Con l'aumento delle dimissioni l'inflazione potrebbe non essere più solo transitoria

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Daria Shevtsova, Unsplash

Negli outlook per il prossimo anno delle più grandi società di gestione c'è sempre un ampio spazio dedicato all'aumento dell'inflazione. Sebbene l'aumento dei prezzi condivida ora i riflettori con la nuova variante sudafricana del COVID-19, rimane il grande rischio di mercato per l'impatto che potrà avere sulla politica monetaria.

Finora il messaggio è chiaro: non preoccuparsi troppo perché il rimbalzo visto nell'indice dei prezzi al consumo è temporaneo. Come mai? Perché è legato a fattori specifici (il blocco della filiera, l'aumento del prezzo delle materie prime derivante all'aggiustamento tra domanda e offerta), e quindi non strutturale. Tuttavia, c'è qualcosa che comincia a destare qualche preoccupazione poiché potrebbe non essere un fattore transitorio come tutte le precedenti ossia il fenomeno dell'aumento della disoccupazione.

Il dilemma della piena occupazione

Questo comporta due cose. La prima che il tasso di partecipazione rimanga invariato al 61,6%, due punti percentuali in meno rispetto ai livelli pre-pandemia, che, secondo Schroders, genera un deficit di circa 3,1 milioni di lavoratori. E in secondo luogo, che parallelamente il tasso di disoccupazione continui a scendere (è al 4,6%) avvicinandosi al livello di piena occupazione. "Raggiungere la piena occupazione potrebbe mettere la Fed in una posizione difficile molto presto e sollevare preoccupazioni. Sicuramente sentiremo dire che anche il basso tasso di partecipazione è transitorio, ma questo messaggio sta via via scemando tra i partecipanti al mercato obbligazionario", afferma Dillon Lancaster, manager di TwentyFour.

Senza il pretesto di un miglioramento del tasso di occupazione e con l'inflazione in aumento (poiché coloro che già lavorano iniziano a chiedere aumenti salariali per coprire il più alto costo della vita), la Fed potrebbe avere difficoltà a mantenere la politica del tasso di interesse pari allo 0%. "Con l'aumento del costo della vita e i salari stagnanti, è probabile che assisteremo a un incremento di richieste di aumenti salariali mentre i datori di lavoro lotteranno per attrarre manodopera", afferma Tatjana Greil-Castro, manager di Muzinich & Co.. Infatti, in un Paese come gli Stati Uniti, nelle ultime settimane si è vista una nuova ondata di manifestazioni e scioperi per rivendicare un miglioramento nelle condizioni di lavoro.

"Siamo preoccupati per una possibile seconda ondata di inflazione mentre le aziende sono alle prese con salari più alti e cercano di trasferire questo costo sui consumatori", ha affermato Keith Wade, capo economista di Schroders. Questo fa eco ai dati pubblicati dalla National Federation of Independent Businesses (NFIB) che indicano come quasi il 30% delle PMI americane prevede aumenti salariali nei prossimi tre mesi, la cifra più alta da 15 anni a questa parte.