Ecco come SFDR ha cambiato il lavoro di selezione dei fondi di investimento, secondo l'esperienza dei professionisti che hanno partecipato all'ultima parte della tavola rotonda dedicata al Net Zero.
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Ecco come SFDR ha cambiato il lavoro di selezione dei fondi di investimento, secondo l'esperienza dei professionisti che hanno partecipato all'ultima parte della tavola rotonda dedicata al Net Zero.
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A distanza di oltre due anni e mezzo dall'entrata in vigore di SFDR, il panorama dei fondi classificati Articolo 8 e 9 continua a evolversi, in un contesto di declassamento di fondi e persistenti preoccupazioni circa il greenwashing e di incertezza regolatoria. Quanto al rispetto dei principi di SFDR, esistono presumibilmente due rischi principali. Il primo riguarda l’aumento della mole di lavoro richiesto agli asset manager per rispettare i criteri di sostenibilità, ma anche ai fund buyer per analizzare i fondi proposti come Articolo 8 e 9. Il secondo, probabilmente, è che l’assottigliare dei criteri di selezione di fondi e strumenti definiti come sostenibili limita il panorama dei prodotti tra cui scegliere. Abbiamo chiesto ai fund selector partecipanti all’ultima parte della tavola rotonda sulla normativa, quali effetti SFDR abbia avuto sul proprio processo di selezione.
I commenti si riferiscono al contesto del 6 luglio 2023.
SFDR ha implementato la trasparenza dei prodotti finanziari. Le società di sono obbligate a fornire informazioni dettagliate sui criteri ESG utilizzati nella selezione degli asset sottostanti. Questo ha permesso agli investitori di valutare meglio l'impatto sostenibile dei fondi e di confrontare le diverse offerte disponibili sul mercato. “Gli sviluppi normativi registrati negli ultimi due anni rappresentano dei passi in avanti, tuttavia non sono sufficienti”, sostiene Emilio Pappalardo, portfolio analyst, Sella SGR. “Sappiamo - prosegue - che la regolamentazione è ancora in evoluzione e proprio per questo la definizione di articolo 8 e 9 del SFDR non basta per garantire la sostenibilità di una strategia. Guardiamo comunque a tali classificazioni, perché obbligano gli emittenti a delle clausole di salvaguardia e all’applicazione di determinati criteri ESG. È nostro compito entrare nel dettaglio dei portafogli selezionati”. Pappalardo ricorda che Sella SGR si avvale “di provider esterni che ci forniscono una fotografia del portafoglio, inquadrando gli eventuali rischi di sostenibilità. In seguito indaghiamo con i gestori le motivazioni che hanno portato alle singole scelte di investimento. Non riteniamo esserci un approccio giusto a priori, ma ci impegniamo nel ricercare coerenza tra gli obiettivi di sostenibilità dichiarati e i criteri di selezione adottati nello specifico”.
1/4La normativa ha rappresentato un importante punto di svolta nella selezione dei fondi di investimento sostenibili, promuovendo la trasparenza, la responsabilità e l'offerta di prodotti finanziari che tengano conto delle considerazioni ESG. L’universo dei fondi disponibili, tuttavia, rimane variegato e difficile da analizzare. “Gli investimenti sostenibili si stanno sviluppando all’interno di un panorama ancora molto fluido”, commenta a riguardo David Karni, responsabile portafogli d'investimento, BCC Risparmio&Previdenza SGR. Secondo Karni “mancano degli elementi cardine, ad esempio la definizione di fondo ESG. Qualcuno sostiene che dovrebbe avere almeno l’80% di titoli che rispecchiano criteri di sostenibilità, altri dicono il 51%: la differenza è notevole. Il Regolatore dovrebbe indicare criteri comuni più stringenti. Ad esempio il tema dell’esclusione è ancora piuttosto fluido: come considerare il nucleare o l’alcol? Esistono temi controversi, per cui sarebbero necessarie delle regole comuni. Altrimenti potrò sempre trovare una giustificazione per far rientrare nel mio portafoglio attività limite. D’altra parte, una standardizzazione delle regole può portare alla temuta bolla ESG, perché il rischio è di avere una concentrazione degli stessi titoli. L’obiettivo, per me, in questa fase ancora embrionale è puntare sulle aziende che nel tempo genereranno un vero cambiamento, attive in un processo di miglioramento e costruzione di prospettive sostenibili”.
2/4L'autorità di regolamentazione “ha un compito molto difficile, poiché gli investimenti sostenibili si stanno muovendo molto rapidamente”, esordisce Laura Belotti, senior sales executive, Franklin Templeton. “Sicuramente - aggiunge - vi è ancora molta strada da fare. L'articolo 9 del regolamento SFDR di per sé non rappresenta una garanzia, ma è una buona indicazione che un prodotto sia più sostenibile, in quanto una società deve soddisfare determinati requisiti, ad esempio avere un ‘obiettivo di investimento sostenibile’. I nostri clienti effettuano una lunga due diligence”. Per Belotti, “naturalmente, il rischio di greenwashing non si risolve solo con l'articolo 9, ma ci sono diversi modi in cui possiamo ridurre questo rischio come settore, ad esempio attraverso una maggiore standardizzazione nella spiegazione di ciò che i nostri fondi cercano di fare e una chiarezza sulle categorie in cui rientrano i nostri strumenti, così come una continua educazione degli investitori. Tutti questi aspetti sono importanti per garantire che i clienti comprendano in cosa stanno investendo. Ad oggi vi sono moltissime informazioni in più da poter considerare, come rating di gestori indipendenti e labels ESG. Siamo ancora sicuramente solo all’inizio, ma riteniamo che questa sia la decade in cui il cambiamento debba concretizzarsi”.
3/4Anche Roberta Rudelli, head of fund selection di Unicredit, individua “il tentativo e la volontà da parte del Regolatore di dare delle linee guida più chiare sulla definizione di ESG”. Rudelli ricorda che “in passato il margine di interpretazione era piuttosto vasto, motivo per cui non davamo troppo peso alla classificazione SFDR. Si tratta di considerazioni in via di sviluppo. È vero tuttavia che comincia a esserci un maggiore consenso in merito alla definizione investimenti sostenibili”. Secondo l’esperta “un elemento significativo da considerare riguarda la capacità delle imprese non ancora sostenibili di intraprendere il processo di transizione per poterlo diventare in futuro. Molto spesso queste società hanno un rating ESG molto basso e per questo vengono escluse dall’universo investibile di alcuni fondi. Tuttavia, nell’ottica di migliorare il mondo nel quale viviamo e di investire in società dalle buone prospettive di crescita sia finanziaria che ESG, riterniamo questo stile di investimento particolarmente interessante. Il trend legato alla sostenibilità ha superato ormai il cosiddetto “punto di non ritorno”: è un fattore significativo da considerare nelle scelte di investimento ma è sempre più evidente la necessità di comunicarlo in modo chiaro e univoco all’investitore finale per renderlo più concreto. In generale, quindi, è sempre bene partire da una propria analisi interna di sostenibilità, pur sapendo che le normative aiuteranno, specialmente in futuro, a gestire una migliore coincidenza tre obiettivi finanziari e ESG”.
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