EFPA Europe impegnata a sviluppare certificazioni europee comuni per consulenti finanziari

EFPA meeting
Mariola Szymanska, president EFPA Poland; Vania Franceschelli, president, FECIF; Salvatore Gnoni, head of Investor Protection and Intermediaries Unit, ESMA; Josep Soler, executive delegate EFPA Spain, director EFPA Europa; Marta Gellová, president EFPA Czech Republic; Emanuele Maria Carluccio, president EFPA Europe; David Charlet, president ANACOFI and member board FECIF, immagine concessa (EFPA Europe)

L’EFPA è impegnata a sviluppare delle certificazioni comuni a livello europeo per i consulenti finanziari come una delle chiavi per affrontare le attuali carenze nell'attuazione della direttiva MiFID II, che ha mostrato grandi differenze nell'implementazione dei requisiti e degli standard di qualificazione nei diversi Paesi dell'Unione europea.

Questa è una delle conclusioni raggiunte nel corso di un incontro organizzato dall'EFPA questa settimana a Parigi con i principali professionisti della pianificazione e della consulenza finanziaria di tutta Europa e con i rappresentanti di tutti gli organismi nazionali dell'EFPA. Sono state discusse questioni attuali di interesse per l'intera comunità europea dei consulenti finanziari. L'incontro è servito a presentare al settore i risultati dello studio EFPA "Improving Qualifications for Financial Advisors in the EU - Policy Proposals" (Miglioramento delle qualifiche dei consulenti finanziari nell'UE - Proposte politiche), che cerca di chiarire le sfide che la professione del consulente finanziario deve affrontare in Europa, evidenziando la questione di come raggiungere l'armonizzazione e standard minimi comuni in tutti i Paesi.

In relazione a questo studio, sono stati affrontati due temi di estrema rilevanza per il settore: la necessità di certificazioni europee comuni per contrastare la carente attuazione della MiFID, che differisce ampiamente da Paese a Paese, e l'analisi delle misure proposte nella Retail Investment Strategy della Commissione europea.

Omogeneità

L'EFPA sottolinea gli argomenti a favore della creazione di un marchio paneuropeo per i consulenti finanziari, basato sulle esigenze percepite dai consulenti della regione. Tra i vantaggi vi è il fatto che, oltre a fornire qualità, competenza e riconoscimento reciproco a livello europeo, rafforzerebbe le pratiche di mercato dell'UE e livellerebbe le condizioni di gioco tra i vari Paesi, consentendo una maggiore visibilità sulla qualità del servizio ai clienti e innalzando la qualità della consulenza finanziaria in generale, creando un ambiente competitivo e condizioni di maggiore parità. Inoltre, stabilendo criteri comuni, si garantirebbe che tutti i consulenti soddisfino gli stessi standard e requisiti in tutta Europa, il che aumenterebbe la fiducia dei consumatori e faciliterebbe le attività transfrontaliere dei consulenti che operano in diversi Paesi dell'UE.

Secondo l'EFPA, la certificazione comune europea dovrebbe basarsi sui principi comuni tratti dalla MiFID II e dalla IDD (Insurance Distribution Directive), che comprendono la qualificazione professionale, i risultati dell'apprendimento, il livello e gli standard di convalida. Viene inoltre proposta la regola della proporzionalità, secondo la quale è necessaria una qualifica appropriata per svolgere una funzione specifica, ad esempio un livello più elevato per la consulenza. Inoltre, viene sottolineata l'importanza della conformità agli standard di etica aziendale come parte integrante della qualifica, e si sottolinea la necessità di una formazione strutturata basata sui risultati di apprendimento richiesti per la qualifica. Infine, viene proposto uno sviluppo professionale continuo e convalidato per sostenere il costante aggiornamento delle conoscenze e delle competenze del titolare della certificazione.

EFPA Europe sostiene quindi che, se si vogliono raggiungere gli ambiziosi obiettivi della Retail Investment Strategy della Commissione europea, è necessario e plausibile procedere verso un'ulteriore armonizzazione delle certificazioni dei consulenti finanziari nell'Unione europea.

Revisione della Retail Investment Strategy

Durante la riunione dell'EFPA Europe a Parigi, gli esperti hanno anche discusso in modo approfondito la nuova Retail Investment Strategy della Commissione europea, che affronta i problemi dei mercati finanziari per migliorare l'impegno degli investitori al dettaglio e rispondere alle loro principali sfide, tra cui l'asimmetria informativa o la mancanza di educazione finanziaria.

L'EFPA, la FECIF (Federazione europea dei consulenti finanziari e degli intermediari finanziari) con cui EFPA Italia collabora, l'EFAMA (l'associazione dei gestori di fondi) e l'ESMA, l'autorità di vigilanza del mercato europeo, insieme a un rappresentante della Commissione europea hanno partecipato a un incontro nel contesto dell'evento di Parigi. Il fatto che la Commissione, in risposta alla richiesta dell'intero settore, abbia abbandonato l'idea di un divieto totale delle commissioni va a vantaggio dei consumatori. La Commissione si è concentrata sulla proposta di misure a tutela dei risparmiatori e si è limitata a imporre un divieto sugli incentivi per i servizi di esecuzione diretta. Gli esperti concordano sul fatto che un divieto generale sulle commissioni destabilizzerebbe gli attuali canali di distribuzione dei prodotti di risparmio e ostacolerebbe la fornitura di consulenza ai profili che ne hanno più bisogno, limitando al contempo la diversità di scelta. Tuttavia, gli operatori del settore hanno criticato le altre misure proposte e hanno sollevato seri dubbi sulla possibilità di raggiungere gli obiettivi proposti.

Queste organizzazioni hanno discusso le misure per aumentare la trasparenza e garantendo la reddittività nei mercati finanziari, affrontando diversi approcci alla Strategia europea, relativi a come migliorare la regolamentazione, armonizzare l'accesso ai prodotti di investimento, guidare la digitalizzazione e promuovere la relazione qualità-prezzo.

Tuttavia, hanno riconosciuto che vi sono preoccupazioni per la mancanza di una chiara definizione di alcuni concetti e per l'eccessivo riferimento ai costi, senza considerare altri fattori come i rendimenti o la finanza sostenibile. Inoltre, gli esperti hanno espresso preoccupazione per l'impatto sulle piccole e medie imprese di consulenza e per la necessità che da questo dibattito emerga effettivamente un quadro normativo chiaro per attrarre gli investimenti degli investitori al dettaglio.