È stata definita da molti esperti la madre di tutte le cessioni, forse la maggiore in Europa: Monte dei Paschi cederà un portafoglio di non performing loan pari a 28,6 miliardi di euro, di cui 26,1 attraverso una struttura di cartolarizzazione e 2,5 costituiti da posizioni unsecured di piccolo importo e leasign, tramite procedura dedicate. La cessione al fondo Atlante II dei titoli junior e mezzanine della cartolarizzazione è prevista ad un prezzo pari al 21% del valore contabile lordo. Tutto questo entro il primo semestre 2018. “Una buona notizia per MPS”, esordisce Marco Sozzi, gestore obbligazionario di AcomeA SGR, “ma tutto sommato restano ancora un po’ di dubbi”. L’entusiamo di questi giorni, mostrato anche poche ore fa da alcune dichiarazione del ministro Pier Carlo Padoan, andrebbe insomma un po’ calibrato.
"Non ci sono sicuramente altri focolai di crisi come quelli chiusi in questi giorni", ha detto il ministro, ricordando come il sistema bancario italiano sia stato soggetto ad “una crisi violentissima”. Poi Padoan ha aggiunto come il governo abbia rimesso in carreggiata “la quarta banca del Paese e le venete sono state assorbite da Intesa Sanpaolo che sicuramente non ha problemi di credibilità. Tutte le altre banche devono cominciare ad accelerare sul credito all'economia e a liberarsi più rapidamente che in passato delle sofferenze dai loro bilanci".
Mps: il piano di ritrutturazione in breve
Dopo l’ok della Commissione europa, lo Stato sborserà 5,4 miliardi arrivando a detenere il 70% dell'istituto senese. L'aumento di capitale complessivamente ammonta a 8,1 miliardi, lo Stato ne sottoscriverà direttamente 3,9 miliardi entro questo mese. Il resto deriverà dalla conversione dei titoli subordinati mentre il ministero dell'Economia riacquisterà dai risparmiatori al dettaglio azioni per 1,5 miliardi. Entro il 2021 dovrà, come hanno fatto o stanno facendo altri paesi europei, dismettere la quota, tenendo conto delle condizioni di mercato. Allora l’utile netto di Mps sarà, secondo il piano di ritrutturazione, superiore a 1,2 miliarid di euro con un Roe pari al 10,7%. Frattanto sono 5.500 gli esuberi nel gruppo previsti dal piano. Di questi, 4.800 avverranno attraverso l’attivazione del fondo di solidarietà. Le filiali da chiudere sono circa 600: dalle 2000 del gruppo nel 2016 a 1400 nel 2021. A fronte degli esuberi soon previste 500 assunzioni.
Un momento di svolta?
Se l’approvazione del piano di ritrutturazione è di certo un’ottima notizia in sè, così come afferma lo stesso Marco Sozzi, le perplessità restano in campo. Una fra tutte, ad esempio “il fatto che in questi sei mesi non c’è stato spazio per convincere qualche investitore privato o fondo sovrano a partecipare alla nuova banca ristrutturata. Questo in qualche modo ci fa pensare che chi ha fatto due diligence non ha avuto particolare fiducia nell’investimento”, sintetizza l’esperto di AcomeA.
Se poi da una parte i titoli senior non saranno coinvolti, (“cosa già scontata visto l’operazione fatta con le banche venete”), sui titoli subordinati l’esperto resta cauto. “Siamo in attesa dei dettagli del decreto per capire meglio il nodo scambio debito-equity, facendo anche delle ipotesi su quello che sarà il futuro della banca”. Al momento sembrano prevalere più gli interrogativi che la speranza sul settore. “La strada sarà lunga e le difficoltà sono legate al fatto che in generale la capacità reddittuale delle banche è debole. Certamente ci sono banche con profili diversi ma, con un tasso di crescita atteso ancora basso, non credo ci saranno grandi sorprese legate al profitto né delle banche capaci di generare un valore che possa compensare lo stock di npl esistente”, aggiunge il gestore.
Il passo in avanti insomma è stato fatto, ma la strada è lunga e in salita. “Non mi aspetto un recupero rapido sui fondamentali” insiste Sozzi. “Siamo comunque ad un punto di volta, abbastanza delicato”.