Burcheri (Fidelity): “È il momento di riposizionare il portafoglio dopo questo periodo di aggiustamento”

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Rosanna Burcheri. Foto concessa (Fidelity)

Venticinque anni di esperienza nei mercati finanziari e un contesto macroeconomico totalmente rivoluzionato. “Nel passato c’era più tempo per noi gestori per riflettere su quali mosse fare, per cambiare la strategia ma anche per le società di adattarsi al contesto, oggi invece è tutto molto più rapido” esordisce così Rosanna Burcheri che gestisce il Fidelity FF America Fund. La strategia, da settembre dello scorso anno, ha modificato circa il 45% del portafoglio.

Secondo l’esperta anche le opportunità di investimento si presentano in maniera altrettanto rapida e per questo è necessario saperne approfittare. “Negli ultimi tempi c’è stata una moltitudine di incognite sul mercato ma nonostante questo rimango ottimista. Il momento per essere negativi è stato invece lo scorso anno. Quando ho ripreso la gestione del fondo avevo la necessità di posizionarmi in maniera estremamente difensiva per navigare il mercato in una fase in cui le aspettative di inflazione stavano crescendo” spiega Burcheri raggiunta da FundsPeople in un suo recente viaggio a Milano.

Un’ottica di lungo periodo

La questione dirimente al momento è ciò che accadrà nel lungo termine. “Valutiamo due elementi, da una parte l’impatto dovuto all’onda lunga del Covid. Penso ad esempio al settore della logistica bloccata, le società che avevano ordinato troppo trovandosi un surplus in termini di scorte di magazzino. Eppure nonostante questo c’è stato un aggiustamento e ci troviamo sulla buona strada in questo senso” prosegue l’esperta di Fidelity che gestisce il fondo con Rating FundsPeople 2022.

Dall’alta parte permangono elementi più strutturali come l’approvvigionamento energetico o, in generale, la guerra in Ucraina. “Ci troviamo a questo punto a seguito di un decennio di mancati investimenti. Se da un lato sono stati fatti i investimenti sulle rinnovabili, dall’altro investimenti e diversificazioni in energie di transizione come il gas naturale sono state messe da parte” sottolinea. L’altro tema è rappresentato dall’universo dei semiconduttori. “La mancanza di questa componente è una conseguenza delle politiche di Trump, quando vengono imposte tariffe o viene attuato un embargo, ci vuole davvero molto tempo per cambiare rotta. Come noto, a livello geopolitico gli Stati Uniti sono dipendenti sulla fabbricazione di semiconduttori da Paesi come Taiwan, e questo rappresenta un problema”.

Eppure mai come in questo caso è possibile affermare che dalle criticità possono nascere delle occasioni. “Alcuni comparti o settori necessitano di investimenti, ebbene è proprio lì che, se da una parte è possibile registrare delle carenze contingenti, dall’altra è possibile identificare le opportunità da seguire nel prossimo futuro”.

La specialista è rientrata di recente da un viaggio nella Silicon Valley dove ha potuto constatare come si stiano muovendo le aziende tech in questa fase. Se è vero che l’inflazione rappresenta ancora un’osservata speciale, è altrettanto necessario sottolineare come le società comincino a prendere le misure con questi alti livelli.

“E’ indubbio che quelli attuali siano mercati schizzofrenici e che seguono i dati macroeconomici ma soprattutto i trend che al momento sono negativi. A mio avviso però, il maggiore dei rischi nel mercato statunitense, è comprendere come questo reagirà a una possibile recessione. Guardando alle cifre del primo trimestre è possibile vedere che il PIL USA era già in recessione. Certo, potremmo anche entrare in una recessione tecnica (due trimestri consecutivi ndr.) ma come dicevo prima, in un certo senso le società già lo sanno e si stanno tutelando attraverso il cash flow, mantenendo i bilanci sani essendosi rifinanziate grazie agli ultimi 10 anni di tassi di interesse estremamente bassi” commenta Burcheri.

Eppure ci sono già stati altri momenti nella storia in cui l’inflazione ha raggiunto dei picchi che hanno messo a dura prova gli investitori. “Li ricordano tutti gli anni ’70, periodo storico in cui il dato sull’inflazione era scalcitante; ma di certo all’epoca non era possibile contare sull’attuale livello di digitalizzazione e automazione”. 

L’altra osservata speciale rimane la Fed e, di conseguenza, le sue prossime mosse. “Va compreso quale sarà l’atteggiamento di Powell a un eventuale crash dell’economia durante il quale le società tendono a posizionarsi in maniera difensiva. Questo però non rappresenta il mio scenario base, il consumatore è razionale e comincia ad aggiustare, ha iniziato a farlo già da gennaio scorso; un elemento estremamente negativo sarebbe invece se, come già successo durante la pandemia, il consumatore si fermasse completamente, mettendosi in una posizione di difesa totale” dice l’esperta.

Value vs Growth

“Il prezzo è quello che paghi il valore è quello che compri” stigmatizza Burcheri parlando della rotazione tra titoli value e growth.  “Secondo me non esistono settori value in assoluto, dipende dalla valutazione. Sono dell’opinione che sia necessario guardare a tutto il mercato, immaginando cosa può fare un’azienda nei prossimi dieci anni nel suo percorso di sviluppo, valutandone così il valore intrinseco” sottolinea. La specialista di Fidelity mette inoltre in guardia sul price to book, “è un dato che aveva senso guardare negli anni ‘70-‘80 quando la composizione dell’indice era completamente diversa da quella attuale. La gran parte del mercato oggi è costituita da aziende che si occupano di software, tech, content, per questo non hai nulla a livello di book value, la spesa di ricerca sviluppo, ad esempio negli Stati Uniti, è una voce che non compare nel bilancio a differenza delle operazioni di M&A”.  

Aumentare posizioni di società già in portafoglio

Andando a ritroso nel tempo e analizzando il portafoglio, come si diceva prima, il Fidelity FF America Fund alla fine dello scorso anno era in una posizione difensiva. “Continuo ad analizzare tematiche di lungo termine più che porre l’attenzione ai singoli settori. Per me continuano a essere interessanti le zone di valore, analizzando le correzioni del free cash flow. In questa fase mi sto impegnando ad aumentare le posizioni già presenti piuttosto che vendere, avevo posizioni piccole ma il portafoglio era esposto a un numero considerevole di società (con percentuali tra l’1.5-1.7%)” spiega. In questa fase c’è dell’interesse verso società esposte al settore della compravendita di case. “Negli Stati Uniti rimane vivido il ricordo della crisi del 2008, ma se si osservano gli ultimi 80 anni è lampante come quello sia stato un accadimento unico nel suo genere poichè si è trattato di una speculazione. A quel tempo erano state costruite troppe case per una domanda ridotta, il trend attuale è invece esattamente l’opposto” evidenzia. A Burcheri piacciono anche società legati al settore della infrastruttura digitale, “abbiamo comprato recentemente FedEx, una società fondata negli anni ’70 e che di certo ha bisogno di innovazione nel suo business model, ma è anche per questo che può far bene nei prossimi anni e per noi rimane interessante” conclude.