Funds People ha organizzato una tavola rotonda sul private debt per approfondire le opportunità derivanti dal settore.
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Il mercato dei minibond è nato sul finire del 2012, in concomitanza con una normativa che rendeva deducibili per aziende non quotate (PMI) i costi associati ad emissioni obbligazionarie al pari di quanto già accadeva per le aziende quotate. Questo beneficio fiscale, che ha parificato le condizioni tra aziende quotate e non, ha dato vita al mercato del debito privato, dedicato ad investitori istituzionali tramite di intermediari specializzati. “Per gli investitori il rapporto rischio rendimento del debito è molto interessante, soprattutto in questo contesto di mercato in cui il premio al rischio sugli strumenti liquidi non c’è o è poco remunerativo”, spiega Vania Serena, senior fund manager di Finint Investments SGR. “In questo momento è senza dubbio una buona asset class. Per quanto riguarda gli emittenti è una palestra di education anche per il processo di crescita nei mercati finanziari”. Il private debt ha un approccio sartoriale perché, rispetto alla banca, il fondo appartenente a quest’asset class ha maggiore libertà di quest’ultima nel proporre customizzazioni. Inoltre, l’investimento in questa determinata classe di attività “consente una diversificazione degli investimenti, flussi cedolari prevedibili e significativi e consente d’investire nell’economia reale”, spiega Giovanni Scrofani, responsabile minibond di Zenit SGR. “Tutto ciò permette di uscire dalle solite dinamiche di mercato e aumentare lo standing verso tutti gli stakeholder (incluso il mondo bancario e la propria clientela). Il processo di selezione è articolato e ben definito. A parlarcene è stato Daniele Colantonio, partner e responsabile dell’area marketing e sviluppo prodotti di Anthilia SGR. Il processo di selezione di Anthilia è strutturato in diverse fasi: la prima riguarda lo screening delle opportunità; la seconda fase verte sull’approvazione dell’analisi da parte del CdA; la terza è invece dedicata alla due diligence vera e propria. “Nella fase di due diligence si analizzano scenari di ‘best’ and ‘worst case’ rispetto al business plan da finanziare. È molto importante tener conto, soprattutto per le aziende più cicliche, del livello d’indebitamento e di un’opportuna visibilità dei flussi di cassa prospettici”, spiega Daniele Colantonio. La quarta fase prevede la negoziazione del tasso e l’emissione del rating, “che per Anthilia SGR è obbligatorio, da parte di Cerved o Crif che ha il valore di un’ulteriore analisi esterna, (un second check)”. La quinta fase riguarda il parere di un comitato consultivo e la fase finale si conclude con l’approvazione o meno dell’investimento da parte del CdA di Anthilia. Al termine del processo d’investimento, in caso di esito positivo, c’è poi ancora la fase di monitoraggio. “Il team di private debt lavora nello stesso ufficio e la vicinanza fisica è molto importante. Tutte le strutture di origination, invece, sono sul territorio, con un network ampio composto da commercialisti, advisor e istituzioni bancarie”. Gli obiettivi e le sfide future sono ancora molte. A distanza di sei anni dalla sua nascita, c’è stato un primo passo verso questa nuova asset class e sono stati raggiunti obiettivi importanti. Secondo Francesco Franchini, responsabile private debt di Ver Capital SGR, al momento “ci si concentra ancora sul debito a medio termine, ma dovrebbe diventare un’alternativa per tutta la capital structure delle aziende (dal circolante all’inventory loan, al medio termine classico o strutturato). Entrare nella finanza funzionale è la vera sfida futura”.