Investitori istituzionali e private market, è necessario “superare la frammentazione”

Salone del Risparmio, Foto FundsPeople

Il focus sul mercato dei capitali, sviluppato lungo più conferenze nel corso della seconda giornata di lavori del Salone del Risparmio 2024, trova un approdo privilegiato nel mondo degli investitori istituzionali, definiti come il “motore” dello sviluppo del mercato da Arianna Immacolato, direttrice fisco e previdenza di Assogestioni, in una conferenza dal titolo quanto mai evocativo (Please in my backyard: gli investitori istituzionali e l’allocazione all’Italia). Immacolato ricorda come da tempo si discuta di un maggiore intervento di queste entità (in particolare fondi pensione e casse di previdenza) a sostegno dell’economia del Paese e della necessità di trovare delle soluzioni adeguate. “Nonostante negli ultimi anni non siano mancate iniziative al riguardo, il contributo del risparmio previdenziale nel suo complesso è ancora limitato – afferma –. A fine 2022 le risorse destinate dalla previdenza complementare alle imprese italiane sono, al netto degli investimenti immobiliari, titoli di stato e quota di capitale di bankitalia, pari a 13,2 miliardi di euro di cui 7,9 dalle casse e 5,3 dai fondi pensione”: lo 0,4% del fabbisogno delle imprese (contro il 5% del resto d’Europa). Quali le cause? Quali leve muovere per far sì che questo risparmio diventi un volano per l’economia del Paese? Senza dimenticare l’obiettivo primario della tutela della pensione integrativa degli iscritti. È importante dunque andare oltre i dati aggregati analizzando le singole esperienze di Fondi pensione e Casse, ma anche la voce degli stessi asset manager che lavorano quotidianamente con tali investitori.

Cambiare assetto

Un elemento di analisi importante alla discussione lo porta Ugo Loeser, AD di Arca Fondi SGR che sottolinea come nei private asset si configuri un tema, a livello sia italiano sia europeo, di “mancanza di investitori con lungo orizzonte temporale ed elevata propensione al rischio. Noi abbiamo un sistema ‘pensato’ per finanziare il debito pubblico, tramite canale finanziario e tramite reti. E il successo del BTP lo dimostra”. Se si vuole convogliare questa ricchezza verso l’economia reale “il cambiamento dell’assetto istituzionale è una condizione necessaria”. Il tema dell’investimento in private asset in Italia si confronta però anche con le “dimensioni” dello stesso mercato nostrano. “L’Italia presenta diverse opportunità di investimento per gli istituzionali, ma al suo interno vi è anche una sorta di polarizzazione: da una parte size elevate (vedi rete Telecom) dall’altra un tessuto fatto da PMI, imprese familiari con iniziative molto frammentate, e questo è un problema per un investitore internazionale perché occorre fare delle selezioni di investimenti con una certa size”, rimarca Patrizia Noè, head of italian institutional client coverage di UBS AM che a questo proposito indica la  necessità di “traghettare l’industria verso una dimensione più ampia, appetibile per i mercati internazionali e questo può essere utile con un aiuto da parte del governo”.

Il punto di vista di fondi pensione e casse

L’esperienza dei vari attori istituzionali, d’altronde, segue percorsi differenti, legati alla dimensione delle singole entità e alle caratteristiche specifiche (vedi la differenza tra fondi e casse). Anna Maria Selvaggio, direttrice generale di Fon.te ricorda come il fondo si sia approcciato al mercato degli illiquidi con un certo ritardo rispetto ad altre forme di previdenza complementare, “tuttavia in un anno e mezzo abbiamo già deliberato oltre 350 milioni di investimenti nelle diverse asset class (private equity, private debt e infrastrutture) e contiamo nel 2024 di proseguire nelle selezioni di venture capital e real asset”. La scelta è partita dopo l’approvazione di una delibera quadro in cui era presente una condizione: individuare FIA che investissero almeno il 70% in Italia (il restante 30% area OCSE). “Dall’analisi dei FIA selezionati è emerso come oltre il 30% delle aziende target non solo applicano il nostro contratto di riferimento ma sono esse stesse iscritte a Fon.te”, sottolinea Selvaggio indicando come questo abbia determinato la creazione di “un meccanismo virtuoso per cui il sostegno non va solo all’economia del Paese ma anche delle aziende target del fondo”. Un'altra entità che riporta un ingresso tardivo sul mercato dei private asset è Previambiente. In questo caso, come anticipato, entra in gioco anche il tema dimensionale. “Siamo partiti con 15 milioni sul private equity e sono stati già deliberati ulteriori 15 milioni sulla parte infrastrutturale. Siamo partiti dopo, tuttavia, perché dovevamo strutturarci e capire le nuove modalità di investimento”, afferma il direttore generale Salvatore Cardillo. Diverso il caso di Inarcassa che vanta una dimensione patrimoniale consistente (14,5 miliardi di euro in gestione) di cui il 55% circa dedicato a strumenti e attività finanziarie domestiche (circa 8 miliardi). Di questi, afferma il direttore generale Alfredo Granata, “il 15% destinato in forma diretta o indiretta al finanziamento di imprese e PMI italiane”. Tra le attività di Inarcassa “1,5 miliardi  destinati a veicoli di private market principalmente private equity, private debt e venture capital (su cui ha circa 150 milioni euro di commitment)”. Questa “intensa” attività è stata portata avanti negli anni, nonostante Granata stesso ricordi come le casse siano “soltanto di recente identificate come investitori istituzionali qualificati” (con un chiaro riferimento al recente DDL capitali).

A chiudere la mattinata di lavori Federico Freni, sottosegretario di Stato al MEF, rispondendo sul tema della “frammentazione” che limita l’afflusso dei capitali verso il tessuto produttivo italiano, ha indicato come “un primo intervento può consistere nell’accentramento dell’investimento attraverso la creazione di un fondo di fondi che convogli le risorse e coinvolga i player istituzionali”. Sul fronte della regolamentazione, l’idea di Freni è invece che sia inefficace cercare di incentivare a puntare sul Paese “a tutti i costi”: l’approccio, ha spiegato, “deve essere piuttosto quello di rendere attrattivo l’investimento sul piano della massimizzazione del profitto”. Uno sforzo che l’esponente del Governo interpreta non solo nel senso di introdurre leve fiscali a favore di casse previdenziali e fondi pensione ma anche e soprattutto come impegno a intensificare la ricerca. “Se non investiamo nella ricerca il nostro mercato finanziario muore”.