Nella prima parte della tavola rotonda organizzata da Funds People su big data e strategie quantitative Alessandro Beber (BlackRock), Matteo Campi (Arca Fondi SGR), Teodor Naoumov (Pramerica SGR) e Filippo Stefanini (Eurizon) definiscono l’attuale utilizzo di metodologie innovative e le sfide che impongono all’industria.
Sono passati più di 80 anni da quando Benjamin Graham e David Dodd pubblicarono la prima edizione di Security Analysis. Da allora le strategie quantitative hanno progressivamente incrementato, seppur con fasi di alterna attenzione da parte degli operatori, la loro rilevanza tra gli approcci all’investimento. È però negli ultimi 10 anni che la rivoluzione digitale ha fatto segnare un deciso cambio di passo, causato congiuntamente dall’aumento della capacità di calcolo e del numero di dati disponibili.
“Per strategie quantitative”, spiega Matteo Campi, responsabile dell’Ufficio Investimenti Multimanager e Alternative di Arca Fondi SGR, “intendiamo quelle modalità di investimento basate su regole di intervento che riducono al minimo la discrezionalità del gestore”. “Il ruolo del team di investimento”, chiarisce Filippo Stefanini, head of Multimanager Investments & Unit Linked di Eurizon Capital SGR, “è principalmente quello di sviluppare modelli che abbiano come input dati, che in passato erano solo prezzi, mentre oggi possono anche essere Big Data””, ma, sottolinea Teodor Naoumov, Responsabile del Team Quantitative di Pramerica SGR, “anche nel caso di strategie consistenti in un algoritmo che viene applicato per definizione senza l’interferenza del gestore, rimane un apporto discrezionale fondamentale costituito dalla decisione dei due momenti fondamentali di apertura e chiusura della strategia”. Un caveat decisivo che può determinare il successo o l’insuccesso di uno strumento a prescindere dall’effettivo funzionamento del modello e che sottolinea l’importanza della componente umana anche relativamente alle strategie più sofisticate. Movimenti dei mercati dovuti a fattori idiosincratici o cambi nello scenario macroeconomico possono, infatti, mettere in crisi modelli quantitativi così come minare la loro capacità di consegnare i risultati previsti. “La quantità dei dati oggi disponibili e la loro complessità”, sostiene Alessandro Beber, membro del Global Equity Research team - Systematic Active Equity business di BlackRock, “rendono necessari approcci più innovativi e allo stesso tempo più rigorosi per ottenere da un lato risposte rilevanti in ambito economico e dall’altro evitare trappole interpretative”.
Siamo tutti Quantamental
Al netto delle difficoltà connesse ad ogni rivoluzione in qualsiasi ambito, è innegabile quanto l’utilizzo dei dati nel mondo della gestione rappresenti un aspetto sempre più rilevante. “Si nota”, fa rilevare Filippo Stefanini, “una sempre maggiore trasversalità delle strategie di tipo quantitativo, sia in termini di asset class che di stili di gestione, sebbene l’ambito di maggiore diffusione rimanga quello azionario, oltre a quello delle strategie di derivazione hedge”. “Nel mondo equity”, specifica Teodor Naoumov, “è ormai indispensabile un’analisi preliminare basata su modelli data driven per poi andare a lavorare in modo discrezionale su una minore quantità di titoli”. Si tratta delle strategie definite Quantamental che, seppur non puramente sistematiche, utilizzano in alcune fasi del processo di allocazione innovative tecniche di analisi dati. Una tipologia di strategie utilizzate anche in Arca Fondi SGR, conferma Matteo Campi, “dove le strategie definibili come quantitative rappresentano ormai la maggioranza del comparto azionario”.
Esiste però una differenza fondamentale tra un approccio che si avvale dell’utilizzo di dati e uno basato sull’analisi sistematica, afferma Alessandro Beber. “L’approccio quantitativo puro presuppone che il numero di scommesse sia sufficiente per raggiungere obiettivi di tipo sistematico, solitamente difficili da ottenere su un portafoglio concentrato. L’efficacia della tecnica si misura e consegna risultati su grandi numeri. Chiaramente la presenza di dati fornisce maggiore informazioni al gestore fondamentale il quale però non può compiere valutazioni esclusivamente sulla base dei dati stessi considerato che il numero di posizioni in portafoglio non permette una piena scientificità del processo”.