Il 2023 è stato l’anno più difficile dalla grande crisi finanziaria. Valore e numero delle operazioni diminuiti rispettivamente del 60% e del 35% rispetto ai picchi del 2021. Ma secondo Bain & Company le prospettive a lungo termine per l’industria rimangono solide.
Dopo un 2023 che ha rappresentato uno degli anni più difficili di sempre, il più complicato in assoluto dalla grande crisi finanziaria del 2008-2009, il private equity globale guarda al 2024 con un cauto ottimismo. Tuttavia l’incertezza rimane elevata. E sebbene i primi mesi dell’anno stanno mostrando una timida ripresa, difficilmente si potrà tornare nel breve periodo alla piena velocità di crociera per il comparto, e ai fasti del 2021. Questo lo scenario delineato dal 15° report annuale sul private equity globale di Bain & Company, presentato oggi alla stampa a Milano.
Mercato globale
Il motivo principale di questa frenata è stata l’impennata dei tassi di interesse. I costi dei finanziamenti sono infatti aumentati di 525 punti base da marzo 2022 a luglio 2023. E lo scorso anno il private equity ha continuato a risentire del rapido irrigidimento delle condizioni finanziarie, dando luogo a forti cali nelle operazioni di investimento, nelle exit e nel fundraising. In particolare, il valore e il numero delle operazioni sono diminuiti rispettivamente del 60% e del 35% rispetto ai picchi del 2021, con una performance lievemente migliore nel secondo semestre dell’anno. Il valore degli investimenti in buyout è sceso del 37% anno su anno, attestandosi a 438 miliardi di euro, il peggior valore dal 2016. Anche il valore delle exit si è contratto del 66 per cento.
Europa e Italia
Questo forte rallentamento del mercato non ha risparmiato il private equity europeo. Nel 2023, nel Vecchio Continente si è assistito a una contrazione significativa dei valori delle operazioni e delle exit rispetto al 2022. Il calo si è verificato su deal di tutte le dimensioni, con le grandi operazioni, quelle sopra i 2,5 miliardi di dollari, in contrazione più rapidamente delle altre. Inoltre, si è registrata una diminuzione dei multipli, che deve ancora compensare appieno l'incremento dei tassi di interesse. La liquidità europea ha raggiunto circa 821 miliardi di dollari nel 2023, con un aumento del 18% rispetto alla media quinquennale. Infine, l'attività di buyout europea è diminuita di circa il 46%, l’anno peggiore dopo il 2016.
Anche in Italia si è assistito a una decelerazione sia di numero che di valore delle operazioni, con meno 53% di buyout rispetto al 2022. Di contro, si è registrata una distribuzione più omogenea delle operazioni per settore rispetto al resto dell’Europa, in linea con l'ecosistema economico italiano. In particolare, la quota del settore tecnologico è in crescita, seppur ancora indietro rispetto ai livelli europei.
“La scala e la rapidità dei rialzi dei tassi l'anno scorso, e l'incertezza del contesto macro, hanno rappresentato uno shock per il settore nel 2023”, spiega Roberto Fiorello, Senior Partner e responsabile italiano Private Equity di Bain & Company. “Tuttavia, le prospettive a lungo termine per l’industria rimangono solide, e - con i tassi destinati a ricalibrarsi nei prossimi mesi - c'è un maggiore contesto di stabilità. I livelli di liquidità sono elevatissimi, e nonostante le principali sfide persistano, il flusso delle operazioni si sta rafforzando”, osserva l’esperto. “L’industria non ha mai visto nulla di simile a quanto accaduto negli ultimi 24 mesi. I cali sono simili a quelli registrati in concomitanza con la crisi finanziaria globale, ma la situazione oggi è completamente diversa da quanto accaduto allora”, prosegue. “I fondi di buyout oggi registrano 1.200 miliardi di dollari di liquidità, un quarto dei quali è in portafoglio da più di quattro anni: ci aspettiamo che gli operatori tornino in campo”, conclude.