Con la pubblicazione dei dati del quarto trimestre 2023, il quadro generale non è affatto positivo: i PIR si lasciano a casa 2,5 miliardi di sottoscrizioni.
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Non c’è pace per i PIR. Archiviato un 2022 con segno meno (i piani individuali di risparmio, tra ordinari e alternativi, perdevano 492 milioni di euro, secondo Assogestioni) i deflussi del 2023 continuano a essere ingenti. Anzi. Segnano un rosso che fin dalla loro nascita non si era mai registrato. Con la pubblicazione dei dati del quarto trimestre 2023, il quadro generale non è affatto positivo: i PIR si lasciano a casa 2,5 miliardi di sottoscrizioni, con masse in gestione pari a 18,5 miliardi. Nello specifico i fondi PIR ordinari perdono 2,75 miliardi mentre gli alternativi chiudono l’anno con un guadagno di 200 milioni. “La tendenza dovrebbe stabilizzarsi nel corso del 2024, ma la visibilità su una potenziale ripresa rimane per il momento molto bassa”, dice Andrea Randone, head of Mid Small Cap Research di Intermonte.
Guardando alle asset class non c’è differenza rispetto alle scelte degli investitori sui fondi aperti. Anche per i PIR nel 2023 l’unico dato positivo riguarda il mondo obbligazionario (385 milioni) mentre il resto delle categorie hanno un saldo negativo, con i fondi PIR bilanciati in prima battuta (- 1,6 miliardi).
Raccolta dei fondi PIR compliant per asset class
Asset class
Raccolta 2023
Azionari
-1.006
Obbligazionari
385
Bilanciati
-1.663
Flessibili
-461
Fondi chiusi
192
Fonte: Assogestioni. Dati in milioni di euro.
"Se si guarda alle ragioni dei riscatti, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei cinque anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati" spiega. Randone. I piani individuali di risparmio, infatti, furono introdotti con la legge di stabilità 2017 per aumentare gli investimenti nelle aziende nazionali.
Una nota positiva, secondo l’esperto, è rappresentata dalla recente approvazione da parte del governo italiano di un nuovo emendamento che consente agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). “Il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli” dice Randone. "Nel lungo termine, ci aspettiamo che l'interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell'investitore".
PIR 3.0 in breve
L’analista ricorda anche le caratteristiche del PIR 3.0: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia. Di questo 70%, il 25 deve essere investito in titoli non presenti nell'indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. “Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori" continua l'esperto. La nuova normativa inoltre permette adesso anche ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR.