ESG, le PMI quotate a caccia di investitori sostenibili

Sostenibilità, notizia
Mert Guller, Unsplash

Secondo Morningstar, a fine giugno 2020 il valore totale degli investimenti in 3.432 fondi ‘sostenibili’ ha superato la soglia di 1.000 miliardi di dollari a livello mondiale. L’Europa è il mercato di riferimento, con un flusso netto di nuovi impieghi nel primo semestre 2020 pari a 61 miliardi (l’86% del totale) e uno stock complessivo pari a 870 miliardi (l’82% del totale). L’incertezza legata alla pandemia Covid-19 non ha frenato la raccolta che, a livello globale, ha registrato un valore record nel secondo trimestre del 2020 (+72% sul primo trimestre). Continua a crescere anche il numero di prodotti (fondi attivi ed ETF) che si richiamano a criteri ESG nella loro policy di investimento: nel secondo trimestre 2020 si contano ben 125 nuovi fondi offerti al mercato, di cui 107 solo in Europa.

Non è un caso, dunque, che il tema della comunicazione dei dati non finanziari cominci a diventare sempre più rilevante per le piccole e medie imprese, per consentire ad analisti e società di rating di comprendere e apprezzare qualitativamente e quantitativamente gli sforzi profusi dal management nella tensione verso l’eccellenza in ambito ESG. Dal 2017 le imprese quotate sui listini regolamentati sono tenute a pubblicare una rendicontazione non finanziaria; cominciano, quindi, ad essere disponibili informazioni di valore per il mercato (anche se la maggior parte degli studi realizzati fino ad oggi, su possibili impatti positivi della efficace rendicontazione dei paramenti ESG, sono stati spesso confinati al mondo delle blue chips e quasi mai al mondo delle piccole e medie imprese).

Aggiunge un tassello l’ultima ricerca di Intermonte SIM, in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano. Lo studio, intitolato “Le strategie di comunicazione delle mid e small cap quotate su Borsa Italiana in ambito ESG: un’analisi di benchmarking” si è concentrato proprio sull’analisi della rendicontazione dei dati non finanziari di un campione selezionato di società mid e small cap italiane quotate, per valutare la completezza e l’efficacia della comunicazione delle metriche ESG e i risultati ottenuti in tale ambito (sulla base dei principali KPI desunti dagli elenchi di vari framework nazionali e internazionali) nel corso del triennio 2017-2019.

Comunicazione dei dati non finanziari in ottica ESG

I dati mostrano che le società oggetto di analisi hanno divulgato in media il 73,8% delle informazioni considerate rilevanti. Grande attenzione viene data soprattutto alla componente Social (il campione ha comunicato in media l’88,0% dei parametri mappabili), seguita da quella Environmental (70,9%) e da quella di Governance (67,2%). Emergono però ambiti in cui solo poche aziende sono state del tutto trasparenti (e questo può alimentare perplessità di investitori e stakeholder sull’effettivo impegno nei confronti della sostenibilità): solo il 38,1% del campione ha legato le proprie politiche di incentivazione e remunerazione alle variabili ESG. Appena un terzo di queste d’altronde dispone di un CSR manager preposto per la supervisione e l’implementazione dei piani di sostenibilità.

Migliore performance del campione

Le società analizzate hanno performato molto meglio del mercato nell’arco del triennio: il valore mediano della performance è +76,6%, più del triplo rispetto alle blue chip e alle altre small e mid cap. Considerando che le imprese selezionate sono quelle che hanno rilasciato più informazioni in ambito ESG, ciò può rappresentare un elemento distintivo rispetto all’attenzione che il mercato ha riservato in termini di premio di performance. Si può inoltre apprezzare la presenza significativa nel capitale delle aziende del campione di investitori istituzionali e fondi: in media il 18,1% del capitale totale è in mano a questi soggetti mentre il valore mediano è il 17%.

Principali takeway

Considerando che, come anticipato, le imprese analizzate sono quelle che diffondono le informazioni ESG in modo più dettagliato, esistono ancora molti spazi di miglioramento per le small e mid cap italiane. Numerosi sono gli appuntamenti normativi previsti per il 2021 e 2022 cui il mercato finanziario dovrà adattarsi e che coinvolgono temi centrali quali la tassonomia delle attività sostenibili, i servizi finanziari e lo standard che qualifica i fondi e i titoli finanziari orientati alla sostenibilità.  Per le piccole e medie imprese, in particolare, sarà fondamentale prepararsi con largo anticipo alle sfide future legate alla diffusione delle informazioni non finanziarie; chi riuscirà ad anticipare proattivamente l’evoluzione normativa godrà di un vantaggio competitivo rispetto agli altri, in quanto sempre di più capitali e risorse sul mercato saranno vincolati ad essere investiti secondo criteri ESG.

 “Il tema della sostenibilità sta monopolizzando l’attenzione dei mercati finanziari, consolidandosi come fattore centrale anche nelle strategie di investimento, grazie alla spinta delle autorità di mercato, dei legislatori europei e dei risparmiatori ad ogni livello, dai retail agli istituzionali”, spiega Guglielmo Manetti, amministratore delegato di Intermonte SIM. “Pochi sono ormai disposti ad affidare i propri capitali ad imprese che non implementano strategie orientate alla sostenibilità di lungo termine, attraverso buone pratiche finalizzate alla tutela dell’ambiente, all’inclusione e welfare sociale e ad una governance trasparente e rispettosa di tutti gli stakeholder. Inoltre, nuovi adempimenti obbligatori stanno per riguardare le imprese emittenti di titoli diffusi e chi ingegnerizza, gestisce e colloca prodotti finanziari che vi investono”.