I fondi pensione battono il TFR (anche durante il Covid)

Kelly Sikkema, Unsplash
Kelly Sikkema, Unsplash

I fondi pensione resistono alla crisi pandemica. Nonostante un 2020 tutt’altro che facile, la previdenza complementare sembra aver retto l’onda d’urto: secondo i dati appena pubblicati da Covip, a dicembre 2020 le risorse destinate alle prestazioni sono pari a 196 miliardi di euro, 11 in più rispetto alla fine del 2019. Il patrimonio dei fondi negoziali risulta pari a 60,4 miliardi di euro, il 7,5 per cento in più. Per i fondi aperti si attesta a 25,4 miliardi e a 39,2 miliardi per i PIP “nuovi” aumentando, rispettivamente, dell’11,1 e del 10,4 per cento.

I flussi contributivi nel 2020 hanno totalizzato 12,4 miliardi di euro (3 per cento in più rispetto al 2019) attenuando la propria crescita rispetto al trend degli anni precedenti (poco sopra il 5 per cento annuo) ma mantenendosi comunque in territorio positivo, nonostante la crisi determinata dal virus. Il calo dei contributi osservato nel secondo trimestre, in corrispondenza della fase più acuta della crisi, è stato quindi recuperato. Un’analisi che tiene conto della stagionalità in effetti conferma che il calo dei contributi specificamente imputabile all’emergere della pandemia sia comunque stato di ammontare limitato. La differenza tra il flusso complessivo incassato nel 2020 e quello del 2019 è positiva per circa 350 milioni di euro a livello di sistema; nelle diverse tipologie di forma pensionistica è positiva sia per i fondi negoziali e per i fondi aperti sia, seppure in misura marginale, per i PIP.

Numeri in calo

Semmai un leggero calo si registra nei numeri: a fine dicembre le posizioni in essere sono 9.353 milioni, dicono da Covip, con una crescita rispetto al 2019 di 236 mila unità che risulta comunque inferiore rispetto ai periodi precedenti alla crisi da lockdown. Rispetto alla fine del 2019, nei fondi negoziali si registrano circa 101 mila posizioni in più (3,2 per cento), portandone il totale a fine anno a 3,261 milioni. I maggiori incrementi si riscontrano nel fondo destinato ai lavoratori del settore edile, (20.600 unità in più) e nel fondo rivolto ai dipendenti pubblici (14 mila unità in più). Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,628 milioni di posizioni, 76 mila unità in più (4,9 per cento). Pei i PIP “nuovi” il totale delle posizioni, 3.508 milioni, è in aumento di 89 mila unità (2,6 per cento), sempre rispetto alla fine del 2019.

Rendimenti positivi

Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti sono stati positivi per i fondi negoziali e per i fondi aperti: rispettivamente 3,1 e 2,9 per cento. Sono risultati negativi, ma solo marginalmente (-0,2 per cento), per i PIP di ramo III. Per le gestioni separate di ramo I il risultato è stato pari all’1,4 per cento. Questi risultati si devono, come spiega la stessa Commissione, alle condizioni più distese dei mercati finanziari: “dopo una prima parte dell’anno nella quale si sono registrate tensioni, i mercati finanziari hanno progressivamente recuperato nel corso della restante parte del 2020. Rispetto alla fine del 2019, i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine sono scesi per i principali Paesi, in particolare nell’ultimo trimestre dell’anno per quanto riguarda l’Area dell’euro; i differenziali di rendimento dei titoli governativi italiani rispetto ai titoli tedeschi si sono portati al di sotto dei livelli di fine 2019. I listini azionari, che nella prima parte dell’anno avevano subito perdite rilevanti, sono saliti sensibilmente, riportandosi a valori superiori di quelli di inizio anno negli Stati Uniti e in Giappone e recuperando comunque gran parte delle perdite anche nell’Area dell’euro; la volatilità è progressivamente scesa dopo i massimi raggiunti nel mese di marzo”.

Valutando poi i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, restano nel complesso soddisfacenti. Nei dieci anni da inizio 2011 a fine 2020, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6 per cento per i fondi negoziali, al 3,7 per i fondi aperti, al 3,3 per i PIP di ramo III e al 2,4 per cento per le gestioni di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari all’1,8 per cento annuo.