D’ora in avanti i gestori devono dimostrare il loro valore

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Giorgio Fata

Il 2018 è stato un anno difficile per i gestori attivi, soprattutto nella seconda parte dell’anno quando il mercato ha iniziato la forte fase di correzione sui timori di un rallentamento economico generato soprattutto dalla guerra dei dazi tra Usa e Cina. La volatilità si è diffusa in tutte le asset class rischiose, con movimenti sempre più rapidi e ampi, comportando una forte rotazione settoriale e di titoli. 

“Secondo il mio punto di vista, per il 2019 i gestori attivi sono chiamati a dimostrare, a seguito della lunga parentesi delle politiche monetarie ultra espansive, la loro capacità di selezionare i titoli delle società con le migliori prospettive evitando invece quelli sopravvalutati o destinati a accusare in modo significativo il rallentamento dell’economia e il possibile rialzo dei tassi di interesse, differenziandosi così dagli strumenti passivi”, spiega Marco Frattolillo, fund selector per la componente azionaria, Monte dei Paschi di Siena.

Massimiliano Orioli, partner e responsabile gestioni patrimoniali, Anthilia Capital Partners concorda sul fatto che il 2018 non è stato un anno positivo. “Un elemento su tutti che ha contribuito a complicare le aspettative degli investitori è stata la circostanza, storicamente rara, che la quasi totalità degli strumenti finanziari ha generato ritorni negativi, mentre quei pochi che hanno premiato lo hanno fatto in modo modesto”, spiega. “Inoltre, nel corso dell’ultimo trimestre dell’anno, un’infelice concatenazione di eventi che ha generato un vistoso e turbolento innalzamento della volatilità. Questo ha provocato delle importanti, ma temporanee, dislocation che hanno penalizzato la maggior parte dei gestori attivi”.

Secondo Alessandro Angelini, fund analyst di Euromobiliare Advisory SIM bisogna fare una distinzione tra gestori attivi e gestori flessibili/alternativi. “I primi hanno semplicemente rispettato il loro stile, senza particolari sorprese in positivo: gestori che investono nell’asset class di riferimento con un approccio low risk finalizzato alla limitazione del drawdown hanno fatto il loro lavoro, mentre gestori attivi con profilo di rischio/rendimento più significativo hanno sofferto”, spiega. 

“I gestori alternativi, invece, hanno generalmente deluso, market neutral compresi (soprattutto). Per loro si è verificato un problema piuttosto noto: nei periodi di rotazione infra settoriale o di rotazione fattoriale, l’unico modo per salvarsi è quello di una riduzione repentina e tempestiva della gross e di un aumento dell’attività di trading. Comparti con gross elevate (mkt neutral di stampo quant compresi) hanno sofferto”.

Al contrario Matteo Santoro, portfolio manager di Kairos, è rimasto molto contento della componente attiva del portafoglio, che in molti casi ha performato meglio degli indici di riferimento. “Soprattutto per quei gestori che hanno selezionato aziende con vantaggi competitivi sul mercato. Anzi, a mio avviso, sono state le strategie passive che hanno registrato una performance mediocre nel 2018”, spiega.