Il settore delle società a bassa e media capitalizzazione sta registrando una sottoperformance a seguito dell’aumento dei tassi. Questo può rivelarsi un buon timing d’ingresso.
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Se si guarda alla storia, investire in small mid cap in un periodo di forte volatilità può offrire ottime opportunità d’ingresso. Non bisogna dimenticare però che la selezione degli emittenti è fondamentale, ma soprattutto investire in un portafoglio diversificato.
Secondo Schroders ci sono alcuni motivi per cui gli investitori potrebbero preferire le società più grandi nella fase finale di un ciclo d’investimento. “Le società di dimensioni maggiori dispongono, in genere, di diversi analisti di ricerca, che ne interpretano la performance (il che riduce l'incertezza), godono di un accesso più facile ai finanziamenti nei momenti di necessità e offrono più prodotti diversificati, il che contribuisce a stabilizzare i rispettivi flussi di cassa”, spiegano dalla società. Tutto questo, quindi, rende le società più grandi interessanti in caso di rallentamento dell'economia.
Rendimento cumulativo small cap a un anno
Un settore da prendere in considerazione di piccola e media capitalizzazione è quello sanitario: Andy Acker, portfolio manager, Janus Henderson spiega che le aziende biofarmaceutiche emergenti sono oggi responsabili del 65% delle molecole nella pipeline di ricerca e sviluppo (R&S), rispetto a circa un terzo nel 2001. Inoltre, nell'ultimo decennio, il numero di prodotti presentati per l'approvazione da parte delle aziende emergenti è quadruplicato. “Una tendenza simile si sta verificando nei dispositivi medici, negli strumenti per le scienze della vita e nella produzione di farmaci”.
Anche in Italia, sebbene il 2023 si sia chiuso con un rally del mercato che, da inizio novembre, ha contribuito al recupero della performance dei principali indici italiani, l’indice Small Cap sottoperforma del 25% l’indice FTSEMIB.
Investimento paziente
Antonio Amendola, senior fund manager, e Simone Benini, junior equity & ESG analyst, AcomeA SGR spiegano che negli ultimi anni, con il rialzo dei tassi, un investimento fatto tre anni fa con un ritorno sul capitale investito (ROIC) del 3% poteva essere un buon impegno di liquidità. Oggi, invece, risulterebbe un investimento che distrugge valore in quanto non coprirebbe neanche il costo del debito. “Gli investitori hanno quindi cambiato repentinamente idea sulle politiche di allocazione del capitale (o dovrebbero) e inizia a essere il basso indebitamento (o la maggiore redditività del capitale investito) la variabile più importante sui mercati”.
Naturalmente il comparto delle mid e small cap italiane risulta essere ulteriormente vessato per una dinamica puramente tecnica dovuta al mix di outflow fuori misura dai fondi PIR e bassi volumi di scambio. Non bisogna dimenticarsi però che un investitore paziente e di lungo periodo in questo scenario dovrebbe, con disciplina e rigore nelle analisi, continuare a posizionarsi su titoli con: basso debito, margini in doppia cifra, presenza internazionale, prodotti di nicchia e management di prima categoria.