Europa ancora al timone degli investimenti ESG
Il gap tra Europa e Stati Uniti rispetto alle normative e allo sviluppo dei fondi sostenibili è destinato a ridursi? La pensano così i partecipanti della seconda tavola rotonda di Hub ESG.
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L’Europa è pioniera degli investimenti sostenibili, mentre si può dire che gli Stati Uniti soffrano di un leggero ritardo, soprattutto sul fronte reporting ESG. Un processo che ha delle conseguenze nel processo di valutazione dei fondi ESG e delle stesse aziende. Anche se gli effetti devastanti del cambiamento climatico diventano sempre più evidenti anno dopo anno, un vento anti-ESG ha iniziato a soffiare in gran parte del più grande mercato di investimento del mondo con alcuni dei maggiori operatori e dei politici più influenti degli Stati Uniti hanno dichiarato di non essere disposti a compiere il prossimo passo verso il net zero. Mentre l'Europa ha incoraggiato e regolamentato gli investimenti sostenibili, negli Stati Uniti sono entrate in vigore misure concrete e proposte specifiche contro la sostenibilità. Abbiamo chiesto ai partecipanti della seconda tavola rotonda di Hub ESG se avessero riscontrato differenze tra la selezione di prodotti europei e statunitensi in termini di sostenibilità.
I commenti si riferiscono al contesto del 18 gennaio 2024.
“Negli Stati Uniti, c'è sempre stato un certo ritardo rispetto all'Europa, specialmente nella standardizzazione del reporting ESG e nella sua ampia adozione”, ricorda Andrea Florio, head of product development ESG di Zurich Bank secondo cui “questo è dovuto anche differenze nella disponibilità e nella qualità delle informazioni ESG tra prodotti europei e statunitensi. Tuttavia ciò sta cambiando, con un aumento dell'interesse da parte degli investitori statunitensi e una maggiore attenzione da parte delle aziende alle questioni ESG”. Florio resta convinto che “le pressioni da parte degli asset owner, preoccupati per l'impatto a lungo termine di questioni come il cambiamento climatico e la disuguaglianza economica, continueranno a sostenere la spinta verso i prodotti d'investimento ESG. Gli asset manager stanno anche tenendo d'occhio l'imminente trasferimento di 30 mila miliardi di dollari di asset dai baby boomer ai Millenials, i quali affermano di voler investire in conformità con i requisiti ESG”.
1/5Sulle differenze in atto tra Europa e Stati Uniti è d’accordo Andrea Mongardini, portfolio manager di Banca Generali. “Oggi persiste ancora una marcata differenza tra l'Europa e gli Stati Uniti in termini di reportistica sulla sostenibilità”, spiega. “L'Europa - aggiunge - ha un notevole vantaggio storico, con il primo green bond emesso nel 2007 e circa il 50% delle masse dei fondi gestiti che rispetta la normativa SFDR. In Europa, circa 50.000 società quotate in EU, indipendentemente da dove risieda il loro quartier generale, dovranno riportare su fattori ESG sempre per imposizione regolamentare tramite la CSRD. Negli Stati Uniti, l'amministrazione Biden ha compiuto un primo passo, ma il divario persiste. Un fattore che potrebbe spingere verso una chiusura del gap tra Washington e Bruxelles è l'obbligo per i gestori americani di conformarsi alla normativa europea se desiderano distribuire i loro prodotti nell'UE. Tuttavia, il cambio generazionale dai baby boomer ai Millennials potrebbe essere il principale catalizzatore per un cambiamento di mentalità e comportamenti, con una maggiore attenzione alla sostenibilità anche negli investimenti. Anche le elezioni americane di novembre rappresentano un rischio, ma l’idea di avviare una sfida a distanza con la Cina sulla sostenibilità potrebbe accelerare la transizione energetica negli Stati Uniti, riducendo il divario con l'Europa”.
2/5Il tema della sostenibilità “ha origini storiche in Europa, dove la reportistica è più avanzata”, commenta Barbara Ietto, investment advisor di Banca Aletti. “Negli Stati Uniti – prosegue - sebbene i temi ESG possano sembrare divisivi, il 98% delle società dello S&P500 e il 90% di quelle comprese nel Russell 1000 ha prodotto dei report di sostenibilità nel 2022. Le società americane, infatti, più grandi e con maggiori risorse, sono riuscite a portare a termine la pubblicazione volontaria di informazione. Tuttavia, la necessità di standardizzazione dei dati resta evidente. La reportistica volontaria americana è infatti abbondante, ma la gestione di un flusso eccessivo di dati rimane una sfida rilevante. In Europa la graduale applicazione della normativa CSRD, invece, potrebbe mettere in luce qualche difficoltà soprattutto per le imprese più piccole. La comunicazione rimane cruciale, e noi, come investitori, cerchiamo dati affidabili che devono trovare riscontro in solide strategie ESG aziendali. Utilizziamo data provider e template europei per la selezione, incontrando però non poche difficoltà. La normativa europea fornisce comunque un quadro più completo rispetto a molti emittenti individuali negli Stati Uniti. La sfida principale è garantire la qualità e la corretta interpretazione dei dati”.
3/5Mentre l’Europa “vanta anni di regolamentazione rigorosa e strutturata con iniziative come la Direttiva sulla rendicontazione non finanziaria, negli Stati Uniti siamo agli albori di una regolamentazione ESG uniforme a livello federale”, le fa eco Chiara Mauri, head of Fund Research and Alternative Investments di Fideuram Asset Management SGR. “La situazione - prosegue - sta tuttavia cambiando rapidamente e già nel corso del 2023 l’amministrazione Biden ha previsto un’agenda piuttosto ambiziosa, segnando un notevole cambiamento nel modo in cui i regolatori federali e statali si avvicineranno alle tematiche ESG. L’interesse degli investitori Ue nei confronti della sostenibilità, inoltre, spinge le aziende a essere più proattive creando un circolo virtuoso e anche la partecipazione a risoluzioni ESG da parte dei fondi Europei alle recenti assemblee risulta decisamente superiore rispetto agli omologhi Usa. Le aziende europee, con standard consolidati e anni di best practice, guardate attraverso metriche di provider specializzati, appaiono spesso più sostenibili, specialmente nelle grandi capitalizzazioni. Sono tuttavia convinta che la situazione sia destinata ad evolvere e a gran velocità nei prossimi anni”.
4/5L'Europa “occupa indiscutibilmente una posizione di avanguardia nella sostenibilità, caratterizzata da una regolamentazione consolidata e radicata storicamente. Nonostante le forti divisioni in atto a livello politico, le imprese americane, motivate dagli incentivi fiscali, prosperano nella transizione energetica”. Ne è convinto Antonio Forte, senior sales manager di Liontrust. Per Forte “la regolamentazione è importante, ma l'innovazione è il vero motore del cambiamento. La transizione energetica si può mettere in atto attraverso l'innovazione e le aziende più innovatrici riescono a trovare soluzioni in termini di servizi e prodotti in grado di affrontare questo tema. Il fenomeno del greenblushing evidenzia come molte aziende, per non inimicarsi la parte repubblicana, non pubblicizzino i loro progressi sul fronte ESG. In breve, l'Europa è avanti nella regolamentazione ma gli Stati Uniti si distinguono per l'innovazione nella sostenibilità, nonostante le sfide politiche in atto”.
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