George Efstathopoulos, portfolio manager del FF Asia Pacific MA Growth & Income Fund di Fidelity International, analizza gli ultimi sviluppi dello scontro sui dazi tra Pechino e Washington.
Pechino ha reagito. Dopo l’entrata in vigore di nuovi dazi sulle merci cinesi importate negli Sati Uniti per complessivi 200 miliardi di dollari statunitensi, la Cina ha annunciato che farà lo stesso a partire dal primo giugno su beni americani per 60 miliardi di dollari, alzando le tariffe dal 10% al 20-25%. Un nuovo capitolo che riaccende le ostilità, in controtendenza rispetto al consensus espresso dai mercati fino alla metà del mese di aprile. Non vi è dubbio, però, sulla persistenza di un significativo spazio di manovra per arrivare ad un accordo, con continui negoziati che vivranno una tappa importante in occasione del G20 di fine giugno quando è previsto il prossimo incontro diretto tra Donald Trump e Xi Jinping. Gli effetti sui mercati sono però già visibili, in particolare sotto il profilo dell’aumento di volatilità.
“La guerra commerciale”, afferma George Efstathopoulos, portfolio manager del FF Asia Pacific MA Growth & Income Fund di Fidelity International, "sta davvero influenzando il sentiment di mercato, come abbiamo potuto constatare nelle ultime sedute di negoziazione e la debolezza del mercato azionario e della valuta cinese potrebbe protrarsi”. “L'attuale sentiment ribassista, in realtà”, prosegue Efstathopoulos, “potrebbe offrire opportunità di acquisto purché la retorica della guerra commerciale non intacchi i fondamentali”. “I recenti sviluppi”, fa notare sul punto il portfolio manager di Fidelity International, “hanno portato le azioni a registrare perdite nelle ultime sessioni, soprattutto nei settori direttamente interessati dal conflitto commerciale, e i rendimenti dei Treasury USA hanno quasi raggiunto i risultati peggiori delle ultime sei settimane”.
Impatto limitato oltre il breve periodo
Nonostante la necessità di monitorare gli andamenti dei fondamentali, in particolare dell’inflazione, la posizione degli analisti dell’asset manager statunitense è che sia prematura un’eccessiva preoccupazione per ripercussioni sulla crescita economica nelle due economie più grandi al mondo.
“L'impatto della guerra commerciale stessa è relativamente limitato”, spiega Efstathopoulos, “se confrontato con la dimensione del PIL cinese e quella delle recenti misure di stimolo attuate dal Paese”. “La Cina”, specifica, “ha la possibilità di ammortizzare mediante strumenti politici l'impatto della guerra commerciale. “Rispetto al 2018”, conclude, “Pechino è più preparata, considerando le misure di stimolo economico sia da un punto di vista fiscale che monetario”.