Noé (Credit Suisse Asset Management): “Mandati garantiti, una sfida difficile ma non impossibile”

Patrizia Noè Notizia
Patrizia Noè, immagine concessa (Credit Suisse AM)

I mandati garantiti rappresentano un annoso problema per gli investitori istituzionali. In mercati inondati di liquidità da parte delle Banche centrali e caratterizzati da tassi di interesse negativi, i player assicurativi, che tradizionalmente avevano assolto a questa esigenza di gestione, faticano a formulare un’offerta sotto le condizioni imposte da Solvency II in materia di riserve patrimoniali da accantonare a fronte dei rischi delle garanzie coperte. 

Risale al 2007 (Riforma della Previdenza complementare attuata dal Decreto legislativo n. 252 del 2005, entrata in vigore il 1° gennaio 2007) l’obbligo per i fondi pensione negoziali all’istituzione di mandati garantiti per accogliere il TFR silente di quei lavoratori il cui accesso alla previdenza complementare avviene tramite il silenzio assenso. Dall’entrata in vigore della normativa le condizioni regolamentari e di mercato sono cambiate drasticamente ed oggi non rappresenta un’eccezione che bandi di gara per simili gestioni vadano deserti. Contemporaneamente, al contrario di quanto suggerito dalla teoria finanziaria, spesso l’aderente medio sceglie soluzioni con capitale protetto anche nei casi in cui, come tra i giovani ad esempio, il lungo orizzonte temporale dovrebbe indirizzare verso comparti con livelli di rischio, e potenziali rendimenti nel lungo periodo, più sostenuti. “Nel 2019 abbiamo iniziato a lavorare su questo buco di offerta applicando una logica di sinergia tra le divisione e coinvolgendo l’Investment Banking in quanto funzione in grado di fungere da fornitore della garanzia”, spiega Patrizia Noé,  head of Institutional Clients Italy di Credit Suisse Asset Management.

Lottare per ogni basis point

Partiamo dalla soluzione ideata da Credit Suisse Asset Management per far fronte alle esigenze di Fon.Te, fondo pensione complementare per i dipendenti del settore terziario, per provare a spiegare dove si annidino le problematiche che rendono tanto complesso soddisfare le attuali esigenze in materia di mandati garantiti.

“Innanzitutto dobbiamo premettere che Fon.Te si è presentato sul mercato specificando che la garanzia doveva applicarsi non al montante, consistente nel versato più i rendimenti, ma solo al versato. Questo è un aspetto essenziale poiché crea lo spazio necessario per arrivare alla formulazione dell’offerta”, afferma Noé.

Credit Suisse Asset Management ha, sfruttato questo spazio per introdurre una strategia di CPPI. “La gestione del mandato prevede una forma dinamica a cui si applica il principio della Constant Proportion Portfolio Insurance (CPPI) per cui, date le condizioni di ogni singolo aderente e quelle di mercato, l’allocazione è costantemente rimodulata tra una parte di portafoglio a basso rischio (Protection) e una con l’obiettivo di fornire rendimento aggiuntivo (Risky)”, entra nel dettaglio l’esperta.

Una soluzione dinamica

Grazie a questo sistema, l’allocazione cambia in modo automatico a seconda dell’andamento dei mercati e del flusso dei versamenti, bilanciando protezione e rendimento nel perimetro stabilito dalle normative sui mandati garantiti. “Altro aspetto di innovazione che riguarda la parte di portafoglio a basso rischio è l’utilizzo di derivati non solo come copertura, ma per mitigare i rendimenti negativi di buona parte del tradizionale universo di investimento”, dichiara Noé.

Una possibile obiezione a tale approccio è data dalla natura particolare delle condizioni ricercate da Fon.Te, ma queste, sottolinea la responsabile della clientela istituzionale della divisione Asset Management di Credit Suisse in Italia, rappresentano le sole in cui un posizionamento sui mandati garantiti acquisisce una economicità per le case di gestione.

“Per poter approntare un’offerta, dobbiamo innanzitutto verificare se ci sono le condizioni. È fondamentale che i fondi pensione si presentino sul mercato con analisi molto approfondite sui profili dei singoli aderenti. Non è possibile fare altrimenti perché l’unica via percorribile nelle attuali condizioni di mercato passa per l’esistenza di una differenza tra versato e montante che costituisce lo spazio in cui è possibile fare gestione. Non solo deve esserci tale differenza ma, dato che la garanzia è relativa ad ogni singolo aderente e non al totale degli stessi, è necessario che abbia una distribuzione statisticamente normale tra i partecipanti al comparto garantito del fondo pensione”. Noé fa notare dunque l’importanza della restituzione di dati puntuali e precisi da parte dei service amministrativi dei singoli fondi pensione e dell’inclusione di tutte queste informazioni nel processo di stesura dei bandi su mandati garantiti.

Scambiare il passato con il futuro

Il problema a cui si trovano di fronte i fondi pensione non è monolitico, ma rimanda a una serie di ammodernamenti necessari al sistema previdenziale italiano nel suo complesso. Alcuni di questi sono già stati citati. Da un lato una legge non più in linea con le condizioni di mercato nell’era glaciale dei tassi di interesse e dall’altro la propensione, la cui consapevolezza andrebbe indagata, da parte degli aderenti a orientarsi verso un comparto a cui è associato il concetto di garanzia.

Ci sono due ulteriori esempi portati da Noé che fanno capire l’urgenza di un più approfondito dibattito sul tema. “Si trovano in particolare difficoltà quei fondi pensione che hanno avuto un consolidamento dei rendimenti, poiché questo determina una riduzione della differenza fra montante e versato”, afferma. “Ci troviamo inoltre, almeno potenzialmente, di fronte ad una situazione paradossale”, conclude, “in cui un fondo pensione obbligato per legge ad avere un mandato garantito, e a cui è impedita allo stesso tempo una gestione diretta del mandato stesso, non sarà in grado di trovare nessun gestore in grado di formulare un’offerta.