Chelini (Fideuram AM SGR): “La sostenibilità è anche questione di pazienza”

Simone Chelini news
Foto ceduta (Fideuram AM SGR)

Ben l’89,8% dei risparmiatori italiani, secondo il rapporto annuale Assogestioni-Censis sugli investimenti sostenibili, vorrebbe che ci fossero istituzioni o enti certificatori terzi per garantire che gli investimenti green siano davvero conformi agli obiettivi e ai criteri annunciati. Una soluzione che consentirebbe di concretizzare le intenzioni dichiarate dai risparmiatori, perché permetterebbe di fugare ogni diffidenza. Resta, infatti, irrisolta la questione della definizione univoca di che cosa sia da intendere per investimento green, e c’è il timore per possibili operazioni di greenwashing, così come abbiamo già visto in passato. Per questo gli italiani reputano essenziale l’istituzione di intermediari terzi che garantiscano che quello che viene dichiaro green lo sia poi effettivamente.

Oltre duecento interventi

Ad oggi gli sforzi delle istituzioni europee per pervenire a una uniformità tassonomica e concettuale non sono stati risolutivi. Ma è pure vero che molti passi sono stati fatti. Solo lo scorso anno sono stati oltre 200 gli interventi normativi su scala globale. Tra questi, per esempio, la Direttiva UE relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità (CSRD) e il Regolamento europeo sull’informativa sulla sostenibilità nei servizi finanziari (SFDR) che hanno introdotto nuovi requisiti di rendicontazione relativamente ai fattori ESG, rispettivamente per le imprese e per gli investitori. Non dimentichiamoci poi della formazione nel Regno Unito della Task force sull’informativa finanziaria relativa al clima (TCFD) per le grandi aziende e delle proposte per l’informativa sul clima avanzate negli Stati Uniti dalla Commissione della Borsa valori (SEC) con l’obiettivo di intervenire più proattivamente in tale ambito.

Quel che è chiaro è che per investire in maniera sostenibile, così come spiega Simone Chelini, head of ESG & Strategic Activism in Fideuram AM SGR, c’è bisogno di pazienza. “Non si tratta di fare trading, parliamo di un investimento finanziario che ha bisogno di tempi di sviluppo, anche e soprattutto per la responsabilità e la trasparenza che servono alla base di un qualsiasi prodotto ESG”, spiega. “L’industria non può perdere quest’opportunità, non può fallire. È un tema fondamentale, che riavvicina il grande pubblico all’economia reale, motore dello sviluppo economico del Paese e quindi delle generazioni future. È importante, perciò, non fare alcun passo che non sia guidato da un’analisi solida e robusta e soprattutto da aspetti commerciali che lasciano il tempo che trovano”.

Un fondo articolo 9 per i bambini

Tempo e cura, dunque. Due concetti che sono stati alla base del lancio del Fonditalia 4 Children, classificato articolo 9 ai sensi della normativa SFDR avendo come obiettivo gli investimenti sostenibili e perseguendo, oltre a un ritorno finanziario, un impatto ambientale e sociale positivo con focus particolare sul corretto sviluppo socio- educativo dei bambini. “Ci abbiamo messo un anno per lanciarlo. Abbiamo studiato bene le possibili strategie di investimento, lavorando fianco a fianco con Unicef. Non è stato facile misurare e dialogare costantemente con le aziende”.

Il fondo investe circa il 30% in green bond mentre il 70% in aziende specifiche, che fanno della sostenibilità il loro core business. “Ne abbiamo poche, circa 80, ma siamo in contatto costante con ciascuna, per capirne i criteri e il business. Mandiamo centinaia di lettere e se non ci soddisfano le risposte continuiamo a chiedere”. Parliamo di aziende che generano impatto significativo sulle tematiche ESG e con criteri di esclusione specifici, come ad esempio la produzione e distribuzione di armi, la pornografia e il gioco d’azzardo, la produzione di bevande alcoliche e tabacco ma anche una tolleranza zero verso il lavoro minorile o le aziende che violano il codice internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno.  “Oggi abbiamo raccolto circa 250 milioni e abbiamo già messo in moto dei progetti per tutelare i bambini” racconta Chelini. La strada è ancora lunga ma, come ribadisce l’esperto, la sostenibilità è anche questione di pazienza.