercati dei capitali dell'Eurozona e la situazione demografica in Europa prevedono una crescita degli investimenti collettivi. E il passaporto potrebbe essere esteso alle pensioni. Un futuro quindi più trasparente, consolidato ed efficiente? Fra 30 anni ve lo diremo. Statene certi.